Il Governo del caos

No, non è un addolcimento di una definizione troppo grillina della situazione in cui è piombato il Governo di questo nostro povero Paese. Benché poi anche il termine ascrivibile al turpiloquio corretto dall’assonanza fonetica non sarebbe fuori luogo. Il caos è oramai strutturale. E quel che è peggio nessuno sembra disposto ad una mossa che possa farlo cessare in tempi brevi, tali che impediscano agli scellerati cosiddetti gialloverdi di portare a termine altre ancor più pericolose operazioni distruttive nel tessuto stesso della Repubblica. Lo sbando è totale ed indiscutibile.

All’interno della compagine (si fa per dire) governativa è cancellata ogni razionalità delle competenze. Andate a cercare un ministro degli Esteri e vi diranno che non sanno chi sia. La divisione della torta dell’Esecutivo è fatta per settori di sfruttamento pubblicitario dei due capipartito. Il Presidente del Consiglio è qualcosa di mezzo tra un bamboccio, un parafulmine, un arbitro per le risse quotidiane dei due “Capi”. Un arbitro che cerca di ricavarsi un’area in cui venga tollerata la sua presenza.

Matteo Salvini si spende in blitz quotidiani nelle competenze di altri ministeri. Ogni questione di un qualche rilievo suscita scontri all’arma bianca con i Cinque Stelle. D’altro canto, questo sciagurato gioco della lite perenne programmata tra Lega e 5 Stelle, provoca più disastri nella vita dello Stato di quanti ne siano immaginabili e rende bene sul piano elettorale. Ognuna delle due parti contendente si accaparra una posizione contraria a quella dell’altra destinata pur di prevalere. Il Governo ha così il consenso dei favorevoli e dei contrari a tutto ciò che fa o fa finta di fare.

I sondaggi sulle intenzioni di voto sono allarmanti. Allarmanti per la loro inconcludenza e per il sostanziale successo di questo ping-pong degli atteggiamenti dei due partiti su tutte le maggiori questioni in ballo. Il sistema ad “opposizione interna” riesce a far fuori una concludente opposizione che rappresenti anche un’alternativa. Sia i grillini che i leghisti in una cosa sono imbattibili: nel farsi ritenere senza possibili alternative alle loro malefatte. Il grosso rischio è che l’Italia ripieghi sulla rassegnazione di un “il peggio viene sempre dopo”.

Del resto, con quello che sta combinando questo Governo, pare che la principale preoccupazione del Partito Democratico sia e resti quella di scacciare il fantasma di un ritorno di Silvio Berlusconi. Mentre il principale impegno di Berlusconi è quello di contrastare una Sinistra che non c’è più. In nome di un centrodestra che, se c’è fa, i suoi affari, sfruttando le piccole presenze dei residuati di Forza Italia per le contese regionali e per meglio penetrare nel Sud. Ognuno guarda al presente, alle briciole di rovine altrui. Effetti della fine delle ideologie? Può darsi. Certo della fine della ragione.

Aggiornato il 15 febbraio 2019 alle ore 18:00