Non sempre è oro ciò che luccica

Al solito canto gregoriano di vittoria dei cattocomunisti e dei grillini, preferiamo e con ragione, il dubbio canonico di San Tommaso, anche perché se si fosse onesti si dovrebbe dire che, almeno ieri, non si è vinto niente. Eppure a sentire maggioranza e governo sembra che il piano finanziario della Ue sia già, approvato, pronto alle erogazioni, tutt’altro, quella dell’Eurogruppo è solo una proposta, intorno alla quale si dovrà discutere eccome, tanto è vero che Angela Merkel stessa invita alla prudenza. Insomma siamo alla solita propaganda dell’esecutivo per suggestionare gli italiani su valanghe di miliardi cash, quando al contrario la strada sarà lunga, piena di curve e di possibili modifiche del pacchetto perché i paesi “frugali “hanno già espresso il disaccordo totale. È visto che il Programma next dovrà essere deliberato all’unanimità, un governo serio anziché strombazzare un successo che non esiste ancora, avrebbe dovuto dire calma e gesso, è solo l’inizio di una battaglia da condurre in porto, insomma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, punto.

Ma da noi si sa la propaganda e la demagogia della coalizione più di sinistra che ci sia è l’arma principale per intortare il pensiero nazionale, ecco il motivo per cui da ieri sera è partita la grancassa della vittoria più importante della storia, la stessa vanagloria delle conferenze a ripetizione. Oltretutto si evita di spiegare che dietro gli eventuali finanziamenti, che certamente sono grandi e importanti, esistono una teoria di condizioni da trattare e sviscerare bene perché assieme ai soldi potrebbero portare vincoli, obblighi e soprattutto pene. Sia chiaro, che in cambio di un sussidio, di un prestito, si pongano condizioni economiche è evidente, ci mancherebbe, parliamo di tempi, interessi, tranche, ma che assieme a quelle finanziarie si mettano obbligazioni di politica sociale e di bilancio non va bene, anzi va male. Per farla breve è come se in cambio di una linea di credito concessa, una banca ci obbligasse a usarla sotto dettatura, ci imponesse cosa fare e cosa non fare, ci intimasse di cambiare stile di vita e di consumo, ci costringesse a seguire un percorso.

Qui non si tratta solo di riforme, di una revisione della spesa sulla quale figuriamoci sfondiamo una porta aperta, si tratta di politica fiscale, sociale, industriale, sulla quale la sovranità andrebbe perduta, col risultato di trasformare il nostro Parlamento in una sorta di mero esecutore della Ue. Insomma altroché vittoria, qui c’è una strada tutta da verificare, discutere e contrattare, prima di brindare al successo, dopodiché non v’è dubbio che in caso positivo il next sarebbe risolutivo in questa fase di crisi gigantesca. Per farla breve al posto dell’euforia di un risultato che è in divenire, sarebbe necessario sia spiegare e sia capire cosa ci sia dietro l’angolo di tanta apparente disponibilità, visto che guarda caso, proprio la Francia e la Germania hanno dichiarato che non accederanno al fondo, perché? Quale è la ragione per cui l’asse franco-tedesco che all’apparenza si è battuto per convincere la commissione sull’impianto e sulla portata del next, adesso annunciano che non vi ricorreranno?

Ecco perché serve di restare con i piedi per terra e di pensare subito a come utilizzare bene la montagna di denaro che arriverà, ammesso che arrivi e senza condizioni politiche, oltretutto andrebbe detto agli italiani che il next non sarà debito comune, ma una posta del bilancio Ue ampliata ad hoc, e che il sussidio è una parte tornata indietro di ciò che sempre abbiamo dato. Infatti non va dimenticato che l’Italia è un contributore netto della Ue, ogni anno depositiamo nelle casse dell’Europa più di 15 miliardi prendendone indietro molti meno, anche se va detto, per colpa nostra. Insomma quello del next, è un passaggio che sarà lungo, parliamo di mesi e mesi, pieno di insidie, e tutto sarà fuorché un atto di generosità, ma una opzione comoda in specie alla Germania che per via del Covid-19 sta subendo contrazioni forti degli scambi con la Cina e dunque ha tutto l’interesse a rilanciare quelli interni all’Europa finanziandoli col next, a partire dall’Italia.

Questa è la realtà, questo lo stato delle cose e questo è ciò che dovrebbe essere spiegato agli italiani al posto di far credere lucciole per lanterne, anche perché prima del next servirebbero strategie interne e un programma di interventi a prescindere dalla Ue, di cui ancora non si è vista l’ombra. Tanto è vero che i decreti, l’ultimo il peggiore, sono orientati alla confusione, incapacità e inadeguatezza di un governo che ha diviso il paese fra garantiti e condannati, statali e privati, trascurato categorie, complicato l’accesso ai prestiti, ritardato le erogazioni, omesso un intervento serio sul fisco anzi promesso l’invio di milioni di cartelle, per non dire delle regole assurde sulla riapertura. Ecco perché non ci fidiamo dell’esecutivo così come dell’Europa e invochiamo San Tommaso anziché il canto gregoriano come fa la maggioranza, del resto il Conte bis è dall’inizio che non ne azzecca una e visto che il buon giorno si vede dal mattino vogliamo fatti e non il solito contentino.

Aggiornato il 28 maggio 2020 alle ore 10:56