Regionali in Umbria: i Cinque Stelle s’aggrappano al Pd

Nel giorno di Pontida, regalo più grande Luigi Di Maio non poteva farlo al vecchio amico Matteo Salvini: l’annuncio di un patto civico con il Partito Democratico per le Regionali in Umbria. Già, perché decidere di cancellare l’ultima parvenza di novità che il Cinque Stelle aveva incarnato rivendicando una diversità antropologica rispetto ai partiti tradizionali, in particolare della sinistra, toglie ogni dubbio sullo stato confusionale e di paura in cui versa il Movimento grillino.

Ad essere brutali, le parole del leader di carta Luigi Di Maio consegnate al quotidiano “La Nazione” suonano come un svendita totale del Movimento Cinque Stelle. Non c’è più il movimento di lotta al sistema delle élite, dell’antipolitica, della rappresentanza piatta delle istanze della cittadinanza, della Rivoluzione francese rediviva. Tutto finito, evaporato. Ciò che resta è opportunismo conclamato; è caccia alle poltrone; è gestione del potere per il potere; è autoreferenzialità da Basso impero; è trionfo del “primum vivere deinde philosophari”. L’improvvisa disponibilità, nella vicenda umbra, a fare un’ammucchiata con il nemico storico piddino quando fino a ieri l’altro si è detto l’esatto opposto, è ammantata di giustificazioni senza costrutto, quando non palesemente contraddittorie.

Scrive Luigi Di Maio a La Nazione: “Lo scandalo che ha colpito la sanità (umbra, ndr) non è un tema da usare in campagna elettorale, bensì un momento da tenere ben presente per capire che cosa vogliamo non accada più”. Ma come? Se sono stati i grillini con le loro denunce a innescare l’indagine che ha portato a scoperchiare i fatti corruttivi di cui si sono resi responsabili i vertici della Regione, appartenenti al Partito Democratico; la presidente Catiuscia Marini si è dovuta dimettere perché sommersa dallo scandalo; il Pd umbro è stato commissariato dal segretario Nicola Zingaretti che ha spedito in loco Walter Verini a fare piazza pulita degli apparati locali di partito; gli stessi grillini si sono scatenati nel più bieco giustizialismo ed ora viene fuori un lunare Luigi Di Maio che fa il gentleman anglosassone promettendo che non userà lo scandalo della sanità come argomento di campagna elettorale. Ma a chi vuole darla a bere? Agli umbri?

Matteo Salvini non aspettava altro che l’annuncio di un accordo sottobanco tra grillini e “dem” per dare l’assalto a quella prateria di delusi che finora hanno creduto alle battaglie ideali del Movimento. Anche i pali della luce sanno che in politica l’unione tra due forze che si sono combattute fino al giorno prima non riproduce nelle urne la somma aritmetica dei voti conseguiti dalle due forze separatamente. Quando ci si mette insieme, si creano scontenti. E quella delusione ha un peso specifico elettorale misurabile. Ma Di Maio tenta la strada del raggiro mediante le parole. Non parla esplicitamente di coalizione ma di forze politiche che dovrebbero fare un passo indietro per sostenere una candidatura unica, di figura alta della società, indipendente dalle forze politiche che lo hanno espresso. Scrive il leader di carta dei grillini “…E per rigenerare il patto di fiducia cittadini-istituzioni, secondo me c’è bisogno che tutte le forze politiche di buon senso facciano un passo indietro e lascino spazio a una giunta civica, che noi saremmo disposti a sostenere esclusivamente con la nostra presenza in Consiglio regionale, senza pretese di assessorati o altri incarichi”.

A casa nostra si dice: se non è zuppa, è pane spugnato. Ci vuole una bella dose d’impudenza per provare a spacciare come novità un’abusata formula della vecchia politica. In pratica, si crea lo specchietto delle allodole, il professionista stimato e perbene che deve far dimenticare le magagne del passato, lo si fa votare e poi, se vince, gli si sussurra all’orecchio una squadra di “tecnici”, solo in apparenza neutrali. A sostenere il “governo degli onesti” provvederebbero comunque i consiglieri regionali eletti sotto le bandiere dei due partiti, Cinque Stelle e Pd, che fingono di non essere alleati ma lo sono di fatto. Fino ad oggi abbiamo fatto credito a Luigi Di Maio di sufficiente intelligenza politica. Adesso, però, sembra irriconoscibile. Ma come fa a scrivere certe cose e a fingere di crederci? Il Di Maio odierno non è la stessa persona che era prima della caduta del Governo giallo-blu. La sensazione è che il suo ruolo sia retrocesso a quello di portavoce di decisioni prese da altri. Magari sull’asse Genova-Milano. Ciò che sorprende è il fatto che la proposta lanciata da Luigi Di Maio non tenga conto dell’incidenza del fattore temporale. Se fossero genuine le sue intenzioni i due partiti, insieme alla galassia delle micro-formazioni civiche chiamate a sostegno della candidatura presidenziale, dovrebbero impegnarsi in un’approfondita ricerca del profilo adeguato da sottoporre agli elettori e alla stesura di un programma condiviso. Roba che, solitamente, richiede mesi. Peccato, però, che in Umbria si voti il prossimo 27 ottobre.

Ora, la legge elettorale regionale prescrive che “le candidature a Presidente della Giunta regionale sono presentate per la verifica delle condizioni di ammissibilità e di candidabilità presso l’Ufficio unico circoscrizionale presso il Tribunale del comune capoluogo di regione da parte di un delegato del candidato, dalle ore otto del trentesimo giorno alle ore dodici del ventinovesimo giorno antecedenti quelli della votazione”. Calendario alla mano, il termine ultimo per presentare la candidatura unica spira il prossimo 28 settembre, a mezzogiorno. Praticamente, 11 giorni da oggi. Se il candidato da scegliere non è una pizza cotta e mangiata, è ridicolo solo immaginare che si possa costruire un’offerta politica credibile in così breve tempo.

Onorevole Di Maio, pensa che gli umbri siano fessi? È gente tosta, abituata a fiutare i terremoti, figurarsi se non annusano l’odore puteolente di un accordicchio di palazzo. E seppure vi fosse qualche umbro distratto ci penserebbe un Salvini in abiti trappisti, in pellegrinaggio permanente nella terra di San Francesco e di San Benedetto, a cantilenargli ossessivamente: “Fratello, ricordati che ti stanno fregando”.

Aggiornato il 17 settembre 2019 alle ore 10:19