Ordine pubblico ecologico: realismo oltre gli slogan

Rifuggire la retorica semplicista di massa, in politica, significa guardare alla realtà con i dati alla mano, e non con i soli slogan. Se gli slogan sono efficaci in campagna elettorale, risultano poi inefficienti nelle realtà governative, ove non tradotti in pratiche di gestione dei problemi. I dati della realtà ci dimostrano quanta poca attenzione stiamo ponendo alla cura dell’ecosistema e all’ordine pubblico ecologico: si potrebbe coniare questa espressione, ordine pubblico ecologico. L’ecologia ai tempi delle responsabilità di governo non è mica questione da hippy new age. I problemi ci sono, ed è infatti tempo di non nasconderli sotto ai tappeti delle retoriche colorate di verde sbiadito. Colpisce il monito al governo, e non solo, che la senatrice Emma Bonino ha sollevato in un suo intervento in aula durante i lavori di discussione sulla legge europea. La storica radicale europeista ha infatti evidenziato come il più elevato numero di infrazioni a carico dell’Italia riguardi proprio materie di transizione energetica, ambientale ed ecologica: “Se il totale delle infrazioni è 82, quelle sulla transizione ecologica sono 24, e per le sei infrazioni già comminate abbiamo speso 759 milioni di euro che ha pagato l’erario dello Stato”.

È stato poi ricordato che molte di quelle infrazioni riguardano materie di competenza regionale, come per le sei infrazioni di cui sopra in campo ambientale. La senatrice si è riferita concretamente ai rifiuti in Campania, alle discariche abusive, al trattamento delle acque reflue urbane. Un monito specifico è stato lanciato anche ai colleghi parlamentari provenienti da alcune terre vittime di queste problematiche, così urgenti ed incisive. Contro ed oltre il vuoto risuonare degli inattivi slogan d’ufficio di quest’inizio d’anni Venti, nell’edificare una pratica e non solo un concetto di ordine pubblico ecologico, ricorderemo le seguenti parole della Bonino: “Parliamo sempre di transizione ecologica e di verde, ma un po’ di ordine a casa nostra sarebbe utile, perché questo non dipende da accordi internazionali”. Ciò dipende anche dallo stile, dalla cultura, dalla sensibilità nella politica. Cara Emma, sappiamo che ancora oggi sei più amata che ascoltata, ma il tempo e le future generazioni saranno galanti.

La pappa degli slogan tra i ragazzi finirà con l’età della professionalizzazione, e lascerà magari una sensibilità ecologica che nelle azioni politiche del futuro non potrà più essere tergiversata. Chi oggi da adulto incosciente e mercenario ha semplicemente utilizzato gli slogan del green sarà considerato vecchio, nella civiltà che ci aspetta. I decenni bui delle discariche senza criterio e degli sprechi di risorse come se non ci fosse un domani, potenzialmente, dovrebbero finire. Ma non possiamo mai abbassare la guardia, né aspettare in realtà il futuro. Il futuro dell’Europa-garante dell’ordine pubblico ecologico passa attraverso il presente dell’europeismo, e quindi attraverso la capacità (anche) italiana di spendere bene i fondi europei. Meno manomorte e meno sprechi pubblici dall’alto renderanno più incentivi alla società. Occorre che il governo Draghi, senza maggiori oneri per l’erario, si doti di una struttura autorevole di supervisori neutrali, pronti a correggere le mosse sbagliate negli investimenti di rinnovamento ecologico sui territori. E poi la storia farà il suo corso, ch’è il nostro corso.

Aggiornato il 08 novembre 2021 alle ore 10:27