Responsabilità civile,   ormai una necessità

È passato alla Camera il voto favorevole alla responsabilità civile dei magistrati per grave colpa professionale. L’attuale ministro Orlando ha definito il voto un pasticcio, auspicando che nel passaggio successivo al Senato si rimetta tutto “a posto”. Si sono scatenate le solite posizioni corporative dei magistrati e l’elaborazione mediatica di una vendetta del “palazzo” correlata alle indagini giudiziarie in corso.

È opportuno riferire che non si tratta unicamente di una questione politica ma della attuazione dell’articolo 28 della Costituzione, che prevede la responsabilità diretta dei pubblici funzionari per gli atti compiuti in violazione di diritti. Tale articolo, infatti, stabilisce la responsabilità diretta dei pubblici funzionari per gli atti compiuti in violazione di diritti, aggiungendo poi che “in tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato”.

Con sentenza della Corte Costituzionale risalente al 1968 – la numero 2 – è stata stabilita la portata dell’articolo 28 con l’affermazione in base a cui la responsabilità per violazione di diritti soggettivi concerne non solo l’attività degli uffici amministrativi, ma anche quella degli uffici giudiziari e che non giova “invocare, in contrario, l’autonomia e l’indipendenza del giudice, che non pongono l’una al di là dello Stato quasi legibus soluta, né l’altro fuori dall’organizzazione statale”.

Conseguentemente, non solo da allora non si sta tenendo conto di quanto stabilito nel dettato costituzionale né di quanto affermato nella sentenza relativa, ma non si è considerato il referendum né i gravi danni che spesso sono stati causati e causano tuttora al cittadino.

Quest’ultimo è rimasto malamente “tutelato” da una legge – la numero 117 del 1988 – riferita solo allo Stato e non al magistrato, che successivamente è stata peraltro sonoramente bocciata dalla sentenza 24 novembre 2011 della Corte di giustizia europea. Da ultimo anche la Commissione europea ha accolto i ricorsi relativi, ritenendo che l’attuale legge italiana non abbia mai difeso né difenda i cittadini lesi nei propri diritti fondamentali.

Si dice spesso che in nessun Paese europeo esista e sia prevista la responsabilità diretta del magistrato, ma in essi non c’è neppure un articolo 28 della Costituzione che espressamente la preveda; né in nessun altro Paese europeo i pubblici ministeri hanno l’autonomia e l’indipendenza che hanno quelli italiani, dato che in tutta Europa gli stessi rimangono – chi più, chi meno – al riparo dal potere esecutivo. Una volta chiuso il processo, nulla impedisce che si possa agire nei confronti del magistrato, non allungando in tal modo alcun tempo né moltiplicando le cause.

È utile ricordare che a oggi la categoria della colpa grave è stata identificata dai giudici di legittimità in maniera talmente restrittiva e spesso miope che, nella realtà, è stata resa invocabile in sparuti casi. In definitiva, la Corte di Cassazione ha sempre fatto rientrare le ipotesi giunte alla sua attenzione o in un ambito prettamente interpretativo facendolo poi sfociare nella inammissibilità, o interpretando la colpa grave con il carattere aberrante dell’interpretazione.

La responsabilità è un valore assoluto – non può essere un privilegio a danno degli italiani – pertanto è sacrosanta l’introduzione della responsabilità civile personale dei magistrati e, nel farlo, si tenga ben presente che lo stato della giustizia in Italia è tale per cui, lungi dal “confidare” in essa, si è tutti esposti ad iniziative giudiziarie discrezionali e variabili da Paese incivile.

(*) Avvocato

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:19