Cameron batte il Papa sui lavoratori extra-Ue

L’ipocrisia del lavoro per tutti, e la possibilità di regolarizzare lavorativamente ogni immigrato extra-Ue che approda in Europa, si scontra con le regole di Bruxelles. Il primo a chiedere che vengano rispettate le ferree regole in materia europea del lavoro è proprio il primo ministro britannico, Cameron. In tanti diranno che si tratta d’una reazione politica agli incidenti di Calais, che “il leader britannico vuole fermare i flussi migratori sulla Manica in vista del referendum sulla Ue del 2017”. Ma, se da un lato c’è la prova di forza per dimostrare agli inglesi che è possibile contrastare l'immigrazione clandestina pur rimanendo in Europa, dall’altro c’è che l’Unione europea impone le aziende si sincerino, ed attraverso scrupolose indagini, che il lavoratore sia in possesso delle certificazioni che attestino i requisiti per svolgere qualsivoglia lavoro: dal medico all’ingegnere, dal ragioniere al geometra, dal giardiniere all’inserviente… tutti sono tenuti alla “formazione continua” e, soprattutto, a munirsi di “curriculum certificati” quando si presentano per una domanda di lavoro. Chi ha accumulato esperienza non dimostrabile (lavori a nero) s’attacca al tram. Per questi ultimi non c’è spazio, perché la certificazione (ovvero il responso degli enti previdenziali, per esempio l’Inps, Inpgi…) avviene solo in cambio di un effettivo versamento contributivo. I britannici, dall’ultimo meccanichetto al grande industriale, concordano con Cameron e vedono nel referendum del 2017 un modo democratico per confermare che chi entra nell’Isola non può beneficiare di scorciatoie, abbuoni e magnanimità di vario genere. Anche perché la cultura calvinista britannica e luterana nord e mitteleuropea non ammette scorciatoie sulle certificazioni europee. Anche la politica del lavoro francese va in questa direzione, non certo per opera della Marina Le Pen: infatti i sindacati francesi vigileranno che l’operaio non venga scavalcato da un Mohamed qualsiasi privo di qualsivoglia certificazione, normativa che tutelerà anche i magrebini di seconda e terza generazione. C’è da credere che ben pochi rinunceranno ai propri diritti certificati pur d’ascoltare il monito di Papa Francesco che, fuori da ogni logica e regolamento, chiede che a questa gente vengano offerti lavori ed alloggi. Di fatto inviti ad uno scontro tra poveri. Entro il 2016 anche i lavoratori italiani saranno tenuti a presentare curriculum certificati, i vecchi “Cv” alla meglio verranno cestinati o permetteranno ai perfidi selezionatori di denunciare per “dichiarazioni mendaci” il candidato furbetto. Abbiamo già acclarato che torna nelle aziende il “cronometrista”, che valuterà assenze e rendimento orario d’ogni singolo lavoratore, così il cosiddetto “merito” verrà inviato agli enti certificatori, perché possano accluderlo ai curriculum degli assunti con contratto a “tutele crescenti”. E dopo tutta questa stretta chi mai cederà il passo agli ultimi arrivati? E basteranno le raccomandazioni del Papa per omettere tutta questa valanga di controlli? Certo la Caritas potrebbe proporre il pagamento in natura, con vitto e alloggio, dato che sarà possibile non pagare un lavoratore perché “privo dei titoli richiesti dalle normative Ue per la prestazione d’opera”: infatti a chi commissiona un lavoro basterà dimostrare nei fori competenti che il lavoratore aveva dichiarato d’essere impresa a norma europea e provvista di partita Iva, ma all’atto della fatturazione si dimostrava sprovvista d’ogni requisito, il che inficia l’opera a “regola d’arte”. Qualcuno sosterrà che si mente per necessità, per fame, e sorge il dubbio che questo possa poi legalizzare lo sfruttamento. Quest’ultimo aspetto certamente riguarderà solo l’Italia, perché nel resto d’Europa analizzeranno ogni pelo del prestatore d’opera prima di metterlo a lavoro.

Qualcuno obietterà, giustamente, che basta una predica di Papa Francesco per obliterare una ferrea normativa. L’idea del curriculum certificato nasce con “Europass”, uno dei cosiddetti “servizi” offerti dalla Commissione europea. L’obiettivo in origine era offrire un formato standard per i curriculum in Europa. Ovvero un servizio certificativo (piace tanto ai tedeschi) che accompagni la circolazione dei lavoratori in ambito Ue. Con “Europass” un sito supporta sia la creazione del documento che l’invio dello stesso “curriculum certificato” ai potenziali datori di lavoro. Di fatto “EuroCv” sarebbe un servizio integrato con il sistema “HR-XML”, per condividere i curriculum fra utenti e aziende. Permettendo così più verifiche, utili a smascherare i Cv mendaci di chi cerca d’accaparrarsi il posto di lavoro. Europass viene definita come “un'iniziativa della Direzione Generale Istruzione e Cultura dell’Unione europa per migliorare la trasparenza delle qualifiche e della mobilità dei cittadini”. È inutile dire che i siti internet relativi a Europass sono lievitati in poco tempo. Perché ogni ente o scuola di formazione professionale si sente autorizzata ad aiutare disoccupati e precari. E se nessun lavoratore potrà sfuggire a curriculum certificato e obblighi formativi, pena perdere il lavoro (autonomo o dipendente che sia), come potranno mai milioni di extracomunitari mettersi in regola? Obiettivo dell’Ue è “la mobilità nell’occupazione, sia tra i paesi sia tra i settori, e dovrebbe promuovere e far acquisire valore aggiunto alla mobilità nell'educazione e nell’esperienza”. L’obbligo al curriculum certificato pare debba scattare proprio per tutti. Da Europass garantiscono che “è gratuito presso le strutture abilitate alla certificazione, soprattutto che serve per avere sotto controllo la promozione della propria figura professionale”. Noi si resta scettici. Soprattutto c’intriga che, mentre nel resto dell’Ue tutto si svolga nelle regole e con un turn over lavorativo, invece nel Sud Italia viga la regola del 20, 20, 20: venti percento di disoccupazione attiva, di questa fa parte quel venti percento di forza lavoro tra i 45 ed i 60 anni che dovrebbe accettare un “percorso d’esclusione sociale” (li narcotizziamo? Imponiamo loro l’eutanasia?), e per finire tra vent’anni si tornerà ai livelli occupazionali del 2007.

In tutto questo casotto come potranno mai trovare lavoro quei poveracci che sbarcano senza uno straccio di documento? Sorge il dubbio che qualcuno potrebbe incriminare il Papa (chiedendo rogatoria internazionale) per omissione delle norme europee, per favoreggiamento del lavoro di immigrati privi di curriculum certificato. E qui giunge in soccorso l’Altissimo che protegge Fancesco Bergoglio e non perdona il comunista greco Varoufakīs, che confabulava contro l’euro per il solo bene dei greci.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:34