Abbasso Dublino?

Conoscete Dublino? No, non mi riferisco alle vostre sospirate vacanze ma al Trattato omonimo europeo sull’asilo. Sapete come abbiamo recepito noi le direttive europee in materia? Con la peggiore legislazione di tutti i Paesi membri aderenti al Trattato stesso. Ad esempio, la nostra organizzazione sul territorio è polverizzata in una miriade di Commissioni territoriali (pensate alla difformità delle decisioni su casi del tutto simili) che sono il diagramma inverso di tutte le altre strutture europee e che procedono in modo centralizzato e per giurisdizioni specializzate. Questo vuol dire, in particolare, che qui da noi il giudice ordinario, “tuttologo”, che non sa assolutamente nulla sulla materia molto complessa dell’asilo - anche perché le informazioni sui Paesi di origine sono concentrati sull’Easo, l’Ufficio Europeo per il diritto d’asilo, che ha sede a Malta - decide monocraticamente sui ricorsi. I magistrati italiani, infatti, non sono formati ad hoc, come accade in Francia e in altri Paesi Ue, dove c’è una giurisdizione specializzata sull’asilo. A causa della previsione dell’art. 10 della Costituzione, molto spesso i magistrati accolgono “ideologicamente” i ricorsi degli immigrati che non sono stati riconosciuti degni di protezione dalle Commissioni territoriali competenti.

Altrove, avviene l’opposto. Il ricorso alla giurisdizione è del tutto straordinario: esiste una sorta di camera di compensazione extragiurisdizionale delle inevitabili distorsioni e dei possibili errori sulle decisioni dell’autorità competente, affidato a un organo amministrativo di seconda istanza, dove sono membri di diritto organizzazioni di tutela degli asilanti come l’Unhcr. Quindi, punto primo: logica vuole che un controllore mondiale del diritto d’asilo (come l’Unhcr) “non” possa, per nessuna ragione, esserne anche il controllato. E, invece, indovinate un po’? Da noi accade esattamente il contrario e nessuno giuridicamente ha sollevato un’ovvia eccezione di incompatibilità. Non vi sto a dire perché e come, ma il fatto stesso che un elemento supercompetente, come il rappresentante dell’Unhcr, abbia diritto di voto nelle Commissioni rappresenta una torsione inaccettabile del diritto degli Stati a tutelare la propria sicurezza.

Infatti, molte informazioni riservate sui migranti non possono essere messe a fascicolo, perché, con ogni verosimiglianza, si metterebbe a rischio un patrimonio informativo di intelligence, avendo un “estraneo” (il controllore mondiale del diritto d’asilo) competenza a decidere su quegli stessi fascicoli e a valutare, quindi, il loro contenuto. Per di più, il meccanismo stesso di nomina dei membri delle Commissioni, diversi dal rappresentante dell’Unhcr, penalizza i funzionari che rappresentano lo Stato, in quanto nessuno di loro può vantare (anche a causa della rapida rotazione negli incarichi) la piena conoscenza di almeno altre due lingue straniere e una formazione approfondita e pluriennale come i loro colleghi funzionari dell’Onu. L’altra gravissima distorsione viene dai procedimenti farraginosi e complessi della revoca degli status. Praticamente, se un rifugiato riconosciuto delinque, in rarissimi casi l’organo nazionale decide per la revoca e la successiva espulsione.

Da noi la decisione della Merkel di espellere seduta stante i rifugiati che si sono macchiati individualmente delle molestie collettive (certo che è stata una direttiva di Al Baghdadi e company di portare la jihad sessuale in Europa) di Colonia sarebbe di fatto impossibile. Per di più essendo noi sottoscrittori (attenzione: non lo sono né l’Arabia Saudita, né gli Emirati e quasi tutti gli Stati arabi) della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, al momento di esaminare le domande degli asilanti è impossibile per le nostre Autorità di sicurezza interpellare i loro corrispondenti e omologhi nei Paesi di origine, per accertarne l’eventuale pericolosità.

Però l’appello del procuratore nazionale antimafia sull’abolizione del reato di clandestinità va attentamente e a-ideologicamente considerato. Vediamo gli aspetti principali relativi. Punto primo: il differente trattamento (imputato di reato di immigrazione clandestina; persona informata dei fatti; vittima di tratta) dell’asilante può determinare serie conseguenze per l’uso delle dichiarazioni da lui rese, che sono fondamentali per ricostruire le reti del traffico. Questo perché qualora l’asilante venga sentito come imputato può tacere trincerandosi dietro la facoltà di non rispondere, o peggio depistare le indagini. Mentre, viceversa, come persona informata sui fatti, è obbligato a parlare e a dire la verità. Inoltre, evitando di sentire il migrante come imputato lo Stato risparmia, perché non ci sono i costi del difensore d’ufficio nelle fasi delle audizioni e fino alla conclusione del processo.

Punto secondo: l’eventuale pena irrogata non viene quasi mai eseguita perché ovviamente il migrante non ha la possibilità di pagare. Per il procuratore, sarebbe più utile, dopo aver trasformato l’immigrazione clandestina in un illecito amministrativo, conservare il rilievo penale solo per chi viola gli eventuali provvedimenti amministrativi di espulsione (così è in Germania). Tenendo conto che spesso, in un secondo momento, ai migranti può essere riconosciuto lo status di rifugiato. Ecco: questo è vero buon senso. Decidete bene, signori governanti e rivedete alla radice e in fretta la nostra legislazione secondaria sull’Asilo.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:22