Mezzogiorno di fuoco per lo “sceriffo” De Luca

Vincenzo De Luca rompe gli indugi: “I dati attuali sul contagio rendono inefficace ogni tipo di provvedimento parziale. È necessario chiudere tutto, fatte salve le categorie che producono e movimentano beni essenziali. È indispensabile bloccare la mobilità fra regioni e intercomunale”.

“Ahi, ahi, ahi signora Longari, lei mi cade sull’uccello” avrebbe detto con una delle sue celebri gaffes (in realtà espedienti di scena sapientemente costruiti a tavolino) Mike Bongiorno. Come dimenticare le alluvionali conferenze stampa in cui De Luca, con aria da ducetto di paese, proponeva una narrazione fatta di “lanciafiamme” e “cinghialoni”, ma soprattutto di autopromozione da mercato rionale in base alla quale, di fronte all’emergenza, avevano tutti dimostrato di essere un branco di imbecilli tranne ovviamente lui. Ci raccontava il Nostro le mirabolanti performance della sanità campana che, con somma perizia, proprio lui aveva letteralmente rivoluzionato proponendola come modello di eccellenza mondiale.

Quel che è peggio è che nel fare tutto ciò lo sceriffo vellicava quel vittimismo e quel velleitarismo che inchiodano il nostro Mezzogiorno ad una condizione di minorità tanto ingiusta quanto apparentemente ineludibile. Ovviamente, tutti applaudivano, ché agli italiani le smargiassate da uomo forte son sempre piaciute. No, non mi piace De Luca e, in generale, i De Luca e non solo perché questa vicenda dimostra che l’efficienza sanitaria (ed in assoluto di governo) non si costruisce a chiacchiere. Non mi piace soprattutto perché il nostro Mezzogiorno non può più consentire di farsi intrappolare e comprimere in stereotipi che, da tempo immemore lo dannano. È arrivato il momento di dare spazio ad un Sud che sia “altro”, diverso da quello rappresentato da cacicchi piccoli o grandi.

Aggiornato il 23 ottobre 2020 alle ore 18:39