Una pioggia di regali

Chi troppo vuole nulla stringe, la volpe che non arriva all’uva e via dicendo. Potremmo citarne mille di proverbi per sottolineare quanto la rabbia, l’acrimonia e in certi casi l’ipocrisia si trasformino in boomerang oppure in vantaggi al contrario. È il caso del titolo di Repubblica: “Cancellare Matteo Salvini”. Un eccesso grave, che francamente lascia poco spazio alla giustificazione sulla sintesi giornalistica. Figuriamoci se noi, per sintetizzare un’intervista di chi, totalmente contrario alla legge voluta da Alfonso Bonafede, ci avesse detto: una legge assurda da gettare nel cestino, nel secchio o nel camino, avessimo titolato “Incenerire Bonafede, distruggere Bonafede”. Apriti cielo. Da sinistra ci avrebbero crocefissi.

Est modus in rebus, questa è la realtà. Come è realtà il fatto che da tempo Salvini sia entrato malamente nel mirino della sinistra e di tutta l’informazione di quell’area. Sia chiaro: noi siamo favorevoli allo stigma polemico, alla vis dialogica per disapprovazione, all’enfasi critica dura e metallica, ma tutto deve avere un limite altrimenti diventa un rischio che va contrastato sul nascere. Del resto, noi stessi abbiamo attaccato Salvini più volte e senza sconti, per molti errori e molte sciocchezze che ha commesse, come abbiamo criticato e critichiamo frontalmente tanti, da una parte e dall’altra. Però la misura è la misura.

Per farla breve, almeno per noi, ma non siamo soli, quel titolo è stato una brutta scivolata. Lo diciamo, ovviamente, col rispetto per una testata storica, importante, firmata da nomi prestigiosi, seppure molto diversamente orientati. Sia come sia e chiusa la modesta considerazione sul fatto, resta la convinzione sull’effetto boomerang degli atteggiamenti contro Salvini, a partire dal caso “Gregoretti”, che comunque vada si trasformerà, anzi si è già trasformato, in un plus elettorale per l’ex ministro. Tanto è vero che i giallorossi dopo aver copiato le tre scimmiette stanno facendo a gara per ritardare il giudizio sull’autorizzazione a procedere onde evitare di offrire al leader del centrodestra l’assist per apparire un perseguitato oppure un trionfatore.

Difficile far credere all’opinione pubblica che una decisione così importante fosse presa in solitaria da Salvini. Non fosse altro perché quel caso è rimasto agli onori della cronaca nazionale per giorni e giorni. Dunque, era l’Italia intera a sapere cosa stesse accadendo. Ecco perché solo immaginare che gli unici a non sapere e condividere la scelta fossero il premier e gli altri ministri, sarebbe molto più grave del contrario. Farsi passare davanti agli occhi un transatlantico senza vederlo, è una svista di dimensione imperdonabile per un esecutivo.

Come sono imperdonabili troppe cose compiute in questi quattro mesi dalla maggioranza e dal governo. Parliamo delle gaffe sulla Libia, degli annunci sulla sconfitta della povertà smentiti clamorosamente dall’Istat, della “mancanza di idee” per la soluzione del tavolo Ilva, oppure Atlantia. Chiedere infatti la revoca totale delle concessioni autostradali e poi invocare l’aiuto dei Benetton per l’Alitalia più che incredibile è ridicolo. Come è ridicola la spaccatura sulla prescrizione, o il voto favorevole del Pd alla riduzione dei parlamentari dopo che per tre volte s’era opposto duramente.

Ma se tutto ciò bastasse è ridicola pure la divisione profonda sulle autonomie, sulle elezioni regionali, su quello che succede nella Capitale tra Nicola Zingaretti e Virginia Raggi. Un elenco lungo a testimonianza dell’incapacità di coesione, convergenza e linea di governo del Paese. Ecco perché parliamo di pioggia di regali a Salvini e al centrodestra, che nei sondaggi cresce fino al 50 percento, a conferma che anche impedire il voto dopo la crisi, oltreché un danno per l’Italia è stata una mossa politicamente ipocrita e sbugiardata dai fatti e dalla gente che è stufa e la vede diversamente.

Aggiornato il 16 gennaio 2020 alle ore 11:51