Editoria, chiude  anche “La Padania”

Tagli, ancora tagli. E’ diventato quasi un mantra. La crisi è una crisi che sembra non finire mai, che non accenna a risparmiare nessuno. E la cultura, nelle sue diverse forme, è spesso una delle vittime predilette della cieca scure dei tagli. E che dire dell’editoria? Non è certo un mistero che in Italia non si legga. O almeno che a leggere siano rimasti proprio in pochi. In occasione della Fiera della piccola e media editoria “Più libri più liberi”, in programma dal 4 all’8 dicembre a Roma, l’Associazione italiana editori – Aie – diffonderà dati recenti sull’andamento del mercato. Ci si augura mostrino segnali di ripresa perché gli ultimi dati noti non erano gran che incoraggianti. Le storiche librerie, costrette alla chiusura, con le loro saracinesche abbassate, restano luoghi abbandonati per anni, salvo poi essere rimpiazzate da coloratissimi negozi sportivi di multinazionali di successo. Basta in tal senso ricordare la triste fine della libreria Croce di corso Vittorio Emanuele a Roma…

Ma i giornali non se la passano certo meglio, stretti tra la morsa del calo delle vendite (e delle inserzioni pubblicitarie) e sovente surclassati dalle gratuite pagine web di notizie. E così che anche “La Padania”, storico quotidiano leghista, ha chiuso i battenti dopo 18 anni, interrompendo le pubblicazioni a partire dal 1° dicembre. Le ragioni? Sempre le solite. Stando alle dichiarazioni del Segretario della Lega, Matteo Salvini, la colpa va attribuita ai tagli all’editoria stabiliti dal governo Renzi.

Ma è solo una storia che si ripete. La scorsa estate è toccato al giornale fondato da Antonio Gramsci, L’Unità (le cui sorti restano ancora particolarmente incerte), poi a fine ottobre è stata la volta del quotidiano della Margherita, Europa… giornali storici questi, chiara espressione di un partito politico. Ma non ha avuto sorti differenti il (coraggioso) “esperimento” editoriale dello scorso inverno, pagina99 (caratterizzato da fogli color salmone, che aveva in parte tradito la propria mission… nato per essere un giornale per tutti, i 99 appunto, aveva finito per assumere una deriva elitaria ed intellettualistica), durato appena “lo spazio di un mattino”. Dopo soli due mesi, il direttore Emanuele Bevilacqua aveva annunciato il sostanziale azzeramento delle pubblicazioni, ad eccezione della corposa edizione del fine settimana. Uno dopo l’altro… Vien quasi da citare Ungaretti “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”.

Da una parte la crisi, dall’altra la “minaccia” del web. Ma spariranno davvero i giornali? Ovvero diverranno soltanto pagine digitali sullo schermo del nostro pc o di un qualsiasi altro device? Chissà… Solo pochi anni fa, con il sempre più massiccio arrivo del web, era stata preannunciata anche la morte della tv. A conti fatti, la Cassandra di turno doveva aver preso un bell’abbaglio. Certo è che il Governo dovrebbe (e forse potrebbe) fare di più. In una società sempre più globalizzata, continuare ad avere una molteplicità di voci, finanche locali, è fondamentale per il pluralismo, ma anche per la nostra identità e per evitare un altrimenti inesorabile appiattimento dell’informazione. Ed un giornale che chiude lascia sempre una grande coltre di tristezza, oltre che un po’ di amaro in bocca.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:08