La “Resistenza” a Quinto di Treviso

A Quinto di Treviso è in corso una rivolta della popolazione a causa dell’insipienza di uno Stato pasticcione che fa l’impossibile pur di complicare la vita ai suoi cittadini. È successo che, l’altra mattina, all’insaputa degli abitanti della Marca sono stati scaricati dagli autobus, allestiti dalla Prefettura di Treviso, 100 immigrati per essere alloggiati all’interno di alcuni appartamenti sfitti in un condominio privato.

È accaduto che le mamme e i bambini presenti nello stabile alle nove della mattina, aprendo la porta di casa, si sono trovati sul pianerottolo faccia a faccia con una folla di stranieri. Apriti cielo! È stato prima il panico e poi la rabbia. Era una situazione surreale. I residenti non erano stati informati degli arrivi. Anche il sindaco del paese l’aveva saputo venti minuti prima dell’ingresso in piazza dei bus. Nessuno li aveva preparati a un impatto del genere. Nessuno aveva chiesto loro un parere preventivo sulla fattibilità di una convivenza forzata non con un gruppo di persone nuove ma con un mondo lontano per storia, tradizioni, cultura. Si sono sentiti traditi, i cittadini di Quinto, da uno Stato che non li ha considerati persone.

A fare da ala al corteo di immigrati che prendevano possesso delle abitazioni c’erano poliziotti e carabinieri, come se le pubbliche autorità avessero dato per scontata una reazione incontrollata dei residenti messi di fronte a un evidente sopruso. E così che quella brava gente è esplosa urlando tutto il proprio dolore per un’ingiustizia inflitta vigliaccamente da chi ha il potere di devastare le vite altrui. Sono scesi in piazza e hanno protestato. Si sono accampati nei giardini che circondano il condominio e hanno piazzato le tende da campeggio sotto le quali hanno trascorso già un paio di notti. Anziani e bambini compresi. Che scena! Gli immigrati al coperto e loro all’addiaccio.

È stato sensato portare 100 sedicenti profughi a vivere in un contesto abitativo che ospita 30 residenti? Stando ai piani dei geni del Viminale sarebbe del tutto normale una soluzione del genere. Si vede che vivono sulla luna questi scienziati dell’accoglienza. Ora, le anime belle della sinistra gridano allo scandalo per la reazione dei cittadini di Quinto. Vogliono farli passare per razzisti. Ma è una sporca menzogna. Quinto di Treviso non è Jackson e il fiume Sile, che attraversa il verde paesino della Marca, non è il Mississippi.

Non c’è il Ku Klux Kan a Quinto. Non si bruciano croci ma soltanto materassi e televisori sotto l’effetto di un’incazzatura collettiva. Treviso è tradizionalmente una terra accogliente dove la politica d’integrazione sensata ha funzionato alla perfezione. Fino all’altro ieri. Cioè fino a quando questo Stato, che sull’immigrazione mostra al mondo l’espressione insulsa di un Ministro dell’Interno incapace a fare il suo mestiere, ha deciso di sfidare la capacità di comprensione della gente comune. Quella stessa gente che ha impiegato una vita per permettersi una casa decente nella quale crescere i propri figli.

Per gli Agit-Prop del “politicamente corretto” sarebbero i cittadini di Quinto i cattivi, quelli che non capiscono che c’è qualcosa di più grande del diritto a vivere in pace in casa propria. A noi viene il sospetto che, di là dall’acclarata incompetenza dei decisori, ci sia dell’altro. Ci sia, ad esempio, una certa voglia della politica romana di dare una bella lezione a quei veneti indisciplinati che, alle ultime elezioni, hanno mandato a ramengo la millanteria renziana. Se così fosse sarebbe una cosa indegna di un paese democratico. Comunque sia, i poveri malcapitati hanno tutto il diritto di ribellarsi alla violenza di Stato. Attenti, cari Renzi e Alfano, così facendo rischiate di buscarle sul serio. E non è tanto per dire.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:27