Se il rapporto fra norme europee e Costituzioni nazionali non è solo un problema polacco

La questione del possibile contrasto delle decisioni degli organi della Unione europea, in particolare della Corte del Lussemburgo, con gli ordinamenti costituzionali dei singoli Stati membri, di cui alla sentenza del Tribunale costituzionale polacco del 7 ottobre scorso va ben oltre quella Polexit che gran parte dei commentatori continua ad agitare come pressoché inevitabile effetto della affermata superiorità della legge costituzionale nazionale.

A parte che il Governo polacco ha precisato che la Polonia non ha nessuna intenzione di uscire dall’Unione, e che non vi sono strumenti da parte della Commissione europea per mettere alla porta qualsivoglia Stato membro dall’Unione (salva la procedura di infrazione ex articolo 258 e 260 Tfue- Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che però può concludersi al massimo con una sanzione pecuniaria in danno del singolo Paese che non abbia dato esecuzione ad un provvedimento dell’Ue), l’aspetto politico e giuridico sotteso alla vicenda risiede nella disputa sulla sovranità.

Appare fuorviante, al riguardo, riferire la pronuncia della Corte Suprema polacca come eversiva in quanto denegante il primato del Diritto comunitario sull’ordinamento domestico: invero, il dichiarato contrasto dei Trattati con la legge costituzionale polacca è “nella misura in cui” (“insofar as”, nella traduzione inglese che è stata offerta della sentenza di Varsavia) le norme ex articoli 1, 2 e 19 Tue (Trattato sull’Unione europea) vengano interpretate nel senso di consentire il sindacato europeo, in termini di conformità o meno allo stato di diritto, sull’ordinamento giudiziario del Paese membro. Quindi, non v’è nessuna pretesa di sottrarsi alle decisioni Ue se non per l’ipotesi che queste esorbitino dalle materie attribuite in via esclusiva all’Unione e che tale invasione di campo confligga con le norme fondamentali della legge costituzionale domestica.

Come già segnalato su questo sito non è solo la presunta euroscettica Polonia a sostenere la tesi del rispetto della Costituzione nazionale, se si rammenta la recente giurisprudenza costituzionale tedesca in punto di controllo del rispetto dei princìpi di attribuzione e della lesione di fondamentali principi della Costituzione, e quanto asserito dalla Corte costituzionale italiana nel cosiddetto caso Taricco. Che la questione sia relativa alla sovranità giuridica viene clamorosamente confermato dal dibattito che in Francia è stato suscitato dai commenti alla sentenza di Varsavia, tra cui, senza richiamare le tesi di plauso pressoché scontate – perché proveniente dai “sovranisti” alla Marine Le Pen o all’Eric Zemmour – o la formale adesione del Primo ministro ungherese Viktor Orban, risaltano le dichiarazioni dell’ex Commissario europeo, negoziatore per conto della Ue sulla Brexit con i britannici, Michel Barnier. Egli afferma: “Noi non possiamo fare nulla senza aver ritrovato la nostra sovranità giuridica, che siano minacce in permanenza di un provvedimento o di una condanna della Corte di giustizia europea o della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, o di una interpretazione della nostra propria istituzione giudiziaria”.

Gli fa eco Arnaud Montebourg, possibile candidato alle prossime elezioni presidenziali francesi per il Partito Repubblicano, pure lui su posizioni europeiste. In una nota che ha diffuso si legge: “La Corte Costituzionale della Repubblica di Polonia ha appena stabilito che la Costituzione di questo Stato membro prevale su alcune leggi dell’Unione europea e il suo presidente ha denunciato “l’ingerenza della Corte di giustizia dell’UE nell’ordinamento giuridico polacco” (…). La decisione della Corte costituzionale di qualsiasi Stato membro è sovrana e nessuno può opporvisi, nemmeno la Commissione europea che non ha legittimità democratica. L’affermazione della Polonia della sua sovranità nazionale per legge è un evento importante. La Francia, che non condivide gli stessi orientamenti politici della Polonia, dovrà tuttavia fare la stessa affermazione della superiorità delle sue leggi sulle decisioni europee. Oggi il 60 per cento dei nostri standard sono di origine europea e le intrusioni permanenti della Commissione europea nelle nostre scelte sono diventate inaccettabili. La metodica distruzione da parte di Bruxelles dei nostri servizi pubblici nazionali, l’esplosione dei prezzi dell’energia, o l’inaccettabile organizzazione del dumping sociale in patria da parte della direttiva sui lavoratori distaccati, sono il risultato di questa perdita di sovranità che dovremo ripristinare, riaffermando la superiorità delle leggi francesi sulle decisioni europee. Ho proposto un referendum nell’estate del 2022 per organizzare questa nuova distribuzione delle autorità pubbliche. La Francia si unirà poi a Polonia e Germania, la cui corte costituzionale di Karlsruhe ha messo due volte in discussione la legalità delle decisioni europee. Questo ripristino delle sovranità nazionali contro l’integrazione giuridico-politica europea prepara una potente ristrutturazione politica dell’Unione europea in modo che si dedichi a compiti utili agli europei piuttosto che a moltiplicare le interferenze abusive nella vita interna delle nazioni europee. Questa è l’unica strada accettabile per la sopravvivenza di un’Unione di cui abbiamo bisogno per proteggere gli Stati europei dalle minacce dell’ascesa globale della guerra economica”.

Il concetto di sovranità – cosa ben diversa dal “sovranismo” – inteso come esercizio legittimo alle decisioni politiche, che riguardano cioè la polis, va serenamente recuperato nel dibattito pubblico sull’Europa, in particolare quanto alle modifiche e ai cambiamenti istituzionali che l’Ue richiede, senza cadere in censure preventive, ma per garantire una sempre maggiore rappresentatività popolare in capo ai decisori europei: senza pretendere di imporre letture interpretative dei Trattati e delle norme che li regolano tali da introdurre surrettiziamente poteri che gli Stati nazionali non abbiano deliberatamente – ancora – inteso trasferire agli organismi comunitari.

(*) Tratto dal Centro studi Rosario Livatino

Aggiornato il 14 ottobre 2021 alle ore 10:32