Grecia, la posizione della Lidu

La L.I.D.U., Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo, aderisce al costituente fronte OXI, formato da attivisti sindacali, organizzazioni e movimenti sociali, forze politiche di tutta Europa convocatisi in Atene nell'occasione del referendum col quale il popolo ellenico deciderà se accettare o meno le condizioni poste al suo governo dall'Unione europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Queste istituzioni mirano, infatti, qui ed ora, solo a garantirsi il rimborso del credito vantato, e non ad assicurare ai greci politiche di espansione economica che assicurino il rispetto dei loro diritti sociali, oltre che umani e civili.

Il processo d'integrazione europea partì, infatti, negli anni cinquanta, dall'economia ma per un fine politico. I grandi federalisti europei d'allora, in Italia i Luigi Einaudi, gli Altiero Spinelli, gli Ernesto Rossi, avrebbero preferito s'affrontasse subito il nodo costituzionale d'una federazione sovrana, degli Stati Uniti d'Europa. Invece la situazione politica favorì l'idea funzionalista di Jean Monnet, il quale utilizzò la necessità d'una programmazione supernazionale per gestire gli aiuti nordamericani alla ricostruzione dell'Europa per costruire istituzioni supernazionali di regolazione e governo del mercato e della società, la libera circolazione di persone, beni, servizî e capitali, che fatalmente avrebbero avuto forti implicazioni politiche e, quindi, portato, prima o poi, si sperò, all'unità politica.

L'unione monetaria venne pensata come coronamento dell'integrazione economica funzionalista. Però l'integrazione politica reale non è seguita, la politica è rimasta appannaggio di consigli intergovernativi; una sorta di confederazione politica sovrapposta alla federazione economica sociale. Questo è il nodo che si manifesta nella crisi ellenica. I governi ed i legislatori greci possono aver commesso molti errori, ma vi sono limiti oggettivi allo sviluppo del popolo e del territorio dell'Ellade: un'agricoltura povera per la geologia e l'orografia, un'industria priva di materie prime, un turismo sviluppatissimo, ma un paese non può essere solo un grande albergo e parco di divertimenti per stranieri. Esiste, sì, la questione d'una potente flotta mercantile, i cui armatori si sottraggono alla solidarietà verso il loro popolo evadendo il fisco, ed il nodo va affrontato essenzialmente per motivi morali, ma comunque ciò non sarebbe risolutivo per lo sviluppo economico di tutto il paese.

Occorrerebbe inquadrare la questione greca in una programmazione dello sviluppo di tutta l'Europa ellenico-latina, ma a farlo dovrebbe essere un'Unione politica. Invece la mancanza di potere di decisione politica sovranazionale e l'ipertrofico sviluppo dell'integrazione economica e bancaria, riduce i rapporti fra Stati membri ed Istituzioni supernazionali al rendiconto ragionieristico. I rappresentanti di Stati membri con difficoltà strutturali vengono trattati non da politici ma come i debitori davanti agli strozzini. Così non si costruisce una democrazia ma un'usurocrazia. Il governo germanico non è neppure in grado di concepire la costruzione di regole di bilancio sopranazionali simili a quelle di perequazione interregionale fra i Lander della Repubblica Federale di Germania, perché in un consesso meramente integrativo la situazione greca non è percepita come questione di politica interna, economica e sociale, ma estera, di rapporti di potenza e di mero dare-avere.

È come se dalla costituzione dello Stato Unitario ad oggi, in Italia, i legislatori ed i governi nazionali avessero risposto ai progetti ed alle proposte dei meridionalisti, col commissariamento degli enti locali e l'imposizione d'una pressione fiscale intollerabile. L'unità nazionale si sarebbe subito spaccata, con la secessione del mezzogiorno. Non si nascondono, qui, le pesanti violazioni dei diritti umani e civili commesse nella lotta al brigantaggio, i movimenti indipendentisti sorti in Sicilia ed in Sardegna, ma se il tutto s'è tradotto in una spinta democratica all'autogoverno locale e non nello smembramento dello Stato per secessione, ciò è avvenuto in quanto il meridionalismo è stato sempre trattato come una questione politica nazionale.

Così dovrebbe essere, ed è stato talora in passato, per lo sviluppo delle aree depresse d'Europa; ma oggi le istituzioni dell'Unione non trattano la questione ellenica come problema politico. Non lo fanno, in quanto gli organi politici generali, con la sola eccezione del Parlamento europeo e, ma solo in punto di diritto, la Commissione di governo, sono Consigli intergovernativi, in cui prevale il sacro egoismo nazionale, e non i reali interessi politici dell'Europa. Lo si vede non solo nel caso ellenico, ma anche nel modo d'affrontare le migrazioni mediterranee: in un mondo di oltre sette miliardi di persone, ove si procrea al ritmo di due nuovi individui al minuto, le migrazioni non sono emergenze ma un fenomeno strutturale.

Che senso ha dire che i “migranti economici” vanno respinti per principio, forse che ogni essere umano non ha i sacrosanti diritti di cercare migliorare le proprie condizioni di vita e di decidere in quale paese vivere? E che diritto noi abbiamo di difendere il privilegio d'essere nati per caso nel territorio giusto? La questine è che anche le grandi pan-idee geopolitiche, quelle che unificano popoli, pur se per diventare tali debbono calarsi nei rapporti di potere politici, economici e sociali, nondimeno nascono come un'ideale dello spirito e possono affermarsi se restano tali. Gli individui ed i popoli sono disposti a sopportare grandi sacrifici per tenere alta una bandiera, ma giustamente non sono disposti a sacrificare nulla al materialismo dei banchieri.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:12