Virus e Costituzione

Ci domandiamo se la nostra Costituzione può essere violata impunemente e sino a quando si manterrà siffatta tendenza. Va precisato che nel nostro sistema giuridico esiste una gerarchia delle fonti legislative e che la Costituzione è quella primaria. Occorre, inoltre, capire, se la condizione epidemica in atto, può interrompere il sistema delle garanzie costituzionali, riconosciute ai cittadini come soggetti individuali e come soggetti associativi. Si tratta di un problema prioritario anche rispetto a quello epidemiologico. La Costituzione non contempla lo “stato di emergenza”, ergo siffatta eccezionalità non ha rango costituzionale; ha, invece grado costituzionale l’articolo 32, a tutela della salute individuale e collettiva che non può, comunque, azzerare gli effetti e l’efficacia delle altre prerogative di pari livello; ciò sarebbe inammissibile e pericoloso. Lo “stato di emergenza”, invece, trova il suo situ nella legge istitutiva della Protezione Civile, norma di rango ordinario (modificata dal Decreto legislativo 1/2018), che non può imporre stravolgimenti legislativi o, ancor peggio, sospensioni delle libertà costituzionali.

In Italia, il giorno dopo la scoperta dei primi due casi di Covid-19, (31-01-20) il Governo ha pubblicato un comunicato stampa in cui annunciava che il Consiglio dei Ministri aveva “deliberato lo stato d’emergenza, per la durata di sei mesi, come previsto dalla normativa vigente, al fine di consentire l’emanazione delle necessarie ordinanze di Protezione Civile”. Lo stato di emergenza non può superare i 12 mesi (articolo 24, Decreto legislativo 1/2018) e si deve basare su dati oggettivi che possano garantire il rispetto della legalità, altrimenti si potrebbe sfociare nell’arbitrio. Nella Gazzetta Ufficiale si legge che nella riunione del 31 gennaio il Consiglio dei ministri “ha dichiarato, per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Un riferimento diretto, dunque, all’emergenza Covid-19, che in quei giorni era limitata alla presenza dei due pazienti di origine cinese all’ospedale Spallanzani di Roma. Questa dichiarazione da parte del governo è stata fatta sulla base di qualche articolo della Costituzione? La risposta è negativa: la Costituzione non parla di “stato di emergenza”.

La delibera stessa del Consiglio dei ministri spiega che la dichiarazione dello stato d’emergenza è stata fatta ai sensi del “Codice della Protezione civile” (Decreto legislativo 1/2018), il cui articolo 7 stabilisce tre tipi di eventi emergenziali in base a estensione, intensità e capacità di risposta della Protezione civile e cioè: “tipo a” (interventi a livello comunale), di “tipo b” (livello provinciale e regionale) e di “tipo c” (livello nazionale). Con “eventi emergenziali” di “tipo c” – come quello legato al coronavirus – s’intendono “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’articolo 24”. In questi casi, in base all’articolo 24 del Decreto legislativo 1/2018 , il Consiglio dei ministri delibera, su proposta del Presidente del Consiglio, lo stato di emergenza, che autorizza l’emanazione delle ordinanze di Protezione civile, regolate dall’articolo 25.

Così è stato fatto il 31 gennaio con riferimento agli articoli 7 e 24 del “Codice della Protezione civile”; senza alcun richiamo alla Carta Costituzionale. D’altra parte, come ha scritto Ilenia Massa Pinto, ordinaria di Diritto costituzionale a Torino, “La Costituzione italiana non prevede l’ipotesi dello stato d’emergenza” (18/3 in “Questione Giustizia”). La Costituzione contempla, infatti, che le Camere possano deliberare solo “lo stato di guerra” – che deve essere poi dichiarato dal presidente della Repubblica, in base all’articolo 87 – e conferire al governo “i poteri necessari”. “La dichiarazione dello stato d’emergenza – aggiunge la professoressa Pinto – è, dunque, fondata sulla normativa di rango primario adottata in materia di Protezione civile”. È vero che, al di là dell’ipotesi dello “stato di guerra”, in base all’articolo 77 della Costituzione “in casi straordinari di necessità e di urgenza” il governo può adottare “provvedimenti provvisori con forza di legge”, da presentarsi il giorno stesso per la conversione alle Camere: si tratta dei “decreti legge” che niente hanno a che fare con la dichiarazione dello stato d’emergenza fatto dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio, anche se il ricorso a questi strumenti previsti dall’articolo 77 è diventato  ormai la normalità nell’operato delle ultime legislature. Peraltro, sotto il profilo pratico, vi sarebbe da capire come il 31 gennaio si decreti lo “stato di emergenza” e sino all’8 marzo non siano stati presi i provvedimenti conseguenti. Su questo punto, sarebbe opportuno riflettere e approfondire la questione. Vediamo quali diritti di rango Costituzionale sono stati compressi e/o azzerati con i provvedimenti assunti dal Consiglio dei ministri:

l’articolo 1 il diritto al lavoro che è il fondamento della nostra Carta Costituzionale;

l’articolo 2 della Costituzione che garantisce e riconosce i diritti inviolabili dell’uomo;

l’articolo 13 relativamente alla libertà personale che è inviolabile;

l’articolo 16 relativamente alla libera circolazione e soggiorno di ogni cittadino;

l’articolo 17 relativamente alla libertà di riunirsi liberamente; in luogo privato o pubblico;

l’articolo 19 relativamente alla libertà di professare il proprio culto;

l’articolo 21 relativamente alla libera manifestazione del pensiero;

il diritto di sciopero che presuppone assemblee;

il diritto di manifestare il proprio orientamento politico in assemblee;

il diritto di esercitare il voto e tutti i diritti politici in genere che necessitano di assemblee.

Questi diritti di rango costituzionale sono stati annullati, sino a ipotizzare condotte criminali o di illecito amministrativo se i cittadini pongono in essere comportamenti tutelati dalle norme costituzionali. Siamo giunti alla compressione di diritti fondamentali senza che vi fosse un reale stato giuridico che motivasse tale eliminazione; lo stato di emergenza è giuridicamente insufficiente e non riguarda la sospensione dei diritti fondamentali dell’individuo. Il pericolo di contagio che indubbiamente sussiste non si può combattere eliminando i diritti costituzionali, di presidio per l’individuo e per la collettività. Non è con atti di forza e con un’informazione, spesso contraddittoria, che si deve operare ma con un’idonea profilassi e limitazione del contagio responsabilizzando i cittadini che non sono “sudditi” ma soggetti con diritti e doveri. Si sosterrà che il pericolo del contagio è un motivo ragionevole; è una falsità! Non è, infatti, con la paura che si possono limitare e annullare i diritti sopra menzionati; ma si deve consentire il loro esercizio anche in situazione di emergenza.

Il diritto alla salute individuale e collettiva (articolo 32) deve e può essere tutelato, conservando gli altri diritti costituzionali ma a nessuno è dato il potere di annullarli con provvedimenti che sono promanati da norme ordinarie. Possiamo fare un esempio calzante: i cittadini che oggi volessero manifestare dissenso non lo potrebbero fare in forza di atti giuridici di rango subordinato alla Carta Costituzionale e ciò è irragionevole e pericoloso per la tenuta democratica del Paese. Come se non bastasse, ma qui si va nella cronaca e quindi su un terreno scivoloso, s’ipotizza per la Fase 2 (che non è comprensibile quali basi giuridiche contenga) il controllo e il tracciamento dei cittadini attraverso delle app. La soluzione, se attuata, porrebbe infiniti problemi di tipo costituzionale che per ragioni di vastità dei temi non intendiamo trattare al momento. Un dato però sarebbe certo: saremmo molto vicino a qualcosa che non somiglia più alla democrazia che conosciamo.

(*) Avvocato

 

 

Aggiornato il 27 aprile 2020 alle ore 13:27