Allo sbando

Mentre in Inghilterra trionfano i conservatori con Boris Johnson, smentendo ancora una volta le malelingue dell’informazione radical chic che raccontavano tutt’altro, compreso lo scontento sempre più largo degli inglesi sulla Brexit, da noi la maggioranza è allo sbando e nel pallone.

Qui non si tratta solo dei grillini ridotti oramai ad un’armata in ritirata e in evaporazione, ma della confusione e della incapacità totale a guidare l’Italia di un Governo sfilacciato, rabberciato, tenuto in piedi solo dall’opportunismo politico più sfacciato. Tanto è vero che ancora adesso, a pochi giorni dalla fine dell’anno, la Finanziaria continua ad essere un mistero glorioso, come misteri restano i propositi sull’Ilva, Alitalia, Whirlpool e i tanti altri tavoli di crisi aziendali e occupazionali che affannano il Paese.

Solo il premier pontifica e ostenta una sicurezza che evidentemente è un altro mistero glorioso personale, perché la sua maggioranza al Senato è ridotta al lumicino, alla Camera è in preda ad una crisi di identità, più in generale è attraversata dalla sfiducia e dal sospetto incrociato.

Del resto, che le posizioni di Giuseppe Conte siano precarie è dimostrato dall’“anno bellissimo”, dal Mes perfetto per l’Italia, dalla mancanza di idee sull’ex Ilva, dagli annunci sulla finanziaria smentiti dai fatti, dalla speranza di poter contare su qualche transfuga, dalle polemiche sul conflitto d’interesse. Tutto ciò conferma non solo l’azzardo per aver consegnato il Paese ad una coalizione ribollita, sconfitta, rissosa e malfidata ma che, come dimostra l’Inghilterra, la via maestra per risolvere le crisi in democrazia è solo e sempre il voto popolare. Non solo perché il voto rappresenta la voce sovrana di tutti i cittadini, quella alla quale ogni Costituzione assegna il primato, ma perché mette al riparo da qualsiasi dubbio sulla scelta e sulle conseguenze, ecco il motivo per cui dopo la crisi di agosto sarebbero dovute tenersi le elezioni.

Johnson infatti ha dimostrato che non bisogna mai aver paura del giudizio popolare, anche nei casi in cui si rischia la poltrona; anzi è proprio allora che bisogna farlo, non solo per testimoniare la terzietà più schietta, ma per fugare dubbi e incomprensioni sulle posizioni interne ed internazionali. Da noi invece pur di non consegnare il Paese al centrodestra, pur di non far scattare il sacrosanto principio dell’alternanza che è alla base di ogni democrazia, si è scelta una via giustificata solo dai numeri parlamentari piuttosto che da quelli reali dei sentimenti popolari. Oltretutto sappiamo bene che i numeri a poco servono se manca quell’armonia di indirizzo, di coesione programmatica, per non parlare della stima, del rispetto e dell’ammirazione che deve esserci fra i leader di una coalizione alla guida del Paese, seppure con le diverse e singole sfumature.

Ebbene, da noi fino ad agosto i leader della maggioranza attuale se ne sono dette di tutti i colori, al punto di giurare che mai avrebbero potuto condividere niente; si sono accusati di ogni male, incapacità e incoerenza, accuse ed insolenze a tutto spiano, quale garanzia di andar per mano? Ecco perché oggi stanno nel pallone, sono imballati fra veti incrociati, montano e smontano ogni decisione, non concordano alcuna soluzione mentre il Paese viaggia in stagnazione, manca lo sviluppo, arranca l’occupazione e tra la gente cresce l’indignazione.

Insomma, bella trovata il Conte bis, sostenuto da un arcobaleno di sinistra, Pci-Pds-Ds-Pd, da Renzi, dai grillini e dalla Boldrini; un bel regalo di Natale ai cittadini, tanto bello che nei sondaggi la maggioranza sbanda e affonda mentre il centrodestra sale e sfonda. Certo, cercheranno di durare pur di non perdere e mollare, proveranno a resistere, continuare, ma tempo al tempo, resta solo di aspettare a partire dalle elezioni regionali di gennaio.

Aggiornato il 13 dicembre 2019 alle ore 12:04