Sicilia: quando il garbo prevale sul diritto

Il Tar di Palermo ha sospeso l’ordinanza con cui il Governatore della Regione siciliana Nello Musumeci aveva disposto la ridistribuzione dei migranti presenti nei centri presenti nel proprio territorio. La motivazione sostanzialmente spiega che le misure adottate con l’impugnato provvedimento sembrano esorbitare dall’ambito dei poteri attribuiti alle regioni, laddove, sebbene disposte con la dichiarata finalità di tutela della salute in conseguenza del dilagare dell’epidemia da Covid-19 sul territorio regionale, involvono e impattano in modo decisivo sull’organizzazione e la gestione del fenomeno migratorio nel territorio italiano.

Forse Musumeci ha sbagliato ad invocare le ragioni sanitarie alla base del provvidemento e vediamo i motivi. Lo statuto della regione da lui governata fu approvato con regio decreto di Umberto II  il 15 maggio 1946 e l’emergenza che lo generò per arginare le dilaganti attività dei movimenti separatisti fece conferire al governatore poteri quasi sovrani. Fu pensato che un estremo autonomismo avesse spento gli afflati separatisti e il fatto che la Sicilia sia ancora italiana ha dato ragione nel tempo ai giuristi umbertini.

Il compromesso piacque anche ai padri costituenti che recepirono lo statuto nella sua interezza rendendolo parte integrante della nostra Costituzione, quale tuttora è. Scorrendo il generoso atto ci si imbatte nell’art. 31 che sin dalla prima riga - “al mantenimento dell’ordine pubblico provvede il presidente della regione a mezzo della Polizia dello Stato...” – fa comprendere che sono conferiti al Governatore pieni poteri in materia di sicurezza e ordine pubblico. In virtù dello stesso articolo esso ha anche il diritto di proporre, con richiesta motivata al Governo centrale, la rimozione o il trasferimento fuori dall’isola dei funzionari di polizia. Ciò significa che potrebbero essere sfiduciati quei Questori che non coadiuvano il Governatore nell’intendimento, ad esempio, di chiudere gli hot spot.

L’articolato non è mai stato variato e sulla sua coerenza con l’attuale assetto statuale è stata chiamata più volte a pronunciarsi la Corte Costituzionale la quale, impossibilitata a confutare una norma costituzionale, per ribadire la centralità dello Stato nella specifica materia è dovuta ricorrere a contorti esercizi letterari dettati più dal garbo istituzionale che dal diritto.

Probabilmente se i consiglieri giuridici di Musumeci avessero suggerito di motivare l’ordinanza con i poteri conferiti dall’ancora vigente articolato anziché ricorrere alla più facile via sanitaria, il TAR non sarebbe bastato e ancora una volta sarebbe stata scomodata la Corte Costituzionale, con i tempi del caso.

 

 

 

Aggiornato il 28 agosto 2020 alle ore 12:43