Talebanocrazia e criminalità: le richieste della Fidu all’Italia e all’Ue

Intervista ad Antonio Stango, Presidente della Fidu

Afghanistan 2021: quando gli eventuali giudicabili per crimini contro l’umanità si elevano a giudici autoreferenziali, quando una Sharia vorrebbe formalizzare il torto monopolizzando il diritto, quando una illiberale nonché datata violenza vorrebbe essere riconosciuta ufficialmente, la civiltà delle libertà fondamentali e dei diritti umani non può stare con le mani in mano, nemmeno se i processi storici da attraversare appaiono lunghi e troppo complessi. Quando la minaccia contro la dignità umana veste i panni dell’anti-occidentalismo, le battaglie da locali diventano geopoliticamente globali: internazionali devono quindi essere gli strumenti dispiegabili dagli Stati di diritto razionale, di fronte alle barbarie illibertarie della talebanocrazia.

La questione afghana, scivolata in un drammatico baratro con i fatti degli scorsi giorni, ha prontamente mosso la Federazione italiana diritti umani (Fidu), che il 17 agosto ha pubblicato un comunicato in cui si chiede al Governo italiano e all’Unione europea non solo di assicurare corridoi umanitari, ma anche di non riconoscere il governo dei talebani. La Fidu, in particolare, chiede quanto segue: ottenere che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu adotti ogni misura appropriata per tutelare i diritti umani e le esigenze umanitarie della popolazione afghana, secondo la Carta delle Nazioni Unite; organizzare il trasferimento e la accoglienza dei cittadini afghani aventi diritto alla protezione umanitaria o titolo per la richiesta d’asilo politico, attraverso i cosiddetti corridoi umanitari e con le necessarie procedure d’urgenza.

Le richieste della Federazione al Governo italiano ed all’Unione europea non si arrestano ai sopra menzionati punti. Viene infatti richiesto di ottenere che il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu invii con urgenza in Afghanistan una missione conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani, con particolare riferimento agli atti che possano integrare crimini contro l’umanità e genocidio. Si chiede infine di condizionare l’eventuale futuro riconoscimento del Governo dei talebani alla provata cessazione di ogni attività terroristica e di sostegno al terrorismo, nonché al rispetto dei diritti umani fondamentali, con particolare attenzione verso le donne ed i minori.

Se l’insieme delle richieste sopra esposte in questi giorni di caos può apparire un insieme molto ambizioso, tendere verso il rispetto internazionale dei diritti umani promuovendo la difesa delle libertà fondamentali, su scala locale nonché globale, diventa realisticamente necessario. Approfondiamo queste realistiche necessità, ponendo qualche domanda ad Antonio Stango, presidente della Federazione Italiana Diritti Umani, da sempre impegnato nella promozione della cultura liberale a tutela dei diritti fondamentali delle persone e dei popoli.

Non riconoscere il Governo della talebanocrazia, all’interno della Comunità internazionale, potrà servire a contrastare il suo sistema di cattivi valori, indemocratici e sanguinari. La via del riconoscimento porterebbe invece, a caro prezzo, solo false speranze circa una moderazione della talebanocrazia?

Il riconoscimento ufficiale anche tecnicamente, secondo il Diritto internazionale, non può avvenire poiché i talebani sono tuttora definiti “organizzazione terroristica” dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Politicamente poi sarebbe visto come un premio, il che è ingiustificato e quindi del tutto inopportuno in questa fase, anche se i talebani hanno il controllo de facto della maggior parte del territorio del Paese. Altro è proseguire il dialogo, già in corso da anni, per consentire i corridoi umanitari e condizionare qualsiasi maggiore riconoscimento a una moderazione effettiva e non effimera.

Quanto contano i valori della resistenza e della autodeterminazione dei popoli per un’eventuale rivoluzione sociale, liberale e democratica in Afghanistan?

Il concetto di autodeterminazione dei popoli, importante negli anni della decolonizzazione successivi alla Seconda guerra mondiale, non deve mai prevalere sul rispetto dei diritti umani fondamentali, che sono essenzialmente i diritti di vita e di libertà dell’individuo. Oggi, peraltro, la colonizzazione avviene in forme molto diverse da quelle degli imperi ottocenteschi, ed è attuata soprattutto dal regime cinese in spudorata contraddizione con il suo motto della “assoluta non ingerenza negli affari interni degli Stati”. Il popolo afghano rischia di essere contemporaneamente colonizzato dalla Cina e oppresso dal regime talebano. Il progresso verso una società libera sarà lento; i governi democratici possono però tentare di agire con intelligenza – che spesso è mancata – per favorirlo, anche se si tratta di giocare una partita estremamente complessa.

Per una pronuncia della Corte Penale Internazionale sui crimini contro l’umanità si potrebbero coinvolgere tante realtà (Stati, Agenzie, Ong, Onlus, media), per reperire tutto il corredo probatorio utile alla causa. Siete pronti a mobilitare le segreterie delle varie realtà per una battaglia legalitaria di rete, comune e internazionale, degli Stati di diritto liberal-democratico?

Si tratta di un’azione difficile, ma che bisogna condurre; non solo per indicare e possibilmente sottoporre a processo persone fortemente indiziate di crimini contro l’umanità, ma per la forte valenza preventiva di ulteriori crimini. Avremo bisogno del sostegno di molti di coloro che credono che questo sia doveroso e possibile.

Il federalismo europeo avrebbe dato un maggiore slancio alle politiche europee in tema di democrazia e diritti delle donne nel mondo. Negli auspicabili Stati Uniti d’Europa avremmo avuto un esercito federale, utile per proteggere l’Europa dagli attacchi terroristici, non crede?

Sono convinto che forze armate europee comuni, delle quali oggi esistono solo dei reparti poco più che simbolici, potrebbero svolgere un ruolo importante nello scenario globale, pur mantenendo gran parte delle attuali forze armate nazionali dato che una piena integrazione richiederebbe prima una costituzione federalista che è ancora un traguardo lontano. L’Unione europea, nonostante alcune indecisioni e contraddizioni, ha dimostrato di essere indispensabile in molte occasioni e segnatamente nel quadro dell’emergenza pandemica; deve però rafforzarsi per molti aspetti, anche superando la crisi delle derive illiberali di Stati membri come l’Ungheria e la Polonia. In ogni caso, in collaborazione con una Nato in cui gli Stati Uniti stanno riducendo il proprio impegno, l’Europa liberal-democratica deve poter disporre anche di uno strumento militare adeguato alle sfide contemporanee.

Grazie, caro Antonio. Le sfide del divenire in questa complessa contemporaneità richiedono sforzi necessari, proporzionali, razionali, di carattere transnazionale. La vita costituzionale degli Stati liberal-democratici ci insegna, ancora una volta, che la salute dei diritti e delle libertà fondamentali non vive mai di vita propria, una volta per tutte. Libertà e diritti vanno difesi, elaborati, evolutivamente garantiti, promossi, affinando gli strumenti politici e culturali, sempre.

Aggiornato il 23 agosto 2021 alle ore 11:38