Quei candidati bocciati dal popolo

L’uomo di strada, saggio e rassegnato, si domanda il perché della poca affluenza alle urne. Considerando che le Amministrative, per atavico costume clientelare, trascinavano più gente a votare rispetto alle Politiche. La risposta ci giunge puntuale e impietosa dal passato: l’ignoranza politica e sociale dei governanti genera la diserzione dall’esercizio democratico dei governati. L’uomo di strada per un istante si sente un gigante rispetto all’autoeletta classe dirigente, sembra quasi si rivolga loro con le parole usate da Pitagora contro il tiranno di Crotone: “Il centimetro non può contenere il metro”. L’errore dei partiti di centrodestra è stato tutto nella scelta dei candidati. Per Aristotele, governati e governanti dovrebbero essere istruiti allo stesso modo, poiché dovrebbero per ragione democratica alternarsi nel comando. Quando l’ignorante candidato è animato da altera cupidigia, e è sordo a partecipazione e confronto, l’urna vuota è protesta legittima.

S’indirizza questo scritto alla politica, una sorta di lettera nella bottiglia. Nella segreta speranza possa giungere eco agli illuminati tiranni (non vuole essere offesa né tantomeno burla) che reggeranno le sorti delle polis andate al voto. Certi che la vittoria abbia arriso ai più audaci, voraci, gaudenti, guasconi non possiamo che lamentarci con i partiti per aver dato la peggior prova di formazione della classe dirigente. Infatti, nel biennio che ha preceduto le Amministrative, gli ottimati hanno evitato, volutamente, il confronto partecipato, il dialogo tra militanti e vertici, l’ascolto di proposte e dibattiti: tutte modalità democratiche abbinabili alla formazione sociale e politica, soprattutto propedeutiche alla scelta dei migliori candidati. Di contro i partiti di centrodestra (in misura più lieve quelli di sinistra) hanno privilegiato la bella presenza dei candidati, i loro patrimoni, le fantasmagoriche millanterie circa clientele e “contenitori di voti” infarcendo il tutto con titoli da università della strada come “quello ha l’appoggio del boss dei traslocatori” o “quella ha alle spalle il caro estinto” (le agenzie funebri). Insomma vecchie metodiche locali da crepuscolo della Prima Repubblica, ma prive del blasone della politica alta che facevano i vari Giulio Andreotti o Amintore Fanfani, Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante, Luigi Preti e Bettino Craxi. Così alle Amministrative 2021 sono stati puniti, poiché colpevoli di vendere chiacchiere da
Commedia dell’arte.

Sono stati puniti soprattutto certi furbastri, e mestieranti da canovaccio plautiano, che avevano detto a brutto muso allo scrivente che “non c’è bisogno d’alcuna scuola di formazione. Serve gente ruspante della società civile, ricordati che l’ignorante con i voti ha soldi per pagare la campagna elettorale e ha più voti del filosofo ci vuole la gente pratica con le mani in pasta”. E pensare che, un paio d’anni fa, qualcuno voleva regalare loro (e rimettendoci tempo e fotocopie) lettura, commento e dibattito de La Politica di Aristotele: opera dedicata all’amministrazione della polis, partendo dall’organizzazione della famiglia (intesa come nucleo base della società) per giungere ai diversi tipi di costituzione. Eppure gli ottimati (attuali principi della politica) non avevano afferrato che Aristotele avrebbe dato loro parziale ragione: dibattendo di filosofia politica avrebbero dato semplicemente garbo all’indubbia praticoneria di molti candidati. Una scuola di partito che, oltre alla tecnica, avrebbe allenato i candidati alla retorica, al ragionamento politico, sollevando i loro animi dalla palude d’espedienti che li vede coinvolti.

Avrebbero ragionato per qualche ora a settimana sulle differenze tra Platone e Aristotele: per quest’ultimo la politica ha una certa autonomia rispetto alla filosofia, il politico e il legislatore possono svolgere bene il proprio compito soprattutto grazie alla loro saggezza pratica. La politica è però finalizzata alla filosofia, in quanto deve creare le condizioni affinché si possano coltivare il tempo libero e le attività teoretiche: quel sapiente miscuglio di cultura e creatività che rende peculiari e amabili tutte le polis ben amministrate. Oggi, soprattutto Roma è priva di filosofia nell’amministrare: al suo posto regna la violenza amministrativa. La scuola di politica ha sempre forgiato ottimi amministratori sin dai tempi di Diogene Laerzio che, primo formatore aristotelico, costituiva le Lezioni di politica.

Se i candidati avessero introiettato La Politica di Aristotele, avrebbero evitato di giocare il ruolo del cavolo a merenda: invece si sono dimostrati incapaci di porsi come coagulo per la comunità che, diceva il filosofo, “si costituisce per far fronte alle necessità quotidiane mentre il villaggio è una comunità più grande, il cui scopo è rispondere ai bisogni non quotidiani”. Da più villaggi ha poi origine lo Stato, che “esiste per rendere possibile la vita felice”. Ma se i candidati non hanno contezza dell’infelicità sociale come possono ergersi a capi delle comunità? E se le loro candidature rispondessero unicamente al solipsistico appagamento personale? Va anche considerato che certi candidati sono veri e propri criptoschiavi, ovvero servi del nostro tempo, al giogo di chi li candida e li utilizza. Per Aristotele, chi schiavo per propria natura, quindi non libero, non può considerarsi un politico. E chi schiavo non è mai un buon amministratore di ricchezze. La ricchezza dei membri della comunità va tutelata da sperperi e aggressioni, perché non è infinita: chi ha indole da schiavo non può comprendere questo dettaglio. Aristotele, diversamente dai suoi contemporanei era uno strenuo difensore del patrimonio dei membri della polis. Di contro Solone sosteneva l’illimitatezza delle ricchezze: quasi il padre dell’attuale “povertà sostenibile”. Aristotele fissa così i limiti morali e etici a sostegno di famiglia e ricchezza. Di contro Platone aveva messo in dubbio la proprietà e l’esclusività del rapporto tra uomo e donna. La comunanza dei beni e delle donne e della promiscuità dei sessi formulata nella Repubblica di Platone è l’arcaico programma di Liberi e Uguali come di altre formazioni a sinistra del Pd.

Ne deriva che la ricetta aristotelica avrebbe ben formato la dirigenza di centrodestra. Fortificato l’idea che la comunità umana necessita di limiti, senza dei quali crollerebbe la città costruita dall’uomo. Per Platone, alla base del pensiero del centrosinistra, la famiglia e la proprietà privata devono essere abolite. Aristotele dimostra come questo vada contro la natura dell’uomo e neghi la pluralità che invece è insita nello Stato aristotelico. Lo Stato per Aristotele “non consiste solo d’una massa di uomini, bensì di uomini specificamente diversi”. Ma questo per Aristotele non significa che ognuno debba preoccuparsi esclusivamente dei propri averi, perché equivarrebbe a condannare la città alla distruzione: chi amministra la città deve dimostrarsi non schiavo dei propri interessi familiari e patrimoniali. Quindi per Aristotele la città platonica non solo non è attuabile, ma nemmeno desiderabile. Perché le persone dimostrano nel quotidiano scarso interesse per tutto ciò che è di proprietà comune, e l’abolizione della famiglia avrebbe conseguenze negative sia sulla creazione della ricchezza che sul generare future classi dirigenti.

In pratica Aristotele ci ha spiegato i motivi del fallimento del centrodestra, dalla brama di onori alla vanità dei singoli, dal desiderio di potere al poco ascolto dei cittadini. L’eccesso personalistico custodisce già il futuro atto malvagio, poiché fonda l’agire politico sui desideri di pochi, evitando di scongiurare gli eccessi del potere. Quell’antica scuola di politica esaminava pregi e difetti delle costituzioni dell’epoca di Sparta, Creta e Cartagine. Soprattutto formava lo stile di vita, le regole, a cui si deve attenere il politico, anche e soprattutto nella comunicazione verbale. Aristotele è attuale, non era un moralista, separava il campo dell’etica da quello della politica: nell’amministrare la polis la virtù coincide con la costituzione, quindi si può essere buoni cittadini anche senza avere virtù e fama di uomini buoni. Peccato non si siano applicati, sarebbero stati promossi.

Aggiornato il 08 ottobre 2021 alle ore 11:46