Noi siamo garantisti

Egregio professore, lei ha voluto far sfoggio di cultura al Senato, arricchendo il suo discorso con citazioni alte di grandi sociologi, scrittori, filosofi, insomma intellettuali. Bene, sommessamente e dalla molto più piccola nostra dimensione ci permettiamo di suggerirle un approfondimento, magari, dell’Ottocento liberale, ad esempio Benjamin Constant. Per non parlare del fatto che lei, da fine giurista, accademico del diritto, conoscerà meglio di tutti, Guido De Ruggiero, oppure più vicino nel tempo, Giovanni Sartori.

Veda professore, sbaglieremo, ma il diritto per noi nasce e cresce per affermare il principio di garanzia e non di intimidazione, così come la galera rappresenta l’ultimo ed estremo anello di un percorso giudiziario, piuttosto che uno spauracchio terrorizzante da sbandierare. Insomma con ogni rispetto, quando sentiamo seppure velatamente, oppure per sbaglio, o ancora per cattiva interpretazione, odore di “Vyšinskij”, qualche pensiero ci viene. Ieri al Senato, in alcuni passaggi, lei ha paventato il ricorso alla galera, all’allungamento della prescrizione, alla costruzione di carceri e all’introduzione di agenti provocatori, con un’enfasi tale che, ci scuserà, sorprende assai.

Sia chiaro, noi siamo assolutamente con lei sulla certezza della pena, sulla celerità dei processi, sulla lotta totale alla corruzione e sul rispetto della cosa pubblica, ma di qui a un certo giustizialismo ce ne corre molto. Oltretutto siamo certi che da fine giurista, nelle lezioni avrà sicuramente parlato ai suoi studenti della necessità di riforme profonde nel mondo della giustizia, piuttosto che di interventi isolati o a campione. Tanto è vero che proprio oggi dalle colonne de “Il Messaggero”, Carlo Nordio, che in tema di giustizia e diritto non è l’ultimo arrivato, rappresenta questa necessità, collegandola alle proposte programmatiche che abbiamo sentito nel discorso al Senato.

Ecco perché sommessamente ci permettiamo, caro professor Conte, di invitarla a ritornare sul tema per affrontarlo magari, dentro una generale e profonda riforma dell’ordinamento giudiziario. Da noi infatti in materia di giustizia servono non solo più uomini, risorse e attrezzature, ma una serie di approfondimenti sulla separazione delle carriere, sull’obbligatorietà dell’azione penale, sulla responsabilità civile e sulla organizzazione del Csm, insomma tanto su cui intervenire.

Per concludere, presidente Conte, noi al netto del suo discorso e di alcune nobili intenzioni annunciate preferiamo aspettarla alla prova dei fatti. Siamo come San Tommaso insomma, “provare per credere”. Nell’attesa comunque, con sincerità, le auguriamo buon lavoro.

 

 

 

 

Aggiornato il 06 giugno 2018 alle ore 19:54