Una lotta contro il tempo

Diciamoci la verità, più del virus il nemico è il fattore tempo, perché tutto possiamo permetterci piuttosto che indugiare, rimandare ancora, visto che per tre anni abbiamo cincischiato, sbagliato e rinviato la soluzione dei problemi del Paese, sia prima che dopo il Covid. Averci impedito di votare nel 2019 e peggio adesso è stato grave, il voto sarebbe stato l’esito più democratico dopo il teatrino disastroso giallorosso, che non solo ha peggiorato il quadro nazionale ma ha bruciato ogni possibilità ulteriore di attardarsi. In tre anni con i gialloverdi senza il virus e coi giallorossi, complice il virus, non aver consentito al Paese di avere una guida scelta dai cittadini, ha portato a una crisi devastante. Un debito stellare con altri 160 miliardi bruciati inutilmente, il caos sui vaccini e sui colori, un clima infame da chiusura, una guerriglia politica in Parlamento. Insomma, che bel risultato per non aver votato.

Ecco perché Mario Draghi è arrivato nel momento peggiore della storia più recente. In questo clima avrebbe dovuto avere libertà di scelta totale sulla squadra, sui tecnici di supporto, sulla linea da seguire per uscire dalla crisi sanitaria ed economico sociale, anziché subire le pretese dei partiti come sta accadendo. Sia chiaro, un giro d’orizzonte per riflettere sulle indicazioni sulle preferenze dei partiti rispetto alla crisi e sulle cure ci può e ci deve stare, ma a farsi condizionare a costo di rischiare scelte sbagliate, altri ritardi e tentennamenti sarebbe esiziale, non c’è più tempo. Eppure, nonostante il tempo sia il nemico peggiore, la maggioranza lo perde a litigare sui posti di sottogoverno, sulle faide interne, sulle scissioni, sui diktat, sul tira e molla dei colori. Insomma su tutto, esattamente il contrario – in negativo – di un sostegno solidale e comprensivo. Del resto si sapeva, ed è la ragione per la quale votare sarebbe stato più giusto e conseguente. Una maggioranza fatta da opposti, da partiti visceralmente antagonisti, con idee e progetti antitetici, difficilmente può funzionare anche in nome del bene nazionale supremo e superiore. Ma la situazione, se possibile, è peggiore perché in questa fase storica oltre alla contrapposizione dei partiti c’è una lotta interna senza quartiere ai movimenti stessi, che porta continuamente a rotture, divisioni, vendette e alla nascita di nuove fazioni, simboli, gruppi in Parlamento. Basterebbe pensare non solo alla scomposizione attuale della fronda grillina, ma al fatto che dal 2018 sono nati da litigi e ripicche una quantità di altri partiti, da Matteo Renzi a Giovanni Toti, da Carlo Calenda ai responsabili del Maie (Movimento associativo italiani all’estero), fino appunto alla scissione in corso dei Cinque Stelle. Parliamo di una atmosfera bollente di instabilità e conflitti, che si riversa intera sia nelle Camere che nel Governo.

Ecco perché per Draghi sarà vita durissima a mediare fra contrari in guerra. Per questo avrebbe dovuto chiedere carta bianca per funzionare al meglio delle sue capacità che sono tante e speciali. Purtroppo, però, non è così ed è la ragione per la quale imprechiamo contro il tempo, che corre mentre il Paese affonda. Oltretutto, questo sarà un Governo a scadenza breve perché nel migliore dei casi arriverà al 2023. Parliamo di 24 mesi posto che non si chiuda prima col voto per il Colle. Sia come sia, saranno 12 o 24 i mesi a disposizione per risolvere una crisi drammatica che i giallorossi hanno amplificato terribilmente. Parliamo comunque di un tempo brevissimo, per affrontare tutti i temi negativi che si trascinano da anni e che soffocano l’Italia dalla giustizia, alla burocrazia, al welfare, all’architettura istituzionale, al fisco, all’economia e adesso alla pandemia. Un coacervo di zavorre esiziali del passato.

È illusorio sprecare tempo e risorse per affrontare riforme che, si sa perfettamente, non potranno essere risolte con questo Governo e con questa maggioranza. Pensare di tirare fuori una soluzione utile al Paese sulla giustizia, sulla Pubblica amministrazione, sul fisco e sulla previdenza, con un accordo fra il diavolo e la croce, più che ridicolo è risibile, non prendiamoci in giro. Figuriamoci, stanno litigando come iene sul sottogoverno, trattenendo con le unghie e coi denti smottamenti interni, si contendono leadership con i tranelli, fanno a cazzotti per portare a casa una candidatura nella prossima legislatura che col numero ridotto di parlamentari varrà oro colato. Pensate voi che testa potrebbe esserci per studiare le riforme che mancano da anni, suvvia.

La verità è che serve una scossa e ora, all’economia. Serve il piano del Recovery e il suo utilizzo “buono” come dice Draghi. Solo su questo che ci si deve concentrare, sulla politica economica, semplificazioni per la spesa buona, stimoli fiscali, investimenti produttivi, incentivi ai consumi e all’intrapresa, spending review contro gli sprechi. Serve fiducia e serenità per le famiglie e per l’impresa, che adesso manca eccome. Quella fiducia che i giallorossi hanno polverizzato con i Dpcm politicamente demenziali, con gli stop and go da esaurimento nervoso, con le limitazioni delle libertà, con la spaccatura fra statali coccolati e privati martoriati, col terrorismo fiscale delle 54 milioni di cartelle. Col caos di Domenico Arcuri, Roberto Speranza, Walter Ricciardi e così via sul lockdown, Covid, tamponi, mascherine, e da ultimo vaccini. Col caos e col timore sugli sbarchi di una immigrazione illegale che con i giallorossi è ripresa a tutto spiano, a nord sui valichi e a sud per mare, con i fenomeni di usura e criminalità che l’errata gestione della crisi ha riportato a galla. E poi con l’esplosione di patologie psicologiche collaterali alla chiusura, la nuova povertà, la perdita di reddito e lavoro, il fallimento delle aziende senza ristori e sostegni adeguati.

È questo che serve all’Italia: fiducia, serenità sociale, fiscale, economica, aiuti concreti e semplici per la ripresa del lavoro, dei consumi, degli investimenti sia verdi che non. Il verde è importante ma non c’è solo lui per crescere, c’è la filiera produttiva tradizionale che cifra l’orgoglio nazionale, dalla agricoltura alla manifattura, dal turismo alla ristorazione, all’artigianato al made in Italy che ci invidia il mondo. Per farla breve, c’è un universo da rilanciare e non solo le green economy di cui solo ora, a sinistra, si si riempiono la bocca. Non perdiamo tempo: questo è il motto. Concentriamoci sulla crisi economico-sanitaria cambiando passo, uomini, scelte. Tutto il resto si vedrà. Dateci retta, perché la ripresa non ci aspetta.

Aggiornato il 24 febbraio 2021 alle ore 10:56