Proposta nonviolenta per la Milano storica

La forza delle idee si è sempre affiancata ad un piano concreto e pragmatico di difesa dei diritti degli individui e per la tutela dei beni storici ambientali del nostro patrimonio culturale. La vicenda legata al Radicale, già consigliere regionale della Lombardia, Lucio Bertè, merita di essere conosciuta per una seria riflessione sullo stato attuale sia dei diritti civili in questo Paese sia per lo schiaffo alla valorizzazione del patrimonio archeologico italiano.

Bertè svariate volte ha manifestato, con lo strumento della non-violenza, contro i lavori di realizzazione del parcheggio a ridosso della Basilica di Sant’Ambrogio, nella città di Milano; oggetto della “lotta” di Bertè è il cimitero paleocristiano “Ad Martyres” dove stanno cercando di costruire tale parcheggio. Dalla parte dell’architetto radicale Bertè, controllando i regolamenti, vi è anche il diritto poiché secondo l’articolo 20 del Codice dei Beni culturali, tali beni sensibili: “Non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione”. Bertè verso la fine del dicembre 2012 per 55 ore condusse una “proposta non-violenta” incatenandosi nel cantiere del parcheggio a ridosso della famosa basilica milanese.

Pochi giorni fa Bertè è stato fermato a Roma, in via della Conciliazione, in direzione di piazza San Pietro, poiché voleva attirare l’attenzione di Papa Francesco con dei manifesti. Tentare tale dimostrazione gli è costato il foglio di via da Roma e il rimpatrio a Milano, firmatario di tale decisione il questore di Roma, Fulvio della Rocca, duramente criticato per tale comportamento anche dalla segretaria dei Radicali Italiani, Rita Bernardini. Bertè chiede, semplicemente, che Papa Francesco sappia che a Milano sono state rimosse le prime sepolture dei cristiani per costruire un parcheggio interrato accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio. Non possiamo che restare allibiti da tale vicenda, ricordando che la “protesta-proposta” del Bertè fa riflettere sia sulla limitazione autoritaria della libertà di espressione di ogni individuo sia sullo stato del nostro patrimonio storico archeologico violato dalla speculazione dei costruttori di cemento.

Siamo abituati al “nuovo Papa” che fa telefonate a coloro che vogliono essere ascoltati, in attesa che Bertè riceva, speriamo, tale telefonata, dovrebbe dire la propria la comunità accademica degli storici e archeologi poiché la difesa della nostra storia e la sua valorizzazione è prerogativa di tutti, universale, ed è inconcepibile che tale battaglia sia delegata solo alla voce di un architetto non-violento lombardo.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:16