Bisogna salvare la “madre buona”

Ancora sangue; è toccato a Taurisano. Non aveva accettato la separazione, uccide la ex moglie e si suicida. Dalla Toscana alla Puglia le donne cadono per mano dell’uomo che hanno “amato” (o creduto di amare), con il quale hanno costruito una unione stabile, un cammino insieme, spesso uniti dalla gioia di avere avuto dei figli, di aver formato una famiglia; il luogo di elezione dell’amore, della condivisione del respiro della vita, della coabitazione, della solidarietà. La famiglia la cellula staminale della società, il nucleo fondante del sistema sociale. Sotto i colpi di una pistola tutto muore. Abiurato ogni valore per le ferite che non si cicatrizzeranno, per i torti non composti, per gli invendicati insulti, per le angosce che conducono gli animi alla rivolta. La pochezza del luogo comune, il dissidio con un mondo esterno minaccioso non possono interpretare la vastità e la dimensione del femminicidio.

La vittima ed il carnefice sono vicino a noi, forse dentro di noi, sono parte della nostra vita, la ragione non c’è di conforto. Nusquam est qui ubique est (Seneca). È in nessun luogo colui che è ovunque. La raffinatezza del pensiero, le conquiste delle scienze psicologiche e sociologiche non ci aiutano a sopportare il disagio dell’incomprensione. «Sei ancora quello della pietra e della fionda: uomo del mio tempo», dice il poeta. «Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta». Restano silenti gli increduli spettatori degli eventi di morte verso la donna, verso la madre, verso colei che ha generato la vita. Queste donne immolate al totem della gelosia ci lasciano soli nell’abisso del mondo, ci consegnano al delirio dell’umanità, ci rapiscono l’illusione della mitezza dell’uomo onesto. Lanciamo un grido sordo verso il nulla, vacillando su fragili certezze. L’inconscio abita in ciascuno di noi e condiziona tutte le attività umane, culturali, politiche, economiche e religiose, ci suggerisce la scienza della psicoanalisi. Scavare nell’inconscio, andare alle radici, significa arrivare al cuore dell’uomo.

Se il cuore dell’uomo è quello del dolce sapore del sangue, allora il cuore non può guidarci nell’agire, nel comprendere, nell’indagare. L’imponente aggressività intra-specifica dell’uomo, rappresentativa delle pulsioni violente individuali, registra una proliferazione sul piano domestico, mentre subisce un processo di riduzione ideologica come manifestazione macroscopica sul piano della passata esaltazione della guerra. La stucchevole retorica del giorno dopo risulta offensiva verso la dipartita violenta delle vittime dell’odio insensato. La donna perseguitata, minacciata, molestata giornalmente, sa, avverte il pericolo. Non è vero che l’assassinio avviene improvvisamente, un giorno qualunque. L’assassino ha dato molti segnali, indizi potenti della potenziale esplosione della violenza sia in costanza della relazione durevole, sia maggiormente dopo la separazione. E’ come se il carnefice mandasse dei messaggi: aiutatemi sto per commettere un omicidio, una forza dentro di me che non riesco a controllare. Le vittime hanno denunciato, querelato, avvisato, chiesto aiuto, ma irresponsabilmente magistrati, psicologi in pendenza di accertamenti, di perizie, hanno sottovalutato, negligentemente ignorato, pensando erroneamente che quello sottoposto al loro esame non era un caso pericoloso, che non doveva essere attenzionato, vigilato, seguito.

E dopo la tragedia sostenere l’imprevedibilità, la causa di forza maggiore. Correva l’anno 1974 e sulle pagine del quotidiano “Il Tempo” Ferruccio Antonelli, in alcuni articoli a puntate, stimolava i lettori alla conoscenza della psicologia. Forse è la società che è diventata “nevrotica”, sottolineava Antonelli, ma che vuol dire “nevrosi”? Lopez Ibor, spagnolo, uno dei massimi esponenti della psichiatria odierna (1974), ritiene che la nevrosi abbia tre aspetti. Il primo è l’ansia, intesa non come eco di un conflitto, bensì come molecola del tessuto umano, presente e pesante in tutti, almeno potenzialmente, alla pari della fame, della paura, della povertà. Il secondo aspetto è costituito da una serie di meccanismi di difesa contro questa ansia. L’uomo avverte la sua fragilità esistenziale, il suo destino di malattie e di morte e certo non lo sopporta. Allora si difende come può, sviluppando fobie, isterismi, disturbi psicosomatici, crisi d’ogni tipo. Il terzo aspetto della nevrosi è costituito dall’atteggiamento del paziente e cioè dal modo in cui l’uomo vive e guida la sua esistenza.

Il dolore può essere degradante o nobilitante: dipende da come è nato. Le terapie collettive del criticato Massimo Fagioli nella sede della recente nascita della facoltà di psicologia (1972-1978), potevano le basi di una presa di coscienza della forza penetrante ed illuminante della indagine psicologica (il fascismo e il nazismo è stato spiegato anche con la psicologia), avevano, comunque, il pregio di far conoscere, di invitare al viaggio dentro i misteri dei nostri comportamenti. Di fronte ad un grande e gravissimo fenomeno come il “femminicidio” occorre una grande risposta. Tutti gli psicologi, psichiatri, psicanalisti di ogni ordine e grado, di diverse appartenenze, di specifici indirizzi scientifici, debbono superare le divisioni, le diverse competenze ed aprire un dialogo con i cittadini da ogni dove, sostenere un diritto di tribuna per la partecipazione popolare alla conoscenza delle coordinate psicologiche, un diritto ad essere informati per modificare l’agire sociale e le condotte individuali senza distinzioni di sesso e stato sociale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:51