Legge 40: un passo verso la civiltà

La recente decisione della Corte Costituzionale con la quale è stato annullato il divieto – per le coppie portatrici di patologie genetiche – di accedere alla diagnosi pre-impianto, va considerata, prima di tutto, una scelta di civiltà. La decisione rappresenta una scelta nella direzione dell’uguaglianza e del diritto alla salute. Nei giorni scorsi è stato dichiarato illegittimo il divieto alla diagnosi pre-impianto finora contenuto nella legge 40. Nel corso di circa undici anni, la controversa legge (approvata nel marzo 2004), probabilmente una delle più contestate della storia, ha ricevuto numerose modifiche e diverse “amputazioni”, passando attraverso ben 33 “rimaneggiamenti” nelle aule di qualsiasi tipo di tribunali, da quelli di primo grado fino alla Corte Costituzionale e alla Corte Europea dei diritti di Strasburgo.

Nel tempo sono caduti 4 divieti: il divieto di produzione di più di tre embrioni, l’obbligo contemporaneo di impianto di tutti gli embrioni prodotti, il divieto di diagnosi pre-impianto per le coppie non fertili e il divieto alla fecondazione assistita. Rimangono invece ancora in vigore il divieto di accesso alla fecondazione assistita per i single e le coppie omosessuali. E questo è un tema che fa spesso discutere, così come hanno sollevato ampie polemiche le unioni gay. Si tratta di questioni certamente delicate, soprattutto quelle che coinvolgono nuove vite che vanno tutelate al meglio sotto tutti i punti di vista, ma sarebbe opportuno focalizzare l’attenzione su uno specifico punto: due persone eterosessuali, indipendentemente dall’età, dall’istruzione, dal ceto sociale di appartenenza, dall’impiego e dalle condizioni economiche, purché fertili, sono libere di procreare. In modo indiscriminato. Non sempre purtroppo – e talvolta i casi più estremi approdano tristemente sulle pagine di cronaca nera dei quotidiani – queste unioni e queste nascite dànno vita ad ambienti solidi e sereni, molto lontani dall’ideale di “famiglia del Mulino Bianco”. Non esistono tuttavia restrizioni di sorta benché certe situazioni siano purtroppo prevedibili.

Perché dunque limitare le possibilità, o vietare del tutto la chance di essere genitori a persone single o omosessuali? Le loro scelte – proprio perché “diverse” e socialmente meno accettate – hanno spesso radici più profonde e potrebbero rivelare un convincimento e una preparazione all’essere genitori che spesso due etero non hanno… Ma tornando alla notizia recente, il segretario dell’associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo, nonché uno degli avvocati delle coppie coinvolte nella vicenda, non ha potuto che esprimere il proprio plauso per questa sentenza, da tempo attesa. L’avvocatessa Gallo ha ritenuto il pronunciamento della Corte una apprezzabile risposta alle richieste di quelle coppie che si sono battute per veder riconosciuti diritti basilari, come il diritto alla salute e principio di uguaglianza. Diritti che un Paese che vuole definirsi civile dovrebbe garantire a tutti i suoi cittadini.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:22