Vendetta proporzionale

Sembrerebbe una variante di “occhio-per-occhio” e, in effetti, lo è. In termini elettorali equivale a dire che sono i grandi a vendicarsi dei loro piccoli traditori. Esentasse. Paga pegno di potere solo chi perde (decimato dalla tagliola del 5 per cento), mentre i vendicatori aumentano il loro bottino, attingendo all’acquasantiera clientelare dei primi.

Lo schieramento è chiaro: i fratelli-coltelli Berlusconi-Alfano, per il centrodestra, e Renzi-Bersani, per il centrosinistra. Meloni, scissionisti e sinistra-sinistra si ritroveranno, quindi, in reciproca imbarazzante compagnia. Ergo: faranno di tutto per non andare al macello elettorale prossimo venturo. Già: ma che tipo di ricatti avranno da fare sul Governo Gentiloni e sulla segreteria del Partito Democratico, o sul Dominus di Arcore? Lo sa solo Iddio. Renzi potrà, noblesse oblige, chiedere e ottenere il soccorso temporaneo di Forza Italia, appellandosi al senso di responsabilità di Berlusconi & Co., per votare in piena sicurezza la manovra finanziaria d’autunno, in modo da evitare l’attacco speculativo internazionale al debito italiano e l’inevitabile castigo di Bruxelles che esigerebbe un catastrofico (per noi) aumento riparatore dell’Iva.

Quindi, ne rimarranno, grosso modo, solo quattro di grandi formazioni politiche dotate di robuste rappresentanze parlamentari, ovvero: Pd, M5S, Forza Italia e Lega (quest’ultima, prevedo, rafforzata dalle retrovie elettorali di Fratelli d’Italia). Dopodiché, a elezioni avvenute secondo la regola e l’assai improprio riferimento al modello tedesco, quale sarà la possibile combinazione vincente a due, tenuto conto delle quattro caselle partitiche di cui sopra? Si creeranno nel dopo-voto le condizioni per una “Grosse Koalition” alla tedesca? Dico la mia: a due “nessuna”, perché stavolta la partita è molto più seria di quanto si potrebbe supporre. Il discrimine vero è tra populismi e anti-populismi, rappresentati dai rispettivi binomi di Pd-FI e Lega-M5S. Anche se esiste una ben più sofisticata distinzione tra populismi di destra e di sinistra. Si veda in merito la brillante analisi di Luca Ricolfi nel suo recente saggio “Sinistra e Popolo - Il conflitto politico nell’epoca dei populismi” (Longanesi, 2017). Ai comuni mortali, però (finanza speculativa mondiale in prima linea), interessa sapere qualcosa di più sulla stabilità che verrà, dato che l’Italia ha un’esperienza assolutamente devastante di Governi di mezza stagione, nati (spesso morti) durante mezzo secolo di proporzionale pura.

Ovvio che tutto dipenderà dalla scelta degli elettori nell’assegnare il boccino della maggioranza relativa, il cui leader designato si vedrà conferito dal capo dello Stato, a norma di Costituzione, l’incarico provvisorio di formare il nuovo Governo. Giurerei che, fin da ora, Grillo faccia gli scongiuri che non tocchi proprio a lui muovere per primo pedine che non ha, dato che non sta in piedi la storiella di andare da soli, facendosi votare di volta in volta in Parlamento i propri progetti di riforma, mettendo assieme per l’occasione maggioranze modulari con “Chi ci sta”. Un simile, catastrofico modello creerebbe soltanto un mercato delle vacche permanente e destabilizzante, vista la palese infedeltà di Partiti e parlamentari eletti a rispettare la parola data, in quanto il reticolo fluido e magmatico delle convenienze e degli opportunismi ha il suo tempo di misura in giorni e non in anni (almeno cinque, per terminare in una direzione comune solidale e coesa la prossima legislatura). Certo, vale la metafora di sempre “Indovinala Grillo!”, che però è ben conosciuto nel mondo politico internazionale come un bravo comico sottratto al teatro per la politica. Quella italiana è ben vero che fa ridere, ma fino a un certo punto. L’Italia fa pur parte del G7, che rappresenta i sette Paesi più industrializzati dell’Occidente, Giappone incluso.

Tra l’altro, come si poteva ben immaginare, il tedesco-italiano come ibrido modello elettorale grida ampia vendetta per le disparità insanabili presenti nei due sistemi costituzionali di Germania e Italia, in cui tra l’altro la prima ha un ferreo grimaldello contro le crisi al buio rappresentato dalla sfiducia costruttiva. Ovvero: dentro la legislatura corrente può essere sfiduciato un Governo in carica solo e soltanto se ne è pronto un altro, sostenuto da una nuova maggioranza parlamentare. Temo che con il nostro piccolo, futuro Frankenstein elettorale si vada a finire nella più pura ingovernabilità del sistema. Ma, per come la vedo io, non solo le buone regole a fare i galantuomini, ma esattamente il contrario!

Aggiornato il 30 maggio 2017 alle ore 22:45