La nuova destra: tra Trump e Zemmour

Chi sono il Diavolo e l’Acqua Santa della Nuova Destra? Donald Trump e Éric Zemmour, senza alcun dubbio. E Forza Nuova e affini, come si pongono tra i due? Politicamente, semplicemente non esistono, con buona pace degli ex Pci, poi margheritini incistati e inflazionati da un eccesso di Dc e di politically correct, che solfeggiano da tempo con la cancel culture. Demoni della modernità ipocrita, questi ultimi che, assieme ai seguaci di Greta Thunberg, fanno un sontuoso complesso di voci stonate che vorrebbero addomesticare il vento in tempesta con la forza della sola parola, manco fossero il nuovo Verbo! Giustamente, Zemmour odia gli odiatori di professione, destrorsi e sinistrorsi, mentre Trump odia visceralmente solo quelli della seconda specie (“rossa”). Le teste tatuate di croci runiche di casa nostra, invece, odiano tutti senza discriminare tra buoni e cattivi, tanto che, a pensare male, sembrano strumenti perfetti di delegittimazione per una destra moderata italiana, oggi pericolosamente vicina alla maggioranza relativa. I loro comportamenti da Black bloc sono oggettivamente funzionali ad allontanare dai prossimi ballottaggi molti elettori conservatori e moderati, poco o per nulla inclini a simpatizzare per una destra costituzionalista che evita di rischiare qualcosa (qualche centinaio di migliaia di voti nostalgici, senza alcuna esperienza dell’Oggetto-Ventennio per cui si prova nostalgia), mettendo finalmente fuorigioco le frange estremiste ed extraparlamentari fascistoidi con un discorso politico chiaro e duro.

Vogliamo anche dire che sul piano della prevenzione, sarebbe meglio copiare certi Paesi più democratici di noi che, quando i loro servizi di intelligence e di polizia fiutano un coagularsi della protesta violenta, sul tipo della rissa e dell’assalto alle sedi di un sindacato di sinistra, mettono preventivamente sottochiave (le motivazioni, volendo, si trovano sempre) le teste calde e i loro capetti violenti? Passiamo ora all’analisi dei veri leader internazionali della nuova destra. Di Trump conosciamo (quasi) tutto. Il suo America first è la cruda realtà, privata della foglia di fico, di America is back del neo presidente Joe Biden. Per dire: perfetta continuità in politica estera tra il vecchio e nuovo titolare della Casa Bianca, con la sostanziale differenza che ora Xi Jinping è costretto a preoccuparsi molto seriamente del coriaceo democratico Joe, al quale sarà molto più difficile far dirigere le provocazioni cinesi su Taiwan e le persecuzioni degli Uiguri. Per di più, Pechino deve fare gli scongiuri perché Washington non giochi la carta del salafismo sunnita di matrice afgana per destabilizzare lo Xijang, esattamente come fece qualche decennio fa Reagan armando i mujaheddin di Ahmad Massoud per sconfiggere l’occupante sovietico nel 1989. Se Trump è un americano puro, Zemmour lo è ancora di più dal punto di vista francese.

Ma, come osserva Le Figaro dell’8 ottobre, “Zemmour è un intellettuale che si è letto un’infinità di libri, mentre Trump ne ha letto uno solo: il suo!” scritto, tra parentesi, da qualcun altro. Trump è il grande immobiliarista che opera sul mercato newyorkese, e ha pratica dei cantieri edili dove “è entrato sistematicamente in contatto con gli operai che costruiscono grattacieli sempre più alti, praticando disinvoltamente gli accordi sottobanco con i politici locali che frequentano i corridoi sulfurei del comune di New York”. Questo esercizio del potere concreto, un misto di carisma e denaro, ha conferito a Trump una specialissima Art du deal, ovvero di abilità a trattare in un mondo fatto di azione, potenza e denaro a volontà. Doti c aspetti che, secondo Alexis de Tocqueville, sono alla base degli istinti basilari della società americana. Al contrario di Trump, l’uomo nuovo della grande destra conservatrice francese, probabile sfidante per l’Eliseo dell’uscente Emmanuel Macron, è un attento lettore e studioso della Storia francese, di cui conosce da intenditore le vite dei suoi grandi uomini, le battaglie, le cadute e le resurrezioni, cosa che ne legittima la sua severa diagnosi della crisi che attraversa la Francia, da alcuni decenni a questa parte. Tra l’altro, tanto per rafforzarne l’immagine sciovinista, Zemmour non ha mai nascosto la sua viscerale antipatia per il “modello” di Oltre Atlantico!

Tuttavia i due uomini, pur così diversi, si assomigliano sia nella progettualità politica, sia nella dinamica di rivolta contro lo statu quo. Tra i temi condivisi, in primissimo piano si colloca il nazionalismo e la priorità assoluta della difesa dei valori e dell’identità nazionali, cosa che implica il rifiuto di una prospettiva di omologazione e di diluizione della Nazione “al servizio di interessi più vasti”. Trump (Biden) aveva(ha) ragione da vendere a voler “rendere di nuovo grande l’America”, rinunciando per sempre alle guerre che non finiscono mai e ridefinendo una volta per tutte le regole del commercio mondiale, salvando così l’America (e, per parallelismo zemmouriano, la Francia) da un declino accelerato dalla globalizzazione sfrenata che predica e pratica l’abolizione delle frontiere. Su questo piano, osserva Le Figaro, Zemmour calca ancora di più la mano, “parlando di una Francia in pericolo di morte, anche se non è detta ancora l’ultima parola!”. Ed è proprio sui rischi di sostituzione etnico-religiosa, conseguenza diretta delle migrazioni di massa (soprattutto di immigrati di religione islamica), che coincidono le analisi politiche e i punti di vista di Zemmour e di Trump, nel senso che “l’Occidente cristiano va protetto come civilizzazione, dato che a Roma bisogna vivere da Romani!”.

Ma, al contrario di Trump, Zemmour affronta la questione della penetrazione islamica in Occidente su piani ben più sofisticati del Tycoon americano, distinguendo tra l’essere musulmani (del tutto legittimo e degno di massima tutela) e l’adozione dell’Islam come sistema politico-giuridico, riprendendo per l’occasione la formula di Clermont-Tonnerre sugli ebrei ai tempi della Rivoluzione: “Tutto spetta ai musulmani nella loro natura di individui, ma nulla va riconosciuto loro come popolo!”. Trump e Zemmour sono esattamente sulla stessa lunghezza d’onda quando parlano di combattere la rivoluzione sociale “woke” (che ricomprende la dittatura del politically correct e della cancel-culture), che intende demolire non soltanto la Nazione ma l’eredità culturale stessa dell’Occidente, annientando la famiglia tradizionale e con lei le differenze tra uomo e donna. I nostri leader conservatori di FdI e Lega, in particolare, farebbero bene a rileggersi i due testi principali di Zemmour, come Le Suicide français e Destin français. Ma sarà il caso di tornare presto sul fenomeno Zemmour, non appena dovesse emergere la sua candidatura ufficiale alle prossime presidenziali. Quindi: Madame Marine è avvisata e, per lei, arrivare al ballottaggio si potrebbe rivelare molto più problematico.

Aggiornato il 12 ottobre 2021 alle ore 11:44