Pena di morte: verso   il Congresso di Oslo

Fra gli iscritti a “Nessuno tocchi Caino” fin dalla sua fondazione, ho sempre considerato giusto che siano condotte parallelamente la lotta contro la pena di morte ovunque e quella per la dignità delle persone detenute: entrambi gli obiettivi sono, infatti, elementi indispensabili per il superamento del concetto di vendetta e l’affermazione della giustizia da parte della società e dello Stato.

Se l’idea di proporre – e infine ottenere – risoluzioni dell’Assemblea generale dell’Onu per la moratoria universale delle esecuzioni è risultata strategicamente importante, favorendo l’avvio di processi abolizionisti in numerosi Stati, non è individuabile uno strumento sovranazionale analogo nel lavoro politico per giungere a miglioramenti sostanziali delle condizioni di detenzione. Tuttavia, accanto al coinvolgimento di governi, parlamenti, organi giudiziari e amministrativi Stato per Stato, è possibile almeno sollevare casi individuali rilevanti di fronte alla Corte Europea dei Diritti Umani per quanto riguarda i Paesi membri del Consiglio d’Europa, e per tutti di fronte al Comitato per i Diritti Umani dell’Onu (che è un organismo ‘quasi giurisdizionale’, non avendo il potere di emettere sentenze, ma che ha un importante peso politico con i suoi pareri e le sue raccomandazioni). Inoltre, come con Nessuno tocchi Caino abbiamo fatto nel caso dell’Italia, è possibile portare all’attenzione degli Stati membri del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu – pur con i suoi gravi limiti – problematiche generali di violazioni dei diritti dei detenuti nell’ambito del processo di Revisione Periodica Universale, cui ogni Stato membro dell’Onu è sottoposto ogni quattro anni.

In termini di diritto internazionale, in materia occorre fare riferimento all’articolo 10 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, che al primo comma stabilisce che “Qualsiasi individuo privato della propria libertà deve essere trattato con umanità e col rispetto della dignità inerente alla persona umana” e al terzo comma specifica con chiarezza: “Il regime penitenziario deve comportare un trattamento dei detenuti che abbia per fine essenziale il loro ravvedimento e la loro riabilitazione sociale”.

L’Italia aveva anticipato tali norme nella propria Costituzione repubblicana, che all’articolo 13, quarto comma, prevede che sia “punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà” e al terzo comma dell’articolo 27 afferma che le pene “non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Significativamente, il comma successivo dell’articolo 27 stabilisce: “Non è ammessa la pena di morte”. Conviene a questo proposito ricordare che Nessuno tocchi Caino e il Partito Radicale hanno condotto anche l’iniziativa politica conclusasi con la legge costituzionale del 2 ottobre 2007, che abrogò la residua possibilità di applicazione della pena di morte “nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”.

Cancellare l’eventualità della pena di morte anche dalle carte costituzionali degli Stati che l’abbiano abolita nei codici penali è uno dei numerosi obiettivi della campagna universale per l’abolizione, che prevede una gamma di atti positivi: ad esempio, il passaggio da abolizionista de facto (non avendo eseguito condanne a morte per molti anni) ad abolizionista anche de jure; o in subordine, e in vista dell’abolizione, la riduzione del numero di reati per i quali la pena di morte è prevista, l’eliminazione dell’obbligatorietà per i giudici di comminare la pena di morte in alcuni casi e la moratoria delle esecuzioni.

Di tutto questo si tratterà nel prossimo Congresso mondiale contro la pena di morte, che si svolgerà ad Oslo dal 21 al 23 giugno 2016 (sponsorizzato dai governi norvegese, francese e australiano e con un contributo anche dell’Italia), che ho avuto l’onore di essere chiamato a coordinare.

Si tratta della sesta edizione del Congresso mondiale, che si svolge ogni tre anni in un Paese diverso: è il più importante evento al mondo in questo campo e richiede quindi un complesso lavoro preparatorio politico, diplomatico e logistico. Prevediamo la partecipazione di circa 1.500 persone, fra le quali esponenti di rilievo di vari governi, parlamentari, premi Nobel, accademici, rappresentanti di Ong, avvocati, testimoni e media di circa ottanta Paesi.

Già alcune settimane fa abbiamo riunito a Parigi il Comitato Scientifico del Congresso, presieduto da Robert Badinter – che fu ministro della Giustizia in Francia sotto la prima presidenza Mitterrand e condusse l’iter per l’abolizione della ghigliottina nel 1981. Il Comitato ha predisposto alcune linee generali per il programma del Congresso, che includerà sessioni plenarie, tavole rotonde, riunioni operative, costruzione di reti internazionali ed eventi paralleli. Nessuno tocchi Caino, grazie alla sua esperienza unica, potrà svolgervi un ruolo importante, in particolare nell’ambito delle iniziative per la prossima Risoluzione sulla Moratoria all’Onu (prevista nell’autunno 2016) e nell’affermare il legame fra abolizione della pena di morte e garanzia dei diritti dei detenuti.

 

(*) Antonio Stango è membro della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (Lidu Onlus) e del Consiglio Direttivo di “Nessuno tocchi Caino” e coordinatore del Congresso mondiale contro la pena di morte per Ensemble Contre la Peine de Mort, con sede a Parigi. Per informazioni e adesioni sul Congresso: [email protected]

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:35