La forza nell’unione   di cose diverse

La sintesi giornalistica della bella e ricca Assemblea del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, che si è svolta lo scorso fine settimana e che il tesoriere Maurizio Turco ha avuto il merito di convocare, non ha reso minimamente, neanche attraverso il lodevole tentativo del buon Dimitri Buffa, la realtà molto più complessa del mondo radicale. Ne è venuta fuori una rappresentazione parziale e superficiale del dibattito interno, il primo a cui non ha potuto partecipare fisicamente Marco Pannella. La rappresentazione esterna dei “radicali divisi e litigiosi”... perché non c’è Pannella e la soluzione interna dei “radicali che devono stare uniti”... perché non c’è Pannella, sono entrambe senza consistenza e valore politici.

Litigi e divisioni hanno sempre connotato la storia radicale in presenza e nonostante Marco, il quale ha sempre ritenuto le scissioni un processo fisiologico che non va contrastato, semmai assecondato, in quanto evolutivo e creativo di qualcosa di nuovo e più adatto, come avviene nei processi naturali. “Un litigio non lo si nega mai a nessuno”, amava dire Mariateresa Di Lascia, grande romanziera e grande radicale, di cui sono appena usciti discorsi, interventi e racconti raccolti in un libro straordinario – “Un vuoto dove passa ogni cosa” – pubblicato da Edizioni dell’Asino a cura di Antonella Soldo. Il litigio per lei non era fine a se stesso, ma il segno di un’alta considerazione dell’altro e maieutico nell’altro della parte migliore di sé.

In questi giorni è uscito un altro bellissimo libro – Giordano Bruno maestro di anarchia – scritto da Aldo Masullo per le Edizioni Saletta dell’Uva, che contiene un’epigrafe del filosofo mandato al rogo che trovo perfetta per definire il senso e la visione del Partito Radicale, il suo modo di essere, ma anche per rispondere alla retorica insopportabile dell’unità a ogni costo. “Non è armonia e concordia dov’è unità, dove un essere vuol assorbire tutto l’essere, ma dove è ordine e analogia di cose diverse, dove ogni cosa serve la sua natura”, ha scritto Bruno cinque secoli fa.

L’unità non è un valore, ciò che rende il tutto ordinato e armonico è l’insieme – non la somma – di cose diverse. L’unità è la “ragion di stato” di tutti i partiti “normali” ed è il fine che può giustificare l’uso di ogni mezzo, come è accaduto nella storia italiana dell’Unità nazionale e sta accadendo oggi nel mondo con le coalizioni dei volenterosi contro terrorismo ed emergenze di ogni tipo.

Per essere più espliciti, non può accadere che iscritti e dirigenti di Radicali Italiani prendano la tessera del Partito Radicale come se fosse una “seconda tessera” tal quale quella che continuano a prendere – e ne siamo felici – diversi iscritti al Partito Democratico, Forza Italia, Partito Socialista o Scelta Civica. Verrebbe meno per Radicali Italiani il suo connotato e statuto di soggetto costituente del Partito Radicale.

Come pure non si può accettare che massimi dirigenti di Radicali Italiani, a partire dal segretario e dal tesoriere, continuino a denunciare “il prolungato stato di illegalità statutaria del Partito Radicale”, sol perché non tiene regolari congressi dal 2011, come se la scadenza congressuale fosse di per sé la prova decisiva di “esistenza in vita” di un soggetto politico. È anche un’accusa offensiva nei confronti del Partito Radicale e i suoi iscritti che, a ben vedere, chiama in causa anche coloro che la muovono, perché segretario e tesoriere di Radicali Italiani fanno parte del Senato del Partito Radicale, l’unico organo statutario, oltre agli iscritti, che in assenza di segretario ha la responsabilità di convocare il congresso.

Il fatto è che non si fa il congresso perché il Partito Radicale non è vissuto come un’unione di cose diverse, un tutto che noi costituiamo e da cui siamo costituiti, ma come una roba che si vuole ridurre a unità e magari “assorbire”, come non vorrebbe Giordano Bruno. Ma in tal modo ci si illude che le cose, anche quelle di una singola parte, possano funzionare.

L’esempio sempre vivo di Marco Pannella – non solo la sua testimonianza – la sua visione d’insieme e il modo in cui, nella durata, è riuscito a dar corpo a idee, lotte e obiettivi, sono il nostro patrimonio politico. È un patrimonio essenzialmente immateriale, che attiene all’essere e non all’avere. La roba, gli averi si possono anche ereditare e, quindi, consumare; l’essere, il modo di essere, no.

(*) Segretario di “Nessuno tocchi Caino”

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:58