Il Teatro Valle   diventa “Cadente”

E arrivò il momento di affrontare a brutto muso quelli del Teatro Valle. Nel nuovo stile democratico, non sono stati lì a discutere se la Fondazione Bene Comune dei Vallisti abbia o meno base giuridica; nemmeno se e quando la gestione “pubblica e culturale” del teatro sia stata mai veramente in forse.

Dopo aver distribuito zuccherini sotto forma di altri spazi e future partecipazioni di palinsesto (“assicurato l’avvio di un progetto condiviso che ne salvaguardi i migliori risultati e le esperienze realizzate nella logica di un teatro partecipato anche dalle associazioni e dagli artisti attivi nella città di Roma”), hanno intimato alla variopinta e improvvisata delegazione, priva dei suoi capi simbolo, di sloggiare entro oggi.

La richiesta non è nuova nella sostanza. L’aveva avanzata timidamente anche il sindaco Marino, nella forma di un bando futuro di assegnazione sotto il controllo del teatro di Roma. Non c’erano però il diktat di una settimana di tempo, né la necessità impellente di affidare alla Sovrintendenza il ripristino dello status del teatro settecentesco dopo tre anni di occupazione. I vallisti hanno oscillato e risposto con la convocazione di un’assemblea aperta che misurerà la loro residua quota di capacità aggregativa alternativa, ora che è passato da tempo il fiume dell’antiberlusconisno ruggente. Già si sono presi soprattutto paura per una serie di coincidenze datate 15 luglio, di cui la prima è il ritorno del duro e segnato volto dell’ex direttore dipartimentale alla Cultura capitolina, Giovanna Marinelli.

Dopo cinque mesi di attesa, il sindaco Ignazio Marino si è arreso all’inevitabile. La seconda coincidenza è la presentazione, sempre il 15 luglio, di un esposto alla procura contro il Teatro Valle, da parte di Edoardo Sylos Labini, responsabile nazionale del Dipartimento Cultura di Forza Italia, già promotore di un appello per lo sgombero. La terza è lo sgombero del cineteatro Volturno. Il teatro del varietà per eccellenza di Roma, gestito dall’avvocato Tufaroli, era stato occupato a due riprese, negli anni ’90 e nel 2000, divenendo da ultimo una sorta di ufficio comunale abusivo per immigrati, senza casa e asilo nido d’appoggio. Su via Volturno – che con via Calatafimi costituivano un tempo, una seconda via Veneto con i film e la presenza in carne ed ossa della Magnani, Fanfulla, Ciccio, Franco, Totò – si sono assiepate forze dell’ordine in assetto militare che hanno liberato i locali, garantendo l’impossibilità di una nuova occupazione.

Dopo un’immediata manifestazione, gli ex occupanti hanno assediato l’assessorato fino a ottenere un incontro con la Marinelli cui hanno chiesto conto, come questurini alla rovescia, della catena decisionale che ha portato allo sgombero. Nel ribadire che il Volturno è uno spazio destinato alla cultura e allo spettacolo, hanno ammesso che la missione era stata da loro stessi completamente disattesa. I vari tavoli in corso con Comune e Regione con i volturniani in tema di emergenza socioabitativa, sono stati così travolti dagli eventi e dalla decisione della prefettura. In realtà il Valle non è ora certamente il primo pensiero dell’assessore Marinelli alle prese con lo scontro tra sindacati al Teatro dell’Opera che ha subìto l’onta di tre serate bloccate per sciopero e rischia di perdere i fondi della legge Bray.

A un teatro disoccupato, un altro pencolante, se ne aggiunge subito un altro occupato. L’Eliseo è sostenuto generosamente dal Fus (Fondo unico per lo spettacolo) con 7,5 milioni in 6 anni, 1,4 milioni solo nel 2012. Vale nei bilanci più di un milione, ha 8mila abbonati, 200 mila spettatori annui e quindi è operativamente in buona salute; malgrado ciò ha finito il 2012 con un rosso da 670 mila euro. Ora sul teatro incombe uno sfratto esecutivo prorogato per le proteste a fine luglio. L’Eliseo Immobiliare che paga il mutuo fatto a suo tempo per l’acquisto, era di 3 soci, Stefania Marchini Corsi, la società “Doppia V” del gioielliere Carlo Eleuteri e lo storico gestore Vincenzo Monaci, uscito a gennaio dalla società. L’Immobiliare lamenta oltre 20 mensilità d’affitto non pagate, dalla società di gestione, ”Eliseo teatro” di Massimo Monaci, figlio di Vincenzo, che controlla la ”Eliseo teatro” con il 5,37 per cento del padre ma soprattutto con l’87 per cento della Maremma vera srl, di cui è diretto proprietario, un’azienda vinicola grossetana andata negli anni ampliandosi fino a gemmare l’elegante struttura della “Pieve Vecchia” srl.

La lotta per il palcoscenico di via Nazionale vive di reciproche accuse tra i protagonisti interni. Monaci si è sottratto sia al mutuo che all’affitto, ma, dall’alto della sua presidenza all’Agis (Associazione generale italiana spettacolo) regionale, accusa gli altri di voler uscire dal solco teatrale per altre tipologie di spettacolo. Anche i lavoratori, tutti in cassa integrazione, inclusi i trenta del Piccolo Eliseo, paventano l’apertura di una discoteca al posto della seconda sala, da parte del pretendente gruppo Cavicchi, società dell’alimentare il cui Palacavicchi, “città del divertimento” sta nel mezzo di una città commerciale da sei ettari a Ciampino, in perenne disputa per abusi urbanistici. I rischi per l’Eliseo stanno nella disputa tra, da un lato, Cavicchi e Teatro Golden (fondato nel 2009 dal direttore artistico Andrea Maia) e dall’altro si il produttore Bellomo che garantirebbe la continuità a Monaci. Non è l’occupazione il problema ma la garanzia finanziaria oberata da 9 milioni di debito e dagli investimenti della probabile ristrutturazione per la scaduta l’agibilità, in esame a settembre.

Una scadenza che pretende nomi e cognomi di investitori e gestori, nuovi o vecchi che siano. La Marinelli tace, ringraziando il ministro dell’immediato pronunciamento sul fatto che il teatro resterà teatro, ormai tautologica abitudine di banalità scontata. Il Valle cadrà, per la felicità del sindaco Marino che potrà segnare finalmente un punto senza averlo meritato. Si deve solo decidere se lo farà, patteggiando posti e spazi, come fa già al Nuovo Imaie (Istituto per la tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori), coi proventi ultimamente aumentati grazie al ministero dei Beni culturali. Oppure se sceglierà, stile Gaza, di uscireattendendo lo sgombero militare. In quest’ultimo caso potrebbe esserci un altro 15 ottobre, con devastazioni del centro della Capitale. La Marinelli non ha dubbi sul teatro Valle, dove “sicuramente c’è una situazione di legalità che va ripristinata e un’esigenza di pari opportunità per le altre realtà teatrali di Roma”. Come però avviene anche al Teatro dell’Opera sono in corso frizioni e lotte, che esulano le questioni culturali e occupazionali.

È in atto uno scontro sottotraccia nella sinistra estesa, a partire da Partito democratico e Cgil, che vede confrontarsi i governativi e i fautori del “tanto peggio tanto meglio”. L’amara considerazione che fa Sylos Labini è che, nella guerra che distrugge a Roma quanto ancora resta in piedi sotto la crisi economica (sta fallendo il tempio jazz “AlexanderPlatz”), anche all’indomani di possibili scontri. Se ne deduce, cari amici teatranti, che quando siete senza lavoro occupate un teatro così le istituzioni ve ne daranno un altro da gestire. E mi raccomando da oggi non pagate più Siae, contributi, Iva, vigili del fuoco. L’occupazione resta un buon affare, basta saper cambiare la foto appesa del segretario.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:11