Nessuno tocchi Caino: liberate Mohammadi

È stata la più stretta collaboratrice di Shirin Ebadi, l’iraniana premiata col Nobel per la pace per il proprio impegno nei “civil and human rights”. E magari anche per difenderla dall’ira degli ayatollah.

Ma oggi l’avvocatessa Narges Mohammadi si trova nel carcere lager di Evin con 10 anni di carcere da scontare, accusata falsamente di tramare contro l’Iran. L’ultima condanna risale allo scorso maggio e dopo inutili pressioni internazionali su Teheran adesso è “Nessuno tocchi Caino”, una delle più importati associazioni della galassia che fa capo al Partito radicale transnazionale, a lanciare un appello alle Nazioni Unite affinché la donna, che è anche malata, sia liberata.

Quando fu arrestata su di lei uscì un articolo sul Corriere della Sera in cui si leggeva tra l’altro che “Mohammadi aveva difeso sei prigionieri curdi sunniti che sono stati impiccati l’anno scorso in Iran per ‘moharebeh’ (guerra contro Dio). Erano stati condannati per aver ucciso un leader religioso sunnita vicino alle autorità, ma loro negavano. Ora è lei ad essere stata condannata con l’accusa di pianificare crimini contro la sicurezza dell’Iran, diffondere propaganda contro il governo e formare e gestire un gruppo illegale. Il gruppo in questione è Legam, un movimento pacifista per l’abolizione ‘passo dopo passo’ della pena di morte”.

“Nessuno tocchi Caino” e il suo segretario Sergio D’Elia adesso chiedono al governo italiano di salvare l’avvocatessa iraniana dei diritti civili da un’ingiusta pena detentiva, che oltretutto mette a rischio la sua stessa salute. Secondo D’Elia “in realtà, è il suo impegno militante che si vuole sopprimere con la detenzione e tutta una serie di vessazioni, come l’impedimento di contattare telefonicamente i suoi due figli gemelli di nove anni che vivono a Parigi, e con tutte quelle violazioni dei diritti umani che contraddistinguono le condizioni di detenzione di tutte le prigioniere politiche con cui lei è ristretta nel carcere di Evin, come la negazione di cure mediche e ricoveri ospedalieri, le limitazioni al diritto di visita ed una nutrizione scarsa ed inadeguata”. “Siamo sconvolti dalla permanenza in carcere di Narges Mohammadi”, gli fa eco Elisabetta Zamparutti, tesoriere di Nessuno tocchi Caino, spiegando che la donna “il 19 settembre scorso ha presentato appello contro l’ultima sentenza di condanna del maggio scorso al carcere. Consideriamo inaccettabile che l’Iran, già primatista mondiale per numero di esecuzioni rispetto alla popolazione - continua la Zamparutti - arrivi addirittura a perseguitare in forme così violente chi si impegna per la difesa dei condannati a morte. Sappiamo che il ministro Gentiloni ha fatto presente, durante la recente visita in Italia di Mohammad-Javad Larijani, segretario generale del Consiglio iraniano per i diritti umani - prosegue Elisabetta Zamparutti - la contrarietà dell’Italia all’uso della pena di morte in Iran - fatto peraltro totalmente censurato dalla stampa iraniana - e proprio per questo riteniamo che il nostro Governo debba unirsi alle voci della Comunità internazionale che chiedono la liberazione di Narges Mohammadi, e degli altri nelle sue condizioni, cogliendo anche l’occasione dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.”

Chissà, magari qualcuno dovrebbe rammentare questa vicenda anche a Barack Obama, John Kerry ed a tutto l’entourage democratico Usa. Che con l’Iran ha voluto iniziare forse troppo presto la stagione del disgelo e dello “sdoganamento”.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:01