Divorzio breve… una liberazione

Quest’anno, proprio nei giorni a ridosso del 25 aprile, Festa della Liberazione, un’altra “catena” sembra esser stata sciolta, quella del vincolo matrimoniale…

Ci riferiamo all’approvazione del divorzio breve. Finalmente, a distanza di un quarantennio (ricordiamo che nell’ordinamento italiano il divorzio è stato introdotto dalla legge del primo dicembre del 1970, meglio nota come legge Fortuna-Baslini) anche dalle nostre parti sembra essere arrivata una svolta sul divorzio. Grazie al voto alla Camera dei giorni scorsi – che ha riscontrato un enorme consenso con ben 398 sì, 28 no e 6 astensioni – d’ora in poi porre fine all’unione coniugale sarà più breve. Per ottenere il divorzio non si dovranno più attendere 3 anni dalla sentenza di separazione (e pensare che inizialmente gli anni previsti erano 7!), ma 1 anno soltanto e, in caso di scelta consensuale basteranno addirittura 6 mesi. A plaudere ovviamente tutto il centrosinistra, Premier compreso che, ancora una volta, ha manifestato il proprio pensiero attraverso i 140 caratteri di Twitter, cinguettando “Un altro impegno mantenuto. Avanti, è la #voltabuona”. Non sono però mancate le perplessità e le critiche, da parte di tutta quell’area che potremmo definire di centro-destra (anche se al suo interno racchiude molte, diverse anime) e di matrice cattolica. C’è chi ha gridato all’orrore del matrimonio “usa e getta”, come Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia o chi, non condividendo questo “rito abbreviato” ha invocato mancate tutele sui minori o addirittura minacce alla stabilità della famiglia. Quanto a quest’ultima argomentazione ci permettiamo di sorridere. E’ in verità curioso aggrapparsi alla stabilità familiare parlando di divorzio….

Chi scrive non può che abbracciare una simile scelta, degna di un paese libero, democratico e laico. Per troppi anni l’Italia è rimasta arroccata su posizioni anacronistiche e troppo spesso influenzate da una morale religiosa che non dovrebbe essere così pervasiva in un paese libero. E quindi divorzio, aborto, fecondazione assistita sono rimaste tematiche quasi tabù. Per chi non sposa le posizioni della Chiesa è naturale pensare che, in questi delicati ambiti, la scelta del singolo debba prevalere rispetto a questioni di etiche o religiose di sorta.

Coloro che “boicottano” l’abbreviazione del divorzio (quasi che uno dovesse espiare una colpa nello scegliere di separarsi, meglio se con lunghi e interminabili patimenti!?!) dovrebbero riflettere su quanto suoni oggi anacronistico quel “finché morte non vi separi”. Con questo non si intende affatto criticare chi quella formula è riuscito a portare avanti con successo. Tutt’altro. Il punto sta proprio nella consapevolezza che riuscire a resistere come coppia – felice – “a tempo indeterminato” è oggi più che mai una missione quasi impossibile, per la cui riuscita, oltre alla buona volontà, occorre una massiccia dose di fortuna. E allora ben venga la possibilità di poter tornare indietro se la scelta fatta si è dimostrata errata. In una visione laica cos’è il matrimonio se non un contratto? E come tale è giusto che duri solo fin tanto che entrambi i contraenti sono d’accordo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:23