Law in the sky with dollars

Il documento del Governo sulla strategia per la banda larga, in consultazione on line fino al 20 dicembre, comincia con la testuale asserzione: “Le reti di telecomunicazioni sono ormai il sistema nervoso di ogni nazione moderna. Una nazione non si ferma se si fermano i trasporti. Non si ferma neanche per uno sciopero generale. Ma se le reti di telecomunicazioni si fermassero - non è mai successo - sarebbero davvero poche le attività che riuscirebbero a non fermarsi”.

È un po’ come agitare il drappo rosso davanti al toro, a mo’ di provocazione. È molto dubbio che il blocco dei trasporti, di tutti i trasporti, non determini il blocco di un paese. Infatti è stato proibito per la fattispecie dello sciopero generale del 12 dicembre scorso, sotto la casistica dei servizi pubblici essenziali cui è interdetta l’astensione delle prestazioni dagli anni ‘90. Anche lo sciopero generale effettivo è al netto dei servizi essenziali, ma la versione evocata dal testo governativo, l’astensione totale, “lorda” paralizza la società. Due errori su tre. Sono invece, paradossalmente, gratificanti le parole usate sulle reti Tlc ed il loro ruolo. Ci si rende conto che un “Denial of Service” totale, un’assenza di connessione globale bloccherebbe ogni scambio di contenuti ed informazioni. Se il blocco trasporti toglie l’uso delle gambe ad un Paese e quello generale paralizza il corpo, l’assenza di comunicazioni voce e digitali rende ciechi, sordi, muti ed in catalessi. Meno gratificante invece l’assenza di riferimento alle persone che operano sulle reti Tlc quasi che il funzionamento di network e Internet sia indipendente dal loro lavoro.

Ed è preoccupante il terzo errore: la contrapposizione tra servizio umano (e sciopero) e servizio virtuale (ed eventuale fermo di improbabili robot tutto fare, magari per un cyber-attack terroristico). Cavi sottomarini, Pop (Post Office Protocol), centrali, armadi, apparati, torri (incluse quelle delle reti Tv), router funzionano con il lavoro e la manutenzione. Ci sono persone dietro l’aggiornamento continuo di quei dati numerici e letterari che sono sostanziali al funzionamento del protocollo Ip su cui transita qualunque dato digitale. Contrapposizione non c’è. Anche le reti Tlc e la realtà virtuale sono frutto del continuo lavoro delle persone. Un lavoro più stressato di altri, che opera da remoto, che deve massimizzare efficienza e riduzione costi. Che non è numericamente molto grande per il servizio che deve sostenere e garantire. E che non è mai venuto meno alla responsabilità di garantirlo, tanto più che anche il lavoro sulle reti Tlc è in gran parte un servizio essenziale, cui è interdetto lo sciopero, la cui regolamentazione di settore è sempre rimasta provvisoria.

C’è in entrambi i documenti del Governo su cui cittadini e associazioni sono chiamati a pronunciarsi on-line, quello di strategia digitale generale e quello di strategia per la banda larga, l’idea di fondo di contrapporre realtà materiale e virtuale. Mayer, esperto di cyberspace, ha ultimamente scritto della destabilizzazione sociale che lo “Tsunami Digitale” crea nei Paesi in cui il saldo tra disoccupazione indotta dalle nuove tecnologie e crescita nei servizi, industria e centri di ricerca è negativo. Saldo dovuto a quanto le grandi organizzazioni, in grado di sfruttarne le opportunità, usino la crescita esponenziale di connettività, velocità, memoria e automazione. Quattro fattori che si traducono in lavoro nelle reti sia Tlc che di virtualizzazione dei data center e nell’industria degli apparati. Quando reti e industria sono deboli o inesistenti, i fattori suddetti invadono invece che essere utilizzati. Ed i “campioni digitali”, buoni esempi di servizi e soluzioni di piccolo calibro, si perdono tra i big dell’Ip di Internet.

Proprio perché il digitale non è un altro mondo, ma fa parte della realtà. Il digitale, sempre per Mayer, è costituto da quattro strati: quello fisico delle infrastrutture e reti Tlc, quello logico dei dati fondanti di certificazione, quello dei dati intesi come contenuti e quello della presenza sociale delle persone e associazioni. La distorsione della contrapposizione tra reale e virtuale nasce quando si guarda solo ai contenuti virtuali ed al social. La loro crescita, in aumento esponenziale, poggia sulla potenza crescente degli altri strati. L’intervento di Governo dovrebbe intervenire su tutti e non sugli ultimi due che semmai dovrebbero godere della massima autonomia. Un workshop ad hoc della Confindustria romana, ha evidenziato che tutti i grandi operatori Tlc stanno tracciando mappe delle competenze professionali dei propri lavoratori. Il 2 e 3 dicembre scorsi la conferenza europea “E-skill” ha fatto il punto sulla domanda e offerta di competenze digitali nel mercato del lavoro. Sono in moltissimi, quindi, sia nel mondo pubblico che in quello privato, inclusi i vari incubatori e centri di ricerca, a studiare l’argomento.

In realtà i lavoratori digitali in Europa sono 4 milioni, sparsi tra diverse infrastrutture e diversi contratti. Innumerevoli solo le modalità ed i programmi in cui operano dato che, con le opportune modifiche, convivono una gamma di sistemi e linguaggi vecchi e giovanissimi, caratterizzati dalle realtà nazionali, aziendali ecc. A questi milioni di lavoratori, alle decine di migliaia di studenti tecnologici si va profilando un Cloud delle competenze, una mappa del mare magnum di esperienze e conoscenze informatiche, linguistiche, operazionali, commerciali che può essere utile a rintracciare “everywhere and anytime”, chi può svolgere una determinata attività.

Forse ci saranno nuovi grandi database di classificazione delle persone e visure del lavoro, già oggi regolate per comunicazioni obbligatorie e per le esigenze del Fondo Sociale. La mappatura, che non c’è, è quella di un Cloud del business, raffigurazione di presenza e flusso delle risorse, degli investimenti, delle realtà d’impresa, degli enti regolatori e decisori negli strati del digitale e nella capacità di essere parte attiva di connettività, velocità, memoria e automazione. Si scoprirebbero duplicazioni da un lato e assenze dall’altro. Meraviglierebbero i passaggi di un medesimo dossier tra tanti attori burocratici e metaburocratici.

Sorprenderebbe le potenzialità della Pa come provider di dati e soluzioni di mercato e la scoperta della sua possibile motivazione digitale. È difficile che senza l’avvio di produzioni, basti la crescita delle competenze. Di converso, la depressione di competenze per la ritirata della produzione, alla lunga abbatte il know-how e quindi anche la rete. Pur di essere digitale, la politica sta quasi minacciando di obbligare tutti, piccole imprese, la macchina dell’amministrazione pubblica ed anche gli utenti-consumatori, a passare a soluzioni virtuali. Il digitale è uno strumento per vivere meglio, lavorare “smart” e guadagnare di più. Se preso come una moda o un trend, conduce al Cloud della politica stessa, quella nuvola dove i mezzi, i dati e gli strumenti sono proprietà di altri che ne fanno anche le leggi e le regole. Il Paese ne uscirebbe più che virtualizzato, narcotizzato da un governo Cloud e da una “Law in the sky with dollars”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:06