Sos Stato di Diritto oggi a Ginevra

La battaglia del Partito Radicale Nonviolento e delle organizzazioni non governative “Nessuno tocchi Caino” e “Non c’è Pace senza Giustizia” per la “transizione dalla ragion di stato allo stato di Diritto” e la codificazione del diritto umano alla conoscenza presso le Nazioni Unite effettua un importantissimo passo in avanti. Oggi gli atti che raccolgono il lavoro di questi anni sulla transizione, intitolati “Sos Stato di Diritto” e curati da Matteo Angioli, approdano alle Nazioni Unite a Ginevra. L’evento è occasione per ribadire i valori fondamentali della Carta delle Nazioni Unite e l’importanza dello Stato di Diritto come base su cui costruire società eque, libere e giuste. L'appuntamento consiste in una discussione che analizza il contesto politico e giuridico del “diritto alla conoscenza” in relazione con i diritti umani. Dell’evento ne discutiamo con Elisabetta Zamparutti (nella foto), membro italiano del Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa e tesoriera di Nessuno tocchi Caino, che è tra i relatori.

Tra i punti sostanziali vi è la codificazione in ambito Onu del nuovo diritto umano e civile alla conoscenza. Le fondamenta dello stato di Diritto non possono prescindere da quella sul “diritto alla conoscenza” che, dopo il già riconosciuto “diritto alla verità”, consiste nel diritto di conoscere in quale modo e per quale motivo i governi prendano determinate decisioni che influiscono sui diritti umani, sulle libertà democratiche e sulle scelte di politica internazionale. Può illustrarci meglio le tappe fondamentali di questa battaglia e come si è giunti a questa importantissima iniziativa?

L’origine di questa campagna risiede nella iniziativa “Iraq libero”, parliamo dunque del 2003, quando Marco Pannella concepì e offrì l’alternativa nonviolenta dell’esilio di Saddam Hussein rispetto alla liberazione del Paese dal suo tiranno attraverso l’intervento militare. Sappiamo che l’opzione militare ha prevalso e questo è accaduto soprattutto perché l’opinione pubblica è stata tenuta all’oscuro della possibile soluzione attraverso l’esilio, che aveva una sua concreta praticabilità. Le conseguenze di quell’intervento armato sono oggi sotto gli occhi di tutti. L’Inghilterra ha istituito una commissione d’inchiesta, la Commissione Chilcot, che da tempo indaga su come il Governo Blair sia arrivato a sostenere e abbia giustificato la guerra contro Saddam. In questi anni abbiamo continuato a ricercare attraverso conferenze, pubblicazioni ed iniziative che hanno portato oggi alla creazione del Global Committe per lo Stato di Diritto, presieduto dall’ambasciatore Giulio Maria Terzi, guidato da Matteo Angioli con la presidenza d’onore di Marco Pannella.

Recentemente l’ambasciatore in Italia del Marocco Hassan Abouyoub ha dichiarato: “La vera sfida è far emergere delle forme di governo diverse, in parte democratiche e non corrotte, aperte al rispetto dei diritti umani sia individuali che collettivi, che possano offrire un livello minimo di governance migliore di quella che offre oggi l’Isis”. Emerge a livello transnazionale la necessità dell’affermazione dello stato di diritto in contrasto sia all’emergere globale di visioni securitarie e emergenziali che al diffondersi del terrorismo. Un processo che sta attanagliando anche l’Europa e la visione europeista. Come arginare tale fenomeno?

Si tratta di far vivere quell’insieme di principi e meccanismi, come definiti dalle principali organizzazioni internazionali, Nazioni Unite e Consiglio d’Europa in primis, costitutivi dello Stato di Diritto e dei Diritti Umani. In questo risiede una visione di cui dobbiamo farci forti e a cui dobbiamo guardare per uscire dal meccanismo senza fine e senza speranza dello schema azione-reazione. Questo è particolarmente importante oggi quando di fronte alla violenza dell’estremismo e del terrorismo tutti sembrano voler dichiarare lo stato d’emergenza e molti Governi sono pronti a sopprimere i diritti umani, in particolare quelli degli altri, con politici che considerano i principi propri dello Stato di Diritto come qualche cosa di irrealistico. Invece ogni stato di emergenza deve essere un’estensione dello Stato di Diritto, non la sua abrogazione!

L’attualità del terrorismo è transnazionale e soltanto una risposta che sia anch’essa transnazionale può produrre risultati all’insegna del recupero dei valori democratici e rispettosi dei diritti umani. Che compito possono svolgere le Nazioni Unite in questo ambito e di quali sostanziali riforme necessità l’Onu?

Il rafforzamento dello Stato di Diritto deve essere una componente essenziale delle risposte all’estremismo violento” ha recentemente affermato il segretario generale dell’Onu nel suo piano d’azione. Questo significa che dobbiamo superare la dicotomia in cui siamo immersi tra il piano della sicurezza e quello dei diritti umani, perché invece questi piani sono complementari e si rafforzano reciprocamente. Esistono, sul piano internazionale, trattati, risoluzioni, raccomandazioni sullo Stato di Diritto e i diritti umani che però restano poco conosciuti e spesso mancano della traduzione sul piano interno, marginali nei dibattiti pubblici anche all'interno dei cosiddetti Stati democratici. È vero che questi strumenti e meccanismi internazionali si scontrano con poteri e burocrazie nazionali resistenti al cambiamento, soprattutto del loro modo di pensare, con la mancanza di risorse per l’attuazione e con un’opinione pubblica negativa. Proprio per questo dobbiamo cercare di assicurare maggior coerenza tra gli strumenti propri dello Stato di diritto, voglio dire i diritti umani, la sicurezza, l'assistenza umanitaria, ma anche, non dobbiamo mai dimenticarlo, lo sviluppo sostenibile.

Il processo di “democrazia reale”, descritto da Marco Pannella, è in rapida evoluzione in tutto il Continente europeo: la costituzionalizzazione dell’emergenza in Francia e Germania, le inchieste sulla guerra in Iraq in Gran Bretagna, i muri in Austria, il ritorno della paura nei Balcani e il caso di Giulio Regeni che rimette in discussione i rapporti diplomatici tra Egitto e Italia. Che risposta giuridica si potrebbe avanzare per affermare valori democratici e rispettosi dei diritti umani?

Il nostro prioritario obiettivo di riforma è non solo e non tanto il “Diritto alla Verità”. Noi vogliamo concepire anche e, soprattutto, il “Diritto Umano alla conoscenza”, che è cosa ben diversa, perché è, non solo, il diritto di sapere quel che lo Stato fa per conto dei cittadini in nome dei quali governa, è anche, soprattutto, il frutto creato dal dialogo, dal confronto tra persone e opzioni diverse. L’assonanza che ricorda sempre Marco tra connaissance (conoscenza) e co-naissance (co-nascita) è perfetta per spiegare la forza creativa propria del dialogo, del nuovo che possiamo, appunto, far nascere insieme.

La conferenza di oggi ospita relatori di massimo spessore nel ramo della diplomazia e della statualità. Numerosi i rappresentanti presso le Nazioni Unite, tra i quali Patricia O’Brien, rappresentante permanente d’Irlanda presso l’Onu a Ginevra, Jorge Lomonaco, rappresentante permanente del Messico presso l’Onu a Ginevra, Mohamed Auajjar, rappresentante permanente del Marocco presso l’Onu a Ginevra, Esther Van Nes, consigliere giuridico della Missione Permanente del Canada presso l’Onu a Ginevra, Gianni Magazzeni, capo del Dipartimento Americhe, Europa e Asia Centrale dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, Giulio Terzi di Sant’Agata, ambasciatore, già Rappresentante d’Italia all’Onu a New York, già ambasciatore negli Stati Uniti d’America, già ministro degli Esteri e Maurizio Enrico Serra, rappresentante permanente d’Italia presso l’Onu a Ginevra. Cosa aspettarsi dalla conferenza e quali pensa che siano gli sviluppi successivi da intraprendere?

Questo incontro a Ginevra è un altro passo importante nel rafforzamento della campagna per lo Stato di Diritto e il riconoscimento del diritto alla conoscenza come ben esemplificano la partecipazione di ambasciatori di Paesi di ogni continente e la presenza anche di alti esponenti dell’ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani. Si tratta di elevare la riflessione e rafforzare il sostegno ai nostri obiettivi a partire dall’estensione delle adesioni al Global Committee per poter giungere in tempi brevi all’incardinamento in ambito alle Nazioni Unite di strumenti che sanciscano un obbligo per gli Stati di riconoscere il diritto alla conoscenza.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55