Grandinata renziana   di promesse elettorali

A pochi giorni da una significativa elezione amministrativa, vero banco di prova per testare il referendum sul guazzabuglio del nuovo “Senatino” della Repubblica, il Premier Matteo Renzis sta facendo cadere sulla testa degli italiani grandinate di promesse elettorali.

Ovviamente, dato che viviamo sempre più in un Paese per vecchi, o giovani invecchiati che dir si voglia, e che l’enorme platea dei pensionati risulta essere la più affidabile sul piano dell’affluenza ai seggi, era inevitabile che il grande venditore di fumo che occupa la stanza dei bottoni concentrasse la sua attenzione su costoro.

Rispolverando la bacchetta magica del bonus di 80 euro, il partigiano Renzi ha promesso di applicarlo almeno sulle pensioni minime, ma senza specificare alcun dettaglio sui tempi e sui modi. Inoltre ha ribadito che il suo Esecutivo sta valutando di rendere operativo il cosiddetto Ape, acronimo che sta per anticipo pensionistico. In quest’ultimo caso si tratterebbe di aprire un’ulteriore finestra per mandare a riposo un congruo numero di lavoratori con una piccola decurtazione del vitalizio. Ed allo scopo di rendere ancor più visibile questo rinnovato interesse per i voti dei pensionati, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha convocato un tavolo di discussione sul tema previdenziale con il soviet sindacale di Cgil, Cisl e Uil, così da ammantare di ufficialità le chiacchiere in libertà del Presidente del Consiglio.

Ovviamente, dopo aver ampiamente raschiato il fondo del barile della cosiddetta flessibilità – il che tradotto non significa altro che aumento del deficit annuale e del debito statale – i margini per uscire dal campo delle promesse a vuoto, rendendo concrete le asserzioni di Renzi, non ci sono. Tant’è che proprio in tema pensioni, in cui ricordo che l’Italia spende oltre il 17 per cento del Prodotto interno lordo, è di pochi giorni l’ammonimento del Fondo Monetario Internazionale, espresso nei confronti del Governo, di non minare la stabilità dei conti pubblici, smantellando la Legge Fornero. Tutto ciò, inoltre, va inquadrato in prospettiva 2017, quando l’Europa ci obbligherà a rientrare nei parametri ampiamente sforati in questi oltre due anni di Governo dei miracoli. Anche perché gli irripetibili aiuti derivati da una congiuntura estremamente favorevole (crollo delle materie prime e dei tassi d’interesse) non potranno sorreggere all’infinito un primo ministro che continua a promettere pasti gratis per tutti, senza minimamente preoccuparsi di una coperta economico-finanziaria dannatamente sempre più corta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:03