Elezioni europee: le competizioni solo in famiglia

C’è un dilemma di fondo che appare destinato a pervadere anche queste consultazioni elettorali europee nazionali che - fatta eccezione per la lunga parentesi renziana - non hanno mai visto realizzarsi un corposo travaso di voti tra le due coalizioni (quella di destra-centro e quella di sinistra-centro) contrapposte ed aventi, oggi, caratteristiche sempre più estremizzate mano a mano che va crescendo la più cruda e grezza radicalizzazione nella politica tricolore.

Sì, perché l’essenziale dilemma di fondo che la consultazione di fine settimana dovrebbe sciogliere riguarderà esclusivamente gli “smottamenti interni”: nelle aree “left or right “, tanto per fare un po’ di british ché non sta male. Cioè, detto ancor più chiaro: riuscirà l’impresa a Matteo Salvini di capitalizzare - a scapito di Forza Italia - il suo ruolo di “uomo forte” nel Governo gialloverde, più di quanto non farà Luigi Di Maio (a scapito del Pd) nell’area di sinistra?

Ormai la lotta politica italiana non pare consistere più - da alcuni lustri - nella capacità di sottrarre consensi dal campo avverso, posto che, di fatto, la medesima si è ridotta solo a tutta una serie di furti reciproci dal letto del vicino “fratello” addormentato: laddove, in verità i due schieramenti contrapposti, di tal guisa, si dividono in pace ed equamente le poche stanze rimaste alla famiglia a causa del disinteresse crescente tra gli elettori. Con buona pace dei discorsi roboanti sul come poter mutare questo modello di Europa che ci vede sempre più isolati e autoreferenziali, dietro una lavagna scritta da altri.

Eppure noi dovremmo ammettere che noi italiani, da sempre, abbiamo sottovalutato l’importanza di un soggetto che avrebbe pure potuto assumere una forte dignità mondiale. Quantomeno per affrontare in modo innovativo le tematiche socio-assistenziali: una volta posto che, in economia, avendo l’agilità di un elefante, possiamo solo sperare di essere graziati dalle agili belve orientali. Un soggetto, quello che andremo a rinnovare, che dovrebbe dedicare un po’ più di attenzione ai Paesi mediterranei, sottoposti a plurime tensioni migratorie. Ma, ahimè, temo fortemente che ciò non sarà possibile neppure stavolta: con delle liste rigonfie solo di personale raffigurativo di partiti che pensano ad altro. Al loro piccolo orto nostrano.

Ecco spiegato il perché l’aspettativa positiva che il popolo italiano aveva solo 20 anni fa (sondaggio Demos & Pi) e che ci vedeva guidare - con il 73 per cento - la truppa degli ottimisti verso l’Unione, è precipitata al 34 per cento. Certo, l’Europa viene indicata presuntuosamente come la esclusiva causa dei nostri mali, tanto per sfuggire da una sana autocritica, che non viene mai fatta.

Aggiornato il 21 maggio 2019 alle ore 11:12