Rai, vigilanza spaccata   sui nomi per il Cda

Riforma Rai acefala, Governo e maggioranza pugnalati alle spalle dalla minoranza interna del Partito democratico.

Il quadro che si presenta (domani) alla Commissione parlamentare di vigilanza della Rai è tra i più complicati, assurdi e paradossali che si ricordi. Mentre la Camera deve ancora approvare la riforma del servizio pubblico sulla base del disegno di legge del Governo, “moncato” al Senato della delega sulla riforma del canone, il parlamentino dei 40 senatori e deputati dovrebbe eleggere i 7 membri del Consiglio di amministrazione sulla base della Legge Gasparri ancora in vigore e che il premier Matteo Renzi voleva rottamare già lo scorso febbraio.

Un braccio di ferro che si è protratto per mesi. Il Cda presieduto dall’ex direttore della Banca d’Italia Annamaria Tarantola è scaduto e in prorogatio, per di più senza la rappresentante di Forza Italia Luisa Todini dimessasi da tempo per approdare alle Poste. La bocciatura di una parte essenziale della riforma Rai evidenzia la tensione continua all’interno del Pd su gran parte del programma e il paradosso del partito-perno dell’azione politica del premier e segretario del Pd.

Sulla Rai, Renzi e la maggioranza hanno fatto molti giri di valzer. La riforma doveva essere approvata entro luglio per consentire di nominare i nuovi vertici di viale Mazzini (non più a nove membri ma a sette), sostituendo il direttore generale con la figura dell’amministratore delegato con maggiori poteri.

Viste le difficoltà, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, azionista di maggioranza dell’azienda pubblica con il 99,6 per cento delle quote, ha improvvisamente cambiato strategia d’intesa con Renzi: rinnovo subito con le vecchie regole previste dalla “Legge Gasparri”. Convocazione, pertanto, domani della bicamerale composta da 20 deputati e 20 senatori, di cui 16 del Pd, 6 del Movimento 5 Stelle, 7 di Forza Italia, 2 del Nuovo Centrodestra e altri sparpagliati.

Le divergenze sono profonde. Già all’ufficio di presidenza (presidente il pentastellato Roberto Fico) si è registrata una spaccatura con Cinque Stelle, Sel e Lega decisi a rinviare tutto a settembre, sospettando anche un inciucio tra Renzi e Berlusconi per spartirsi le nomine. Dei 7 membri scelti dal Parlamento, 4 andrebbero al Pd e 3 a Forza Italia-Lega. La bicamerale sarà in grado di raggiungere un accordo sui sette nomi che dovrebbero far parte del provvisorio Cda Rai? E l’anomalia di consentire al Tesoro di scegliere il direttore generale con i compiti dell’amministratore delegato? Il problema è che una volta approvata la riforma tutto ripartirà da zero. Sul testo arrivato alla Camera sono già preannunciati 1500 emendamenti. Non manca il toto-nomine con due donne in pole position per la carica di amministratore delegato: Patriza Greco, presidente dell’Enel, e Marinella Soldi di Discovery.

Sulla riforma Rai s’innestano anche altri giochi politici ed equilibrismi, a partire dalla legge elettorale. Secondo l’opposizione non si può andare avanti con le forzature. In ballo c’è lo strapotere che il Governo vuole riservarsi sia sull’Ad della Rai, sia sulla delega sul canone che è stata bocciata. Nel torrido agosto una corsa folle come poche volte si era vista in Parlamento.

“Il Governo è confuso - ha commentato Fico - e non conosce i tempi parlamentari. La riforma Renzi è carta straccia”. E Grillo ha aggiunto: “Quella del Pd è una legge se possibile anche peggiore della Gasparri. Una legge in cui tutto il potere va nella mani di un supermanager scelto dallo stesso Governo come amministratore delegato. Per ora il supereroe è rimasto abbandonato al Senato”. Alla Camera si vedrà.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:34