De Rita parla d’incertezza, noi ci vediamo il rischio ’48

Le immagini di folle brasiliane e venezuelane, che assaltano i ministeri dei rispettivi Paesi, stanno facendo riflettere non poco l’alta dirigenza di Stato italiana.

È ormai forte anche in Italia il timore che l’insofferenza dell’uomo della strada possa tramutarsi in gesti violenti presso le pubbliche amministrazioni. Per questo motivo le varie sedi di strutture come Equitalia, Agenzia delle Entrate, Inps, ministeri ed enti vari sarebbero presidiate da un numero imprecisato di agenti in borghese di polizia e carabinieri, senza contare l’impiego della polizia locale presso gli uffici con funzione erariale di comuni e regioni. Proprio i dirigenti di Stato avrebbero chiesto al ministro dell’Interno che venga garantita maggiore sicurezza onde evitare le intemperanze della cittadinanza.

Cittadini contro Stato e viceversa? Sembrerebbe questa la sostanza della nuova sfida che potrebbe palesarsi già dai primi di giugno, e perché in troppi non hanno di che pagare le cartelle esattoriali, l’Imu, la Tasi e tutte quelle scadenze del prossimo mese. Secondo i dati della Commissione di indagine “Sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva”, guidata lo scorso anno da Enrico Giovannini (ex ministro del Lavoro ed ex presidente dell’Istat), l’evasione dell’Imu è pari a 5,268 miliardi di euro l’anno. Stima che hanno ottenuto con un calcolo che media tra Imu teorica (quella attesa dal patrimonio immobiliare italiano, di 19,391 miliardi) e quella versata effettivamente (pari a 14,124 miliardi). Lo scarto, pari al 27,2 per cento, rappresenta l’evasione stimata, pari appunto a 5,268 miliardi. Ma ironia della sorte ad evadere l’Imu sono sempre più imprenditori e cittadini non in grado di far fronte alla spesa corrente, che non ottemperano alle manutenzioni degli immobili per mancanza di risorse economiche. Proprio su questa tipologia di proprietari che lo Stato opera l’accanimento fiscale, obbedendo ai dettami Ue che vorrebbero diminuisse la percentuale di italiani proprietari di casa: attualmente il 73 per cento è proprietario degli immobili, mentre in Germania il 52, e l’Ue vorrebbe che i proprietari di casa in Italia scendessero sotto il 50 per cento. Una pretesa arbitraria, che rischia di esacerbare gli animi dei contribuenti. Di fatto in Italia ci sono meno soldi in circolazione perché il 18 per cento degli italiani benestanti ha abbandonato fiscalmente l’Italia, trasferendosi all’estero insieme alla propria attività e professione. Così s’è contratta la base imponibile, ovvero il numero reale dei contribuenti. Questo ha portato l’innalzamento delle tasse sul ridotto numero dei contribuenti. Intanto gli italiani pagano a rate, anche per piccoli importi, i propri debiti col Fisco. Ogni anno (dal 2013 al 2016) Equitalia ha concesso 398mila pagamenti dilazionati delle cartelle (per ogni annata) e per un ammontare di oltre 2,9 miliardi: più del 50 per cento delle riscossioni è avvenuto tramite pagamento a rate delle cartelle. Il 71 per cento delle rateizzazioni riguarda debiti fino a 5mila euro, il 26 per cento tra 5mila e 50mila euro e il 3 per cento oltre 50mila euro.

Le dilazioni sono oggi lo strumento più utilizzato dai contribuenti per fare fronte al pagamento delle cartelle: complessivamente dal 2008, anno in cui le rateizzazioni sono diventate di competenza di Equitalia, ne sono state concesse 2,2 milioni per un ammontare di 24,7 miliardi di euro. E c’è anche la possibilità di ottenere un piano straordinario di rateizzazione fino a 120 rate (in 10 anni), mentre in precedenza il limite era quello del piano ordinario di 72 rate.

Ma la grave e comprovata situazione di difficoltà economica, estranea alle responsabilità contribuenti, spesso non permette al cittadino di far fronte nemmeno al pagamento delle rate. L’italiano medio ad oggi è il più indebitato d’Europa verso la pubblica amministrazione. I vertici dell’Ue  chiedono che l’Italia non perda tempo, rivedendo le leggi che impediscono il pignoramento della prima casa. Anzi si chiede che lo stato assicuri più beni pignorati ad aste, banche e fondi vari. Poco importa a chi orbita tra Strasburgo e Bruxelles che in Italia oggi i senza tetto abbiano raggiunto la stessa percentuale dell’ultimo dopoguerra. La sensazione è che la politica, mal consigliata dalla burocrazia, possa credere la gente comune non in grado d’emulare gli esempi brasiliani e venezuelani. Del resto gli addetti ai lavori hanno già appellato come innocui i risparmiatori truffati dalle banche: da tradursi come troppo avanti negli anni (anziani e pensionati) da poter usare violenza contro il padre della Boschi e i suoi compari. Ma un altro calcolo evidenzierebbe che circa la metà dei disoccupati non fuggiti all’estero potrebbero optare per un ribaltamento vivace dei poteri. A questo va aggiunto che, obtorto collo, con l’entrata a pieno regime di “Basilea 4” le banche non potranno più erogare prestiti e mutui in Italia, e perché dovranno obbligatoriamente concentrare gli investimenti nelle cosiddette “zone ricche d’Europa”, riservando alle zone povere la sola “raccolta di danaro”.

Ecco che l’Ue confida venga scoraggiata in Italia anche la concessione di prestiti per pagare le tasse: ovvero a chi non ce la fa che venga pignorato il patrimonio. Secondo certi l’insofferenza degli italiani sarà sempre più estemporanea ed a macchia di leopardo, ovvero non sfociabile in rivolte ma solo in gesti di singoli. Secondo il sociologo Giuseppe De Rita “le ultime riforme sono state fatte sempre per regolamentare il rapporto tra lo Stato-pagatore e il suo personale; ma non è mai stato messo all’ordine del giorno il problema vero: il rapporto tra popolo e amministrazione”.

“L’italiano medio, normalmente, si guadagna il pane giorno per giorno - spiega De Rita - Vale per l'artigiano, l'operaio, l'imprenditore, l'uomo dell'economia sommersa: tutti quanti. L'invidia verso chi è ‘garantito per tutta la vita’, con un ritmo quotidiano scandito, è ormai centenaria. Quando gli impiegati piemontesi hanno trovato nella nascente Italia i braccianti locali della mezzadria, hanno trovato gente dai futuri incerti. Ancora oggi la maggior parte di noi vive nel quotidiano e nell'incertezza. La parola ‘incertezza’ - sottolinea il sociologo - è il vero fondale di riferimento di tutti noi. E se uno è più certo di me, faccio fatica a volergli bene. Malgrado gli impiegati pubblici siano stati sempre più sottoposti alla paura dell'incertezza, resta negli altri l'idea che il 27 del mese per loro lo stipendio arriva. Sedimentata da 170 anni, è difficile da cambiare”.

E allora a chi potrebbe somigliare un futuribile rivolta del popolo che non accetta di migrare, d’abbandonare l’Italia? Forse i moti del 1830, inscenati dai popoli europei che avevano viste le aspettative di democrazia e giustizia tradite dai primi governi autoritari e di matrice finanziaria della nostra storia moderna e quasi contemporanea. E calzerebbero a pieno le motivazioni di oggi con quelle del 1848, moti che ebbero una carica maggiore rispetto al biennio 1830-'31: erano frutto delle necessità della popolazione. I nostri antenati non chiedevano una libertà solo politica, ma anche un'uguaglianza sociale ed economica, tenuto conto che la crisi del 1846 aveva creato un divario sociale degno del 1700. Ieri come oggi è insostenibile per la fascia più umile di cittadini europei far fronte al fabbisogno della macchina statuale.

 

Aggiornato il 25 maggio 2017 alle ore 22:09