Manipolati e felici

Il potere si fida sempre meno dei popoli, e per questo è stato bloccato l’ascensore sociale. Per sfiducia il potere ha mandato in soffitta i partiti e sponsorizzato grandi comunicatori televisivi ed influencer vari.

In meno di trent’anni il popolo italiano (anche altrove è accaduto) è stato convinto da mirate campagne mediatico-pubblicitarie, che i partiti politici sarebbero il male della società, che i sindacati non servono a nulla e che un fritto misto di potere (vip, potenti della terra, gestori dei social e influencer) avrebbe a cuore il benessere della gente. L’elettorato ha creduto questa fosse la via buona per stare tutti bene, ed invece ne è sortita l’attuale società bloccata, situazioni d’irreversibile povertà e l’indifferenza della classe dirigente verso il bene comune. La Seconda Repubblica s’è di fatto rivelata una società autoreferenziale, indifferente ed individualista. I partiti erano quei corpi intermedi che, seppur con umani difetti, regolavano l’equilibrio tra ascensore sociale e giusta classe dirigente. La maggior parte di quest’ultima sapeva di dover rendere conto sia al partito che al popolo: le eccezioni degenerative c’erano e ci saranno sempre in qualsivoglia umano sistema.

Nel 1993 sono state modificate sia la disciplina che regola l’immunità parlamentare che il finanziamento ai partiti (vi fu un referendum in materia): cambiamento che, da un lato, ha di fatto legato le mani a chi elettivamente delegato a risolvere i problemi della gente, e dall’altro ha favorito il commissariamento giudiziario della politica. Oggi a Mario Draghi potrebbe paradossalmente venir premesso tutto, e perché l’uomo non è frutto dei partiti politici ma di un concetto di potere precedente alla nascita dei corpi intermedi. Un ritorno all’antico, già visto far capolino con Giuseppe Conte e con quella sorta d’ottocenteschi decreti regi, che già manifestavano l’ormai irreversibile depotenziamento parlamentare. Del resto, i Cinque Stelle sono solo gli ultimi arrivati (negli ultimi trent’anni) che hanno convinto l’elettorato come il Parlamento sia un potere contrapposto al popolo. C’è stato un incessante, e trentennale, lavoro mediatico per minare le funzioni democratiche. Col passaggio da Conte a Draghi, il tempo si rivela maturo per giungere ad una decretazione che incarni una fantomatica “efficienza normativa” e di governo. Torniamo a chiederci come facciano i cattolici a governare con i 5 Stelle: loro, allievi del Partito Popolare di Don Luigi Sturzo, il quale nel 1919 dichiarava che “solo il Parlamento rappresenta il Paese”.

La nostra è una società che ha perso da tempo l’ingenua sacralità, era scritto che dopo la religione sarebbe finita anche la politica partitica, e che sarebbe rimasto solo il materialistico potere per il potere. Già nei primi del Novecento, Max Weber (sociologo della Pubblica amministrazione) descriveva il disincanto del mondo moderno, che ha sciolto ogni legame simbolico tra Dio ed impegno socio-politico: preconizzando che la politica partitica sarebbe arrivata a dominare la società, per poi essa stessa soccombere prima sotto leggi economiche e poi sotto il potere della finanza. Oggi in Italia ha poco senso parlare di destra o sinistra (forse mai non lo ha avuto) e perché la contrapposizione sembrerebbe nuovamente tra partiti ed oligarchie di potere. Secondo certi, il concetto di “partito politico” sarebbe un qualcosa, comunque, di sinistra: ovvero quel corpo intermedio che si contrapponeva alle azioni del notabilato. Certo, il Novecento ha connotato d’interclassismo ogni partito: operai, borghesi e nobili stavano ovunque.

Ma oggi è evidente come in Italia si sia tornati a prima del 1892, quando veniva fondato il Partito Socialista italiano: primo partito politico moderno (nel senso novecentesco del termine), perché sino a quell’anno i principali raggruppamenti politici italiani (Destra storica e la Sinistra storica) non erano partiti, ma semplici cartelli di notabili, e ciascuno con un proprio feudo elettorale. Erano gruppi di potere, che non avevano affatto in conto la gente. Erano i gruppi di potere politico che avevano unito l’Italia, divisi in liberali e repubblicani: ma non erano interclassisti, rappresentavano il notabilato (alta borghesia industriale e nobiltà terriera). All’epoca il popolo contava davvero poco, e dopo quasi centotrent’anni sembra si sia tornati ad una situazione similare. Con la differenza sostanziale che i liberali ed i repubblicani d’allora cercavano d’applicare, secondo coscienza, la visione sociale di Camillo Benso conte di Cavour e di Giuseppe Mazzini, in nome del progresso della società italiana. Questo perché nessun politico dell’epoca avrebbe mai pensato si potesse escludere in futuro il popolo dalla partecipazione politica.

Infatti, dopo il Partito Socialista italiano seguiranno in Italia i movimenti cattolici (prima la Democrazia Cristiana Italiana di Romolo Murri e poi il Partito Popolare italiano di Don Luigi Sturzo). Nel Novecento tutti i partiti ossatura della politica italiana (liberale, cattolico, repubblicano, socialista, fascista e comunista) erano di fatto interclassisti, frutto del consenso. Un miracolo di partecipazione con delega noto come democrazia. Ecco perché lo scrivente sostiene insieme a vari amici (come Alberto Contri, Enrico Montesano, Roberto Giuliano) che nel 1992 sarebbe decollato in Italia un piano di manipolazione delle masse: è stata spalancata la cosiddetta “finestra di Overton”. Ovvero è decollato un meccanismo di persuasione (e manipolazione di massa) per trasformare l’idea completamente inaccettabile d’una società politicamente chiusa (e bloccata economicamente) come pacificamente accettabile ed oggi legalizzabile. Tutto grazie alla complicità dei media, dei programmi generalisti, dei social e dei vari reality.

Negli anni Sessanta e Settanta si era raggiunta una sorta di solidarietà sociale, oggi infranta dai persuasori pagati dal potere. Oggi il popolo è pronto ad accettare che il potere passi di padre in figlio, che il lavoro inquina e la disoccupazione salverà il pianeta, che la povertà sostenibile sarà un futuro senza disparità, che i potenti della Terra hanno a cuore il nostro bene e sono ambientalisti, che il risparmio è una forma d’egoismo. Il sociologo Joseph Overton aveva prima di altri compreso come esperti di pubblicità e marketing avrebbero piegato le masse, orientandole alla remissività verso le politiche economiche gradite alle oligarchie di potere. L’opinione pubblica è, oggi, una topaia che segue supinamente il pensiero unico sussurrato dal pifferaio magico. Testimonial, cantanti, attori, programmi televisivi… tutti che ci convincono quanto il potere ci ami. Soprattutto che non occorra più lottare per un posto di lavoro, che l’impegno politico sia roba per vecchi. La “finestra di Overton” non è progressista, né reazionaria: lo schema funziona allo stesso modo, sia che gli input arrivino da destra, dal centro o dalla sinistra. Noi italiani (ma in buona compagnia di altri popoli) siamo ormai delle “rane bollite”, per usare una metafora cara al filosofo Noam Chomsky: ci hanno cotto a fuoco lento. Ci hanno lentamente disabituati alla partecipazione sociale, ed in nome del progresso stanno attentando alla nostra libertà individuale: le vittime sono complici del potere, non partecipando e non appropriandosi della politica e dei partiti.

Certo, nei partiti c’era il “centralismo democratico” (norma leninista che ha permeato da destra a sinistra tutti i corpi intermedi) ma c’erano congressi, mozioni congressuali, fronde e proteste. C’era lo spauracchio del voto: difficilmente una scelta della base non trovava chi poi la rappresentava nella direzione. Sorge spontaneo chiedersi se la base, che ha incoronato Enrico Letta segretario del Partito Democratico, non sia la stessa che gradirebbe ogni scelta di Mario Draghi. Omettiamo altri lunghi e noiosi paragoni con altri orticelli pseudo-partitici. Il potere non si fida più del popolo: il patto sociale alla base della nostra democrazia è rotto, complici media e manipolatori vari.

Aggiornato il 17 marzo 2021 alle ore 09:31