Diritto costituzionale alla sicurezza

Già si alzano gli scudi dei difensori dei diritti fondamentali contro ogni progetto d’incremento dei poteri dei governi, a difesa della sicurezza delle persone. Se c’è un barlume d’identità per l’Europa, questo è proprio legato alla conservazione di un sistema di garanzie per la tutela dei diritti, pensati, costituzionalizzati ed attuati nell’occidente. Per questo, nessuno immagina di offuscare l’unica bandiera visibile dell’Europa.

Tuttavia, i diritti liberali non vanno soltanto salvaguardati ma, quando serve, anche protetti, in concreto, specie se a minacciarli è il terrorismo, che punta a cancellarli definitivamente. Con l’incremento dei poteri dello «stato d’emergenza» il Parlamento francese sta facendo proprio questo. Autorizzerà: il divieto d’ingresso nel paese e l’espulsione rapida dei cittadini stranieri sospettati di rappresentare una minaccia alla sicurezza nazionale; la detenzione preventiva nei confronti di chi è sospettato di minacciare la sicurezza nazionale; la pratica delle perquisizioni e degli arresti domiciliari senza la preventiva autorizzazione giudiziaria.

Si tratta di misure eccezionali, giustificabili solo per brevi periodi e di fronte alla straordinarietà degli eventi, tuttavia vanno considerate senza indugi praticabili, oltre che in Francia anche in tutti gli altri Paesi europei sotto attacco, perché le libertà e i diritti non valgono niente se non convivono con la democrazia. Le libertà e i diritti legittimano la democrazia, ne sono il presupposto, ma ne rappresentano anche il fine. Allora, di fronte al rischio di perderla, o al fine di conservarla, possono cedere o autolimitarsi, in difesa proprio delle stesse ragioni su cui si fonda lo stato di libertà. In Italia siamo tutti innamorati dei diritti, di quelli vecchi e di quelli nuovi (privacy, dignità umana), mentre siamo meno abituati a riconoscere il diritto alla sicurezza dei cittadini, che pur esiste. È stato rimosso nella quotidianità del linguaggio politico, perché identificato per troppo tempo con una parte marginale dello schieramento partitico italiano. Ma esiste. In Francia l’art. 2 della Dichiarazione (la stessa del 1789), attesta che «Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescindibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione».

La Costituzione italiana non ha una disposizione simile. Difetta soprattutto di uno strumento costituzionale per fronteggiare gli stati di crisi. Nessuno nega però, anche da noi, che il diritto alla sicurezza esista. Infatti, si desume dall’art. 1 che proclama il principio democratico. Sul punto ci aiuta anche la Convenzione europea (CEDU), che ci vincola per la particolare forza che ha (crea un sistema interposto tra la legge e la Costituzione). Se i difensori dei diritti la rileggessero, si accorgerebbero che le libertà della Costituzione “più bella del mondo” non sono «assolute», perchè ognuna di esse (libertà personale, di pensiero, coscienza, religione, espressione, riunione, associazione, circolazione), è obbligata a fare i conti con una pluralità di contro- valori, tra cui: la «sicurezza nazionale», «l’integrità territoriale», «la sicurezza pubblica», la «difesa dell’ordine» la «protezione dell’ordine», il «mantenimento dell’ordine pubblico», la «prevenzione dei reati», la «protezione del benessere economico del paese». Tutte limitazioni delle libertà «assolute», che si giustificano perché difendono i valori fondanti su cui si regge il regime democratico.

Fin dove si possa spingere lo Stato democratico nel comprimere i diritti fondamentali, per salvare la propria identità democratica, è questione aperta. Spetta alla politica, che dovrà affrontarla con ricette variabili in ragione delle singole contingenze storiche.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:31