A Porto Cervo le abluzioni che si fanno prima delle preghiere islamiche, effettuate tutti i giorni all’ora di pranzo nei bagni pubblici del porto, rischiano di innestare uno scontro di civiltà tra ricchi residenti e vucumprà. Come se non bastassero gli allarmi per il terrorismo nei porti di mezza Italia, in quello di Porto Cervo, una delle località balneari più esclusive della Sardegna, si rischia di cadere nel grottesco.
Di fatto quest’anno i bagni pubblici della zona est del porto sono chiusi tutti i giorni dalle 12 alle 16. Giusto quelle in cui gli ambulanti pakistani di religione islamica erano soliti andarsi a lavare mani, gomiti, orecchie e piedi nei lavandini e nelle docce prima di iniziare la preghiera delle 15. Un rito che evidentemente dava fastidio ai residenti e ai proprietari di barche. Anche se il rimedio sembra peggiore del male visto che nessuno in quelle ore può recarsi ai cessi neppure per orinare. Laconica la Capitaneria di porto, che ammette che tale chiusura è dovuta “non di certo all’allarme terrorismo, per carità non alimentiamo il panico”, ma al fatto che “molti proprietari di barche di case della zona si sono lamentati degli extracomunitari che proprio all’ora di pranzo vanno a lavarsi lì e lasciano sempre in disordine”.
La faccenda, per quanto un po’ odiosa, mette in burletta la psicosi paranoide che sta prendendo un po’ tutti per i continui attacchi dell’Isis in Europa e per le reiterate minacce all’Italia, porti e luoghi d’arte compresi. Il rischio però è quello di alimentare il più classico degli scontri di civiltà: quello che divampa “per futili motivi”.
La goccia che ha fatto traboccare il water? Sarebbe caduta ai primi di agosto quando, quando, oltre ai disagi lamentati dai ricchi, si è, per puro caso, rotta la tubazione dei gabinetti. La famosa “canna del cesso”. Che ricorda tanto la battuta dello sketch televisivo con Carlo Dapporto (“Che è successo? Si è rotta la canna del cesso”).
@buffadimitri
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:01
