Magistrati: un altro partito in crisi, ma...

Leggo in uno dei soliti articoli di “Antimafia 2000” del guru Giorgio Bongiovanni (22.4.2018) che l’ex presidente della Sezione Fallimentare del Tribunale di Vicenza, il magistrato Antonio Mirenda, in un’intervista rilasciata in occasione della presentazione di un suo libro (dal titolo inequivoco: “Palazzo di ingiustizia”) ha affermato che il Consiglio Superiore della Magistratura oramai è venuto meno alle sue funzioni istituzionali e costituzionali, poiché “non vi siedono soggetti distaccati ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici, utilizzando metodi mafiosi”.

La dichiarazione, che pare non sia stata respinta con pari fermezza da tutte le correnti dell’Associazione Nazionale Magistrati ha indotto un ex componente laico del Csm, parlamentare di Forza Italia, a chiedere al ministro della Giustizia di esercitare contro il magistrato in questione l’azione disciplinare. L’espressione usata dal dottor Mirenda è in realtà inconsueta nelle polemiche interne alla magistratura. Ma non altrettanto nel linguaggio usato da un certo gruppo di magistrati quando si riferiscono ad altri organi e personaggi delle Istituzioni dello Stato. La stessa “Antimafia 2000” è zeppa di tali aggressive espressioni e conclusioni.

Più o meno allo stesso tempo, il “Cittadino di Cento Città”, il magistrato Nino Di Matteo, parlando della “sua” sentenza di Palermo si è scagliato contro l’Anm e contro il Csm che non avrebbero “difeso” il processo della Trattativa.

È inutile entrare nel merito di queste baggianate. Ma sembra proprio che anche nel Partito dei Magistrati serpeggi l’insofferenza, lo spirito litigioso, la tendenza alle contrapposizioni e agli scismi. Dovremmo rallegrarcene? Dovrebbero rallegrarsene i partiti in lizza per la formazione del Governo? Non credo che questo reciproco azzannarsi di magistrati comunque impegnati a travalicare i limiti delle loro funzioni e del ruolo costituzionale della giurisdizione possa preludere alla fine della devianza della magistratura e della giustizia. Anzitutto va rilevato che l’insofferenza, il ribellismo, sono espressi da quelli tra i magistrati che vorrebbero che il debordare della cosiddetta “giustizia” fosse più netto e aggressivo, che invocano che i pochi paletti oramai residuati attorno alle loro malefatte vengano abbattuti.

In secondo luogo la maggioranza dei magistrati, i “moderati” sono ben decisi a difendere e coltivare a fondo il debordare complessivo e compatto della magistratura e non danno segno di adeguate reazioni alle stoltezze ed alle velleità eversive manifeste dei loro colleghi “estremisti”. Intanto il minuetto delle consultazioni, degli incarichi esplorativi, dei “pre-incarichi”, il viavai con il Quirinale continua. Si è parlato mai di giustizia? Di eversione giudiziaria? Ci mancherebbe altro! Nessuno pare che senta da quell’orecchio!

Aggiornato il 24 aprile 2018 alle ore 18:26