Bocca testimonial? scrisse contro gli ebrei

Giorgio Bocca come icona della storia della Resistenza? Certo è che “La Repubblica” poteva scegliere i sette fratelli Cervi se proprio voleva un testimonial storico per la data del 25 Aprile. Proporre invece l’ambigua figura di Giorgio Bocca che fino a un anno prima di diventare (meglio: di riciclarsi come) partigiano scriveva per “La Provincia Grande”, il giornale dei federali fascisti di Cuneo, articoli come quello del 4 agosto 1942 intitolato “I protocolli dei savi di Sion” (nella foto), rubricato sotto la voce “documento dell’odio ebraico”, potrebbe far sobbalzare non pochi storici e non poche persone che oggi sono ancora vive e che nel 1942 c’erano e sapevano queste cose.

D’altronde, non è un mistero che la maggior parte dei comunisti spuntati come funghi nel dopoguerra o dopo l’8 settembre 1943 avevano un pessimo passato fascista e antisemita da farsi perdonare. Ma l’Italia, che più che perdonare dimentica (mentre in altri Paesi come la Germania casi come quello di Gunter Grass diventano nazionali e infangano anche i premi Nobel vinti prima della disvelazione del proprio passato inconfessabile) volentieri si riempie di uomini-simbolo, anche dell’ambiguità. E Bocca era uno di questi. Già nel dopoguerra l’allora ex Guardasigilli Palmiro Togliatti, che si scelse come braccio destro nel proprio ministero il famigerato Gaetano Azzariti, ex presidente del Tribunale della razza, che poi sarà l’artefice del compromesso con il Vaticano rispetto ai Trattati Lateranensi di Mussolini inseriti nell’articolo 7 della Costituzione, fece capire ai “camerati” che se diventavano “compagni” la loro vita sarebbe stata molto più facile. E il passato cancellato con un tratto di penna.

Così come di Enzo Biagi, altro santone della resistenza antiberlusconiana, volentieri si dimentica il passato fascista e gli scritti antisemiti, e l’elenco potrebbe essere molto lungo. Anche di Bocca si dimenticano le ignobili cose che scriveva fino al 1942 e lo si promuove sul campo a uomo immagine del 25 aprile de “La Repubblica”. Quelli che non dimenticano, però, hanno ritirato fuori quella prima pagina de “La Provincia Grande” del 4 agosto 1942 e quel su citato articolo che già dal titolo era tutto un programma di zelo antisemita.

Qualcuno dirà: Bocca aveva ventidue anni quando fece quell’errore. Già, e ne aveva 23 quando invece “si buttò a sinistra” coi partigiani. Quindi tanto ingenuo non doveva essere. Sia come sia, quelli de “La Repubblica”, che fino alla fine degli anni Ottanta pretendevano una sorta di giuramento antifascista prima di promuovere i giornalisti in posti di grande rilevanza (si legga la storia di Pierangelo Maurizio quando doveva andare a dirigere la cronaca di Roma di quel giornale e si trovò a fargli l’esame del sangue Eugenio Scalfari, anche lui negli anni bui del Ventennio noto per scritti simili a quelli di Bocca e per la sua militanza nei giovani universitari fascisti) farebbero bene per il prossimo 25 aprile a trovarsi come testimonial qualcuno che la Resistenza e l’antifascismo li ha vissuti con coerenza. Magari sacrificando la vita. Da Sandro Pertini a Bruno Buozzi, passando per la famiglia dei sette fratelli Cervi, l’elenco è lungo. Figure come quella di Bocca meglio farle riposare in pace.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:32