“Celoduro” e “Celomaduro”

Tenetevi forte. Da oggi la politica italiana, declinata sulla rincorsa alla pancia della pubblica opinione, si arricchisce di una categoria dello spirito insospettabile: il “celoMadurismo” del neo ministro del Lavoro (per la cronaca il suo primo lavoro) Luigi Di Maio. Quello che si fa beccare nel labiale durante il dibattito alla Camera per la fiducia a dare ordini al premier Giuseppe Conte.

Non bastava quindi il “celodurismo” di tradizione leghista, che vede comunque in Matteo Salvini una nuova interpretazione neo nazionalista e cosiddetta sovranista. No, ci voleva anche il “celoMaduro” a Cinque Stelle che si basa sulla demonizzazione della ricchezza e delle élite o caste, qualunque cosa siano e soprattutto vogliano dire queste insopportabili parole d’ordine, e sulla captatio benevolentiae di tutti i diseredati e sfortunati del Paese. Dalle vittime delle banche (comprese le vittime di se stessi, se e quando hanno accettato come gonzi le allettanti offerte di tassi di interesse troppo alti per essere veri) ai ragazzi che consegnano pizze o altre utilità in bicicletta in giro per le metropoli (i “riders” ricevuti subito al ministero proprio da Di Maio come primo atto politico) e poi i licenziati da Pomigliano D’Arco per avere inscenato i funerali di Marchionne e chissà quanti altri fenomeni mediatici in giro per la penisola che presto si aggiungeranno.

Si cercano foto opportunities a effetto certo. Si preparano apparizioni e comizi e il lavoro nel ministero viene lasciato ai travet e ai burocrati di sempre. E questo vale tanto per Salvini quanto per Di Maio. Nei prossimi tre mesi si consumerà la luna di miele con questa Italia incosciente e disperata che ha scelto il “tanto peggio, tanto meglio”. E quindi bisogna approfittarne e battere il ferro finché è caldo. Come dimostrano gli inconsulti applausi ricevuti da Di Maio alla Confcommercio solo per avere parlato di “inversione dell’onere della prova”, tra cittadino e fisco. Della serie: chi si accontenta gode.

Il “celodurismo” peraltro era già ben incancrenito nel rassegnato immaginario italico dopo dieci e passa anni di retorica leghista contro il sistema. Almeno finché il sistema non si è identificato con chi voleva abbatterlo. Resta da imporre il pensiero unico del “celoMadurismo”, a base di retorica sulla povertà e odio della ricchezza, con un corollario in politica estera che prevede ostilità terzomondista preconcetta a Israele, Nato, America (persino quella di Donald Trump) e Unione europea. Sulla falsariga delle idee di Manlio Di Stefano, tanto per capirci. Di conseguenza il “celoMadurismo” prevede anche amore incondizionato per il Venezuela di Maduro, che presta il nome al gioco di parole, o alla Russia di Putin, vista come faro ideologico e non solo come opportunità per gli affari delle imprese italiane, e magari un domani, perché no, anche per la Turchia di Erdogan. Come modello istituzionale di democrazia diretta e plebiscitaria, antipasto della “democratura” vera e propria. Ultimo coniglio dal cilindro possibile della Casaleggio Associati. La geometrica potenza tra il “celoduro” e il “celoMaduro” ci farà vedere i sorci verdi.

Aggiornato il 08 giugno 2018 alle ore 14:02