Ciro Lenti ci spiega i debiti dei contadini

Il professor Ciro Lenti (nella foto) si occupa di materie economiche e presiede la Sicea, società che opera nel campo della mediazione per la risoluzione delle controversie civili e commerciali con modalità alternative a quelle della giustizia ordinaria. La mediazione è uno strumento da pochi anni entrato nel sistema italiano, la Sicea è diffusa a livello nazionale e s’è subito confrontata con la scarsa informazione istituzionale sull’applicazione della legge 3 del 2012, quella sulla riduzione del debito degli imprenditori meritevoli di non fallire. Le indagini delle varie associazioni dimostrano che più del 90 per cento degli imprenditori italiani meritano di non fallire, e che il loro debito venga reso più sopportabile. Il settore che meno merita di finire nelle sezioni fallimentari è proprio quello agricolo. Ed è stato dimostrato, dati alla mano, durante il convegno romano del 16 luglio scorso, patrocinato da un organismo di settore, la Cia (Confederazione italiana degli agricoltori). Nei giorni di tristi statistiche dello Svimez emerge che nel Sud la piccola proprietà contadina starebbe morendo, anzi starebbe messa peggio della sua equipollente greca. Sarà vero? E a chi converrebbe questo funerale? Soprattutto, è utile ricordare che sussistono gli strumenti giuridici per scongiurare simili tragedie. Il contadino italiano è spesso ingiustamente accusato di non pagare le multe comminate da consorzi di bonifica ed enti locali, di operare furbescamente con i contributi, di essere un malpagatore cronico: tutte storie degli ultimi anni, perché non possiamo dimenticare quanto il risparmio della famiglia contadina abbia contribuito alla crescita dell’Italia.

Professor Lenti, nel corso del convegno lei ha detto che per le imprese individuali in genere sussiste un limite di 500mila euro, quando il debito supera questo limite, non è data la possibilità di accedere alla procedura prevista dalla legge 3. Il limite sussiste anche per le imprese agricole?

Nel corso del convegno si è parlato di soggetti fallibili e non fallibili come stabilito dall’articolo 1 del R. D. n. 267/42. Le imprese di qualunque tipo non sono fallibili se non superano i seguenti parametri: investimenti non superiori a 300mila euro nell’ultimo triennio; ricavi non superiori a 200mila euro nell’ultimo triennio; debiti complessivi non superiori a 500mila euro nell’ultimo anno. A questa regola generale fanno eccezione le imprese agricole, le start up innovative. Quindi il limite dei 500mila euro di esposizione debitoria non è riferito alle imprese agricole, ma alle altre imprese.

Nel caso delle aziende agricole, come spesso accade, il creditore è un istituto di credito quasi sempre garantito da ipoteca, per quale motivo il creditore garantito dovrebbe accogliere una proposta transattiva che guardi ad una riduzione sensibile del suo diritto?

Il creditore tutelato da un privilegio particolare quale è l’ipoteca, non partecipa alla votazione dell’accordo di ristrutturazione. Per poter votare l’accordo, il creditore dovrà rinunciare al privilegio. La rinuncia è un atto molto particolare ed è ottenibile solo a determinate condizioni, come ad esempio l’impossibilità della vendita del bene gravato da ipoteca al prezzo risultante nell’atto di concessione del finanziamento. Ciò può convincere il creditore garantito da ipoteca a rinunciare al privilegio ed accettare una falcidia del proprio credito. Mentre la rinegoziazione in termini di condizioni e di durata del contratto può essere una via più agevole da percorrere.

In caso di mutui agrari, oltre alla garanzie immobiliari, ci sono anche le garanzie fideiussorie: cosa succede in ordine ai diritti dei fideiussori, quando si accede alla legge 3? Quale gestione viene consigliata in questi casi?

Il fideiussore-consumatore, nel caso fosse chiamato dal creditore a fare fronte al debito principale potrà sempre utilizzare la legge 3/2012, utilizzando la procedura dell’accordo di ristrutturazione e non del piano del consumatore, in quanto le ragioni del credito sono di natura aziendale. L’accordo a differenza del piano necessita dell’approvazione da parte dei creditori con un quorum minimo del 60 per cento.

Le imprese agricole usufruiscono di premi Pac, l’unica fonte certa e puntuale della quale spesso usufruiscono. Questi aiuti comunitari sono i primi ad essere pignorati in caso di situazioni debitorie dell’imprenditore agricolo nei confronti degli enti contributivi, previdenziali e fiscali. La legge 3, che inibisce la possibilità di effettuare le azioni esecutive, comprende anche i premi Pac?

La Pac è una sovvenzione di provenienza comunitaria che riceve l’agricoltore, al verificarsi di certe condizioni, pertanto è un credito verso l’amministrazione che in presenza di debiti sempre verso l’amministrazione può essere pignorato. Una volta avviata la procedura ex legge n. 3/2012 ed inserito nell’accordo di ristrutturazione il debito verso gli enti che hanno pignorato la Pac. Il giudice nel decreto di fissazione dell’udienza, normalmente, inibisce tutte le azioni esecutive individuali senza distinzione di natura o titolarità e quindi anche il pignoramento della Pac, ovviamente a condizione che venga previsto il soddisfacimento del debito verso l’amministrazione.

In ordine ai debiti contributivi ed ai contributi agricoli, quali di questi può essere falcidiato?

I debiti contributivi ed i debiti fiscali possono essere falcidiati ad eccezione della quota a carico del lavoratore, e dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute operate e non versate. Per la parte dei debiti contributivi e per i tributi non falcidiabili si potrà chiedere la sola dilazione del pagamento.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:33