I nemici della patria   aiutati dal sisma

Possiamo agevolmente definire il tempo del dopo-sisma come i “giorni dello sciacallo mediatico”. Perché tre soggetti stanno strumentalizzando il disastro per trarne benefici consensuali.

Il primo di questi è Matteo Renzi che, grazie al suo staff, è riuscito a trasformare su giornali e tivù l’evento nefando in una campagna mediatica che definisce coralmente Super Matteo come “il primo Presidente del Consiglio che ha incarnato la solidarietà nazionale”. Francamente, a ben guardare la cosa, ci sembra solo una boiata pazzesca. Anzi, una sorta di manovra mediatica subdolamente utile a riportare sul banco degli imputati i governi precedenti. L’alchimia malevola emerge tutta nelle trasmissioni televisive che, invece di raccontare la realtà colpita recentemente dal sisma, tornano a processare chi ha governato l’Italia nei giorni del terremoto a L’Aquila. Ovviamente tutto viene unto di vaselina, grazie alla stampa di regime che intervista ignari montanari, tutti intenti a ringraziare Renzi per quanto sono stati celeri i soccorsi.

Il clero è il secondo soggetto che sta mietendo consensi grazie al sisma: valgano da esempio le parole del vescovo di Rieti che, più papista di Papa Francesco, s’è scagliato nell’omelia funebre contro l’edilizia, le opere dell’uomo, la diavoleria di chi desidera una casa grande, bella e confortevole. Il clero rammenta che, se l’uomo vivesse in capanne, tende e grotte, seguendo l’esempio di Giuseppe e Maria, non correrebbe il rischio di finire sotto le macerie. Un assist micidiale a certi soggetti (evitiamo di nominarli onde evitare querele) che hanno auspicato la convivenza di terremotati ed extracomunitari (profughi e clandestini) in una grande tendopoli, di modo che si possa così costruire l’integrazione. Sorge il dubbio che il piano sia estensibile a tutto lo Stivale, ovvero abbellire le periferie demolendo i palazzi, nel frattempo gli italiani socialmente svantaggiati alloggerebbero in grandi campi tenda, in compagnia di profughi d’ogni etnia del pianeta. Per suggellare questo nefando progetto i nemici della Patria hanno detto che “questa convivenza eviterebbe il radicarsi del razzismo nelle generazioni future”. Che belle parole, peccato che nei campi profughi non potranno mai finirci quelli che vivono nei quartieri eleganti, perché l’opera di demolizione e rinnovamento riguarderebbe le sole periferie.

Il terzo soggetto che sta mediaticamente rinvigorendosi è la magistratura che, grazie al terremoto, può nuovamente lanciare strali contro l’impresa e la politica, l’edilizia e il famigerato “poco controllo del territorio”. Naturalmente in tutto questo brodo s’è tuffata di testa l’Autorità Anticorruzione. Peccato che nessuno abbia rammentato come nei paesi duramente colpiti centrino ben poco la grande politica e le speculazioni edilizie. Infatti Amatrice, con le sue più di sessanta frazioni, è l’esempio d’uno strapaese che tutti hanno tollerato. E perché in quelle frazioni tantissima gente campava di turismo di passo e povero. Tra le case crollate c’erano molte a cui i proprietari avevano aggiunto vani e tettoie per farci pensioncine e camere ammobiliate, con attigua trattoria casereccia. E chissà quanti preti, magistrati e politici si son rimpinzati e vi hanno pernottato, anche in simpatica compagnia. Poi è arrivato il terremoto e gli italiani ben posizionati, da buoni moralisti, oggi vogliono radere al suolo il Paese, nel nome di una “edilizia qualificata che s’integri con l’architettonicamente bello”.

L’Italia non è più un Paese per poveri, parola di Renzi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:04