Contrada: le inchieste colpiscono d’estate

Chissà cosa si aspettano di trovare gli inquirenti palermitani tra i vecchi ricordi sequestrati il 29 giugno scorso all’ultra ottuagenario Bruno Contrada durante l’ennesima perquisizione estiva della sua casa di Palermo. L’anno prima la scena si era ripetuta a fine luglio sempre in relazione a questa inchiesta infinita sulla misteriosa morte del poliziotto della squadra mobile del capoluogo siciliano Antonino Agostino e della sua consorte Giovanna Ida Castelluccio avvenute entrambe il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini in provincia di Palermo. Un terribile delitto di mafia successivo all’episodio del fallito attentato all’Addaura alla villa in cui si trovava in vacanza Giovanni Falcone. Agostino era stato anche membro del vecchio Sisde e aveva un ruolo nella squadra interforze che si occupava già all’epoca di rintracciare i grossi latitanti di mafia.

Contrada, intercettato per mesi senza essere indagato o sospettato di nulla – almeno ufficialmente – si è visto costretto giorni orsono a imbastire insieme al proprio legale Stefano Giordano una conferenza stampa per protestare contro questa prassi che ogni estate lo vede vittima di una curiosa maniera di fare la lotta alla mafia. Dopo l’assoluzione ex post da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, poi ratificata in Italia dalla Cassazione, che riconobbe che il dirigente del Sisde mai avrebbe dovuto neanche essere imputato per quel reato di concorso esterno in mafia che nel 1992 non esisteva neanche nelle elaborazioni giurisprudenziali della Suprema corte,

Contrada non è stato infatti lasciato in pace coi propri ricordi. Anzi, ha subito quelle che lui e il suo legale chiamano vere e proprie vessazioni per le quali meditano un ulteriore ricorso alla Cedu. Ha detto l’avvocato Giordano nella conferenza stampa, usando argutamente lo stesso linguaggio delle informative giudiziarie, “che la predetta attività di indagine è stata effettuata senza che il dottor Contrada risulti sottoposto a indagine ma unicamente sul presupposto che sarebbe stato in possesso di una non meglio precisata documentazione pertinente al reato stesso…”.

Una prassi accettata pacificamente in Italia, dove ormai si può fare qualunque cosa in materia di indagini coordinate dalla pubblica accusa, ma del tutto inammissibile secondo i criteri Cedu che in Europa privilegiano la certezza del diritto a quella della pena. Per la cronaca, i reperti sequestrati sarebbero “album di vecchie foto che ritraggono Contrada con il capo della Squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano”, ucciso il 21 luglio 1979 da Cosa nostra, “il verbale della deposizione resa nel suo processo per mafia da un ex collega di Contrada, e una lettera, in realtà mai spedita, indirizzata al pm Nino Di Matteo”. In essa Contrada aveva abbozzato solo l’incipit, per chiarire alcuni aspetti della sua vecchia deposizione sul delitto Agostino.

“Materiale di nessuna attinenza e rilievo rispetto alle indagini”, come ha tenuto a sottolineare l'avvocato Giordano. Insomma, tanto rumore mediatico per nulla, come al solito, ma una buona maniera di far finire Contrada in prima pagina su molti giornali e in apertura su alcuni telegiornali. La conferenza stampa, trasmessa allo “Speciale giustizia” da Radio Radicale è tutta da sentire. Soprattutto per ascoltare la voce del povero Contrada, anziano e malato – con la moglie anziana e inferma anche lei (e con un figlio distrutto dalla depressione a causa della sua pregressa vicenda giudiziaria) – lamentarsi con la sua proverbiale autoironia. Insomma, sembra proprio che non lo vogliano lasciare in pace.

E se “la mafia colpisce sempre d’estate” come suggerisce il titolo di un libro da cui è stato tratto un film che andava per la maggiore alcuni anni orsono, la vicenda Contrada suggerisce che anche un certo tipo di antimafia prediliga la stagione più calda per i propri blitz mediatici.

Aggiornato il 06 luglio 2018 alle ore 12:50