La realpolitik del Papa  riservata al Dalai Lama

“Pechino val bene una marcia”. Il Dalai Lama non sarà tra i quattrocento leader religiosi, mufti e imam islamici compresi, che avranno l’onore di partecipare il prossimo 9 ottobre alla “Marcia della pace” da Perugia ad Assisi. Questioni di realpolitik tra Cina e Vaticano che Papa Bergoglio, con buona pace di tanti discorsi barricaderi e terzomondisti, non ha ritenuto di sacrificare per ragioni di principio.

Come ricevere il massimo leader dei buddisti tibetani viventi. In esilio dal 1949, cioè da quando la Cina si è di fatto impossessata del Tibet. A dare il ferale annuncio qualche giorno fa in un’intervista ad “Asia news” è stato lo stesso segretario personale del Dalai Lama, Tenzin Talkha, con una nota ufficiale da Bruxelles, dove si trovava in missione per conto del leader spirituale buddista. Silenzio assordante anche dai buonisti della Comunità di Sant’Egidio che organizzano insieme ad altre associazioni la “Perugia-Assisi” fin dal lontano 1986, quando Papa Giovanni Paolo II volle rilanciare questa iniziativa di pace. Da allora i leader di tutte le religioni si ritrovano nella prima settimana di ottobre a pregare insieme per la pace nel mondo e contro i signori della guerra ed i “mercanti di armi”, che proprio Papa Francesco demonizza a giorni alterni dipingendoli come la causa di ogni male del mondo. A cominciare dal “terrorismo internazionale”. Visto che lui l’aggettivo “islamico” non lo pronunzia neanche per sbaglio. Specie se associato al sostantivo terrorismo.

Ebbene, quest’anno mancherà proprio il Dalai Lama, che dell’odio repressivo di uno dei Paesi che vende e compra di più le armi in tutto il globo emerso, cioè la Repubblica popolare cinese, è sempre stato il simbolo vivente di tante vittime della repressione interna. Il Dalai Lama da anni aveva scelto una posizione più soft rispetto ai cinesi: non pretendeva più l’indipendenza del Tibet, ma si sarebbe accontentato di una autonomia e della libertà, insieme a quella di tutto il “popolo han”, come amava ripetere al suo grande amico Marco Pannella ancora poche settimane prima dell’aggravarsi della sua malattia e della morte. Pannella ha sempre citato la ragionevolezza del Dalai Lama in materia come esempio per tanti altri popoli oppressi che tuttora si illudono di conquistare l’indipendenza con la guerriglia e il terrorismo. Ma tutte queste considerazioni di fronte alla politica di avvicinamento tra il Vaticano e Pechino, che peraltro ha creato non pochi malumori anche con l’arcivescovo di Hong Kong, per una volta sono state messe da parte dalla Segreteria di Stato e dallo stesso Pontefice.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:58