Castellani: la destra liberale è in campo

Se un cane morde un uomo non è una notizia. Lo diventa se è l’uomo a mordere il cane. Ugualmente, se il centrodestra litiga non è una notizia. Se, invece, riflette sul “che fare?”, quella è una notizia. Nonostante tutta la bagarre susseguita alla batosta dell’elezione di Mattarella a presidente della Repubblica, c’è in giro chi ha ancora voglia di spendersi per dare una prospettiva di durata all’intero centrodestra. Si tratta dei giovani intellettuali del think-tank di “Sveglia Centrodestra”. Le analisi che propongono hanno il pregio della distanza dalla mischia dei diretti contendenti. Non li si potrebbe definire partigiani se non del liberalismo che resta il loro credo irrinunciabile. Tuttavia, ci interessa sapere cosa pensino di quanto sta accadendo all’interno della casa dei moderati. Lo chiediamo a Lorenzo Castellani, enfant prodige della destra liberale di ultima generazione, di mestiere ricercatore universitario e, per passione, direttore editoriale della Fondazione “Farefuturo” nonché founder dell’iniziativa “Sveglia centrodestra”.

Stiamo assistendo a un fiorire d'iniziative che si propongono di rimettere in movimento la destra nel nostro paese. Anche voi di "Sveglia Centrodestra" siete in campo per il medesimo obiettivo. Ma cosa vuol dire oggi essere di destra?

Significa essere dalla parte degli esclusi, dei tassati, dei vessati e, allo stesso tempo, coltivare l'amore verso la propria Patria. Essere di destra è liberare la società dalle catene dello Stato, dalla burocrazia, dall'inferno fiscale, verticalizzare il potere e rafforzare la democrazia attraverso la transizione verso una repubblica semipresidenziale, lasciare alla società e al libero mercato molti compiti oggi nelle mani dallo Stato, difendere l'identità nazionale valorizzandola nella competizione globale e proteggere quei diritti naturali come la proprietà privata, la vita, la famiglia, la società.

La Lega sta crescendo nei consensi perché punta il dito contro la mondializzazione del mercato che sarebbe la principale causa degli odierni malanni del nostro apparato produttivo. Cosa risponde a Salvini?

Sbaglia su questo tema, i mercati mondiali sono una opportunità enorme per un Paese come l'Italia che produce merci e valori unici per i quali il mondo intero è disposto a pagare in modo consistente. Basti pensare a tutti i prodotti di medio-alto livello: auto, mobili, vestiti, scarpe, industria alimentare e vinicola, artigianato e settori di nicchia vari. Il vero patriottismo è mettere queste aziende in condizione di esportare, quindi di ridurre drasticamente fiscalità, burocrazia, rigidità a cui vengono sottoposte. La più grande difesa dell'Italia si ha nel vendere l'eccellenza a tutto il mondo aumentando i nostri profitti. Il riscatto italiano passa dal cinese con le Tods, dal turco con gli occhiali made in Italy, dal mandare a Londra giovani commerciali a vendere e non camerieri a servire nei bar. Poi Salvini ha ragione quando si scaglia contro alcune folli regolamentazioni europee e difende l'autenticità dei prodotti italiani contro i falsi.

Ci faccia capire meglio. Per la destra liberale, Salvini è un amico che sbaglia o un nemico dal quale guardarsi?

Si deve ancora capire bene cosa voglia Salvini. Se abbia in mente un progetto di centrodestra plurale, all'americana, con un programma che sintetizzi le culture, con primarie e capace di governare il Paese o se voglia costruire solo un'opposizione forte, ma relegata in un angolo, con un programma solo rabbia e anti euro, senza democrazia interna per la scelta dei candidati, senza un progetto di governo che parli trasversalmente a tutti gli italiani. Nell’un caso è un amico che sbaglia, nell’altro tocca certo argomenti importanti ma senza un'operazione politicamente interessante. Da lui aspettiamo anche di sentire cosa pensi di argomenti "di governo" e penso alla pubblica amministrazione, la scuola, il digitale, la semplificazione, l'energia.

In Forza Italia dalle allegre cuscinate si è passati al lancio degli stracci puteolenti. Secondo lei, cosa resta del sogno liberale incarnato dalla "discesa in campo" di Berlusconi nel '94?

In Forza Italia del sogno liberale oggi non resta assolutamente nulla, basta vedere come hanno sacrificato Antonio Martino, che ne è il simbolo, nella bassa mischia politica del Quirinale. Restano le delusioni degli elettori che assistono alla "guerra dei comunicati stampa" tra le correnti, ad una democrazia interna mai concessa, al venire meno di un progetto di centrodestra. Inoltre, basta con questa storia dello "spirito del 1994" perché siamo alla nostalgia, alla ridicolaggine, allo specchietto retrovisore. Dal 1994 il mondo è cambiato e serve una nuova generazione che quel mondo sappia interpretarlo. Come? Facendosi largo tra eventi, democrazia, amministrazione locale, cultura, comunicazione cioè costruendo nuove leadership e, soprattutto, una nuova classe dirigente. Certo non con i casting, esempio di una politica illusionista, delegittimata e, mi si conceda, sfigata. Il tempo dei reality è finito, non tirano più nemmeno in televisione.

Dopo il successo della "stangata" per il Quirinale, sembra che tutti siano diventati "pazzi per Renzi". Ma lei da uno così la comprerebbe un auto usata?

Certo, la comprerei. Se fossi un'azienda che si occupa di demolizioni d'automobili, ovviamente. Ecco, oggi mancano i meccanici per evitare le fregature del piazzista e i demolitori per eliminare tutto ciò che non serve al Paese, inclusa larga parte dei dirigenti del centrodestra stesso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:30