Un vicolo cieco

Dell’Unione europea e dell’euro c’è sempre piaciuto poco o niente. Troppa Germania, troppo marco e troppa Bundesbank, nella costruzione e nella impostazione.

Ci siamo calati le braghe fin dall’inizio, dal cambio euro-lira, dai vincoli ossessivi contro l’inflazione, dalla cessione di troppa sovranità ad un consesso che non c’era amico. L’asse franco-tedesco, lo sapevamo, ci ha sempre visti con sospetto; un paradosso, perché Francia e Germania portano addosso gran parte degli errori (la prima) e degli orrori (la seconda) che hanno devastato il Vecchio Continente.

Più volte abbiamo scritto di quanto l’euro abbia più rovinato che aiutato, non solo noi, ma la gran parte dei Paesi. Chi dice infatti che senza sarebbe stato un inferno lo dice solo sul pensiero, perché manca la prova del contrario. Insomma, nessuno può dirci che facciamo comunella con questa Europa. Eppure ci dispiace, ma stavolta hanno ragione, la bocciatura era scontata.

A parte il fatto che volendolo avremmo dovuto e potuto far “casino” su tanto di assurdo nella Ue, il bail-in, Basilea, Dublino, lo stesso Fiscal compact, il rifiuto degli eurobond. Insomma, di tutto e di più per dire basta. Ma andare ad uno scontro così forte avendo in mano una manovra scriteriata, bocciata dalla storia a più riprese, francamente o è masochismo oppure è ancora peggio… Qui non si tratta di far vedere agli italiani quanto questo sia un Governo di “duri”, quanto sappia prendere a schiaffi quei “tromboni”, ma si tratta di capire solamente quello che conviene, insomma quel che risulta tra costi e benefici.

La manovra presentata non ha futuro, è solo un investimento a perdere denaro, non è lavoro, non è sviluppo, è solamente un prezzo elettorale pagato troppo e male. Metterci a rischio per questo francamente è “demenziale”. Bisognava andare in Europa a muso duro, con una manovra nemmeno espansiva ma esplosiva, dinamite pura per l’economia, metterci seduti coi soloni, portando avanti il fisco, le agevolazioni, le zone franche, il regime iva, le quote produzione, i finanziamenti ad ogni impresa. Bisognava dire ai commissari: noi sforiamo per ricostruire e rilanciare, punto; sforiamo per il sud, dall’agriturismo alla cultura, per le infrastrutture da migliorare e costruire, sforiamo per far crescere le imprese, per finanziare i giovani che iniziano. Sforiamo per agevolare l’opportunità d’impresa, per dare credito a costo zero ad ogni iniziativa di sviluppo; sforiamo per sostenere le nostre produzioni, le eccellenze delle nostre aziende, per affiancare il made in Italy nel mondo. Sforiamo insomma per la crescita dell’Italia e degli italiani, questo avremmo dovuto presentare, battendo i pugni verso i contrari, altro che una proposta di assistenzialismo e di mancette elettorali, da 20 miliardi e passa di debito aggiuntivo.

Sarebbe stata altra musica e certamente i mercati ci avrebbero premiati, anziché il contrario che subiamo e purtroppo subiremo ancora. Resta adesso di tornare indietro per evitare il peggio, ogni giorno che passa ci costa un botto. Meglio tardi che mai, andare in guerra così è una follia, facciamo finta e torniamo a capo, presto.

Aggiornato il 22 novembre 2018 alle ore 11:29