Conte graziato e M5s finito

Dal voto di ieri escono fuori due verità: l’opportunismo politico ipocrita della sinistra postcomunista e cattocomunista e l’autolesionismo dei grillini, che ancora una volta dimostrano di essere banderuole al vento e basta.

Sia chiaro, dal clima che si respirava nella maggioranza non ci si poteva aspettare altro, Bertolt Brecht diceva ironicamente che “c’è gente disposta a pagare oro pur di vendersi”, ma un opportunismo e un autolesionismo così esiziale supera ogni aspettativa.

Insomma, per Luigi Di Maio quella di ieri sul Mes rappresentava una sorta di ultima e disperata chance per dimostrare una minuzia di credibilità rispetto alla parola data agli elettori, e averla sbugiardata così clamorosamente impone una pietra tombale sul futuro dei grillini. Per carità, dal punto di vista politico che esca finalmente di scena l’opzione grillina non guasta, ma per l’Italia e gli italiani è l’ennesimo prezzo da pagare verso una politica capace solo di pensare agli interessi di bottega e della ditta, anziché a quelli del Paese e della gente. Qui non si tratta solo della conferma che in Europa contiamo poco, che rispetto all’asse franco-tedesco siamo meno che gregari, ma del rispetto costituzionale per l’interesse generale. Per farla breve, il Mes era e resta una spada di Damocle totale.

Insomma, vi sembra normale giustificare l’approvazione delle clausole sul rischio di ponderazione del debito sovrano, della eventualità che ci si imponga di ristrutturarlo, con il fatto che a noi di sicuro non servirà di ricorrere alle opzioni del Mes? E se malauguratamente ci capitasse? Per parte nostra sappiamo che quando si firmano delle clausole contrattuali è sempre alle peggiori che bisogna fare attenzione prima di siglare, va da sé infatti che su quelle ininfluenti è inutile indugiare, mentre sulle altre, quelle con rischio seppure molto remoto, bisogna trattare eccome.

Sarebbe come a dire: “va bene firmo tutto, tanto figuriamoci se mai ne avrò bisogno, figuriamoci se mai toccherà a me”. Un modo demenziale di valutare il rischio, sia perché il rischio zero non esiste, sia perché Francia e Germania ci surclassano, sia perché il nostro debito è enorme.

Per farla breve, sul Mes, intorno al quale il dibattito è autorevolmente aperto tra favorevoli e contrari, ancora una volta siamo stati succubi, come fu per il cambio lira-euro, per le quote latte, per Dublino, per Basilea, il bail-in e, a dirla tutta, anche sui parametri iniziali di Maastricht. Parliamo di una sorta di peccato originale di cui dall’avvio dell’euro paghiamo le conseguenze. Del resto essere tra i soci fondatori, addirittura tra i primi 3, e non contare niente è veramente incredibile, dopodiché il mea culpa va recitato sempre. Del resto chi non fa il proprio gioco fa quello degli altri, e quando gli altri si chiamano Francia e Germania, che oltre ad essere forti sono nazionalisti all’ennesima potenza, parlare di autolesionismo e masochismo è scontato, e il voto di ieri lo conferma.

Qui non si tratta di essere contro l’Europa o contro l’euro; si tratta del contrario, di far sentire il nostro peso facendo valere le nostre esigenze, le istanze dell’Italia, mettendo sul tavolo l’importanza del nostro contributo senza il quale l’intero impianto Ue rischierebbe eccome. Ecco perché il voto di ieri, come la trattativa di giugno per il Mes, puzza di bruciato, di soccombenza, di leggerezza in cambio di qualche concessione tipo la flessibilità, perché la flessibilità è l’unica licenza vera che abbiamo sempre ottenuto dalla Ue, sul resto poco o niente.

Sia chiaro, la colpa è anche di tutti i governi precedenti, anche quelli a guida centrodestra, un complesso di inferiorità che non abbiamo risolto. Resta da capire il perché, il dubbio sul motivo è intorno a questo dilemma che scatta la differenza fra difesa degli interessi nazionali e quelli individuali. Sia come sia, col voto di ieri si confermano due certezze: la fine politica dei grillini, l’opportunismo del Pci-Pds-Ds-Pd, Italia Viva e il trasformismo del Premier. A buon intenditor poche parole.

Aggiornato il 12 dicembre 2019 alle ore 11:25