Astensione: negare   la democrazia matura

Mi immagino l'analisi di Sartre dopo il voto delle regionali di domenica scorsa che ha sancito l'effettiva consacrazione di un partito a netta maggioranza bulgara: quello dell'astensione. Lo immagino a sostenere enfaticamente con tutte le sue forze lo sforzo per l'impegno politico nella speranza di riportare il popolo sovrano ad esercitare il diritto-dovere del voto.

Purtroppo i dati sull'astensionismo sono impietosi perché la cosiddetta 'democrazia matura' si è evoluta in una forma negativa e con un diverso peso dei problemi che a priori sono stati scartati dall'onniscenza dei politici (sic!) in circolazione e dalla proposta politica intesa dai cittadini come deriva tuttologa e fuorviante che ha creato dualismi profondi che separano la vita sociale dalla vita politica.

Carrierismo, velinismo, pressapochismo, inadeguatezza alle cariche politiche hanno creato un circolo inversamente virtuoso che ha segnato il declino storico, il destino democratico ma soprattutto di quella cultura democratica. L'avvento prima del 'berlusconismo' e ora del 'renzismo' hanno prodotto una regressione culturale e politica rispetto alla modernità democratica e all'unità politica di un Paese come l'Italia.

La pittura di Giotto, la lingua e la letteratura di Dante, il pensiero politico di Marsilio da Padova e la scienza sperimentale di Galileo Galilei, costanti di una straordinaria modernità fanno a pugni con la degenerazione politica che si è creata dopo il 1994 anzi di più, ha abortito l'idea di modernità di democrazia creando una decadenza e un forma di manierismo intellettuale di una politica grezza, rozza e incolta che allontana i cittadini dalle urne con risultati devastanti, con una forte spianatura di continuità e di spessore democratico.

L'euforia nel proclamare la vittoria di qualunque parte politica è l'infelice sintesi dei trasformismi politici, di certi accademismi ideologici e culturali, delle molteplici mafie , delle fratture regionalistiche e delle contrapposizioni rigide e dogmatiche. L'inversione di rotta passa solo ed esclusivamente dalla necessità primaria del ritorno ad umanizzare il rapporto tra cittadino e politica non più attraverso il logoro umanesimo retorico ma con la ri-organizzazione di una nuova coscienza politica che rimetta la "πόλις" al centro delle idee e estenda i rapporti che il cittadino elettore stabilisce con la politica e con gli altri cittadini.

Fantascienza? No, solo applicazione del buon senso e della 'ragione' che permetta di superare il gap dello svuotamento degli strumenti della partecipazione popolare, della forma neobonapartistica e ipermediatica di potere carismatico che spinge molti cittadini nel limbo dell’astensionismo o nell’imbuto di una protesta rabbiosa e inefficace.

Serve che la classe politica vada oltre il concetto di emergenza economica permanente e della governabilità non sacrificando gli spazi di riflessione pubblica con il decisionismo improvvisato. Riequilibrare la democrazia e la partecipazione al voto per non dare 'scacco matto' alla democrazia per ristabilire i rapporti di forza tra le classi sociali, costruendo un nuovo Welfare, che garantisca la redistribuzione della ricchezza nazionale, che frantumi la precarizzazione del lavoro e il rafforzamento dei diritti economici e sociali dei più deboli.

Andare oltre, andare oltre per riaffermare i fondamenti e i valori della modernità: la ragione, l’eguaglianza, l'evoluzione del reale con progetti realizzabili di emancipazione consapevole, collettiva e organizzata. Per ricostruire un Paese con una reale democrazia e non fatta di percentuali di cittadini che votano risibili e discutibili ma reale autentica, per riconquistare la democrazia e ripristinare le condizioni di una vasta mediazione sociale, dovremo smettere di limitare il nostro orizzonte concettuale alla mera riduzione del danno. Andare oltre per non consentire alla democrazia di morire con un salto qualitativo di una coscienza politica.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:07